La vita non è
qualcosa che si possa affrontare scherzando. Quella è commedia.
Materia che già abbonda, nel nostro paese.
Non la si può
prendere neanche troppo seriamente. L'ironia è una qualità
specificamente umana, e senza di essa saremmo destinati a cedere allo
sconforto, ad una tragedia senza fine.
Ho
rivisto The Truman Show,
il film di Peter Weir che, 20'anni fa, in tempi non sospetti,
smontava per intero il meccanismo del reality show,
format che avremmo poi visto letteralmente imperare, tanto da
portare alla nascita di canali tematici real. Rivisto con il senno di poi, ha suscitato in me una
tenerezza prossima alla malinconia: per il suo protagonista, la cui
esistenza è depredata nell'intimo; per noi tutti, incapaci troppo
spesso di impedire che i nostri sentimenti più puri vengano irretiti
subdolamente.
Per essere un
prodotto di notevolissimo spessore autorale e – sorprendentemente –
di grande successo commerciale, fu davvero poco premiato. Ma il
sistema, si sa, non tollera insubordinazioni.
The Truman Show
fu anche il film che mostrò il talento, fino ad allora inespresso sul
fronte 'impegnato', di Jim Carrey, la cui carriera risultava relegata
esclusivamente all'ambiente della comicità e della commedia
brillante o demenziale.
L'interpretazione
di Truman Burbank fu di un tale livello, così piena di vitalità e
di poesia, da spianargli la strada, l'anno successivo, per un'altra
grande pellicola, Man On The Moon,
di Milos Forman - a mio parere il film per il quale Carrey verrà
ricordato.
A
riprova di ciò, le due prove si tradussero in altrettanti Golden
Globes come miglior attore
protagonista. Il resto è storia.
Ma
ciò di cui voglio parlarvi, oggi, è come questo talento naturale e
smisurato – il Peter Sellers americano – diede prova di
ponderatissima consapevolezza del proprio ruolo in quel di Hollywood,
all'interno della 'macchina', in occasione del conferimento dell'MTV
Award per The Truman
Show. Di come un artista che
stava ricevendo il meritato riconoscimento per il proprio lavoro in
ambito 'serio', con un film che denunciava 'il sistema' come falso,
manipolatorio ed intrusivo, riuscì a risolverne la contraddizione.
Vi invito a
compiere uno sforzo di comprensione ed attenzione al filmato che
segue. Ne vale la pena. Darà senso a quanto si dirà più avanti.
Dichiarato
vincitore, Jim Carrey, solo ed irriconoscibile, lascia la poltrona con oppiacea lentezza (da non
perdere la faccia di Ben Stiller, che siede davanti a lui). Ha in
mano una sigaretta dal contenuto sospetto. Bacia la presentatrice
sulla bocca. Attacca il discorso cantando con vocalità alcolemica.
Scambia la cerimonia con la notte degli Oscar e prosegue con del puro
nonsense
spiritual-esoterico (“... dancing for the man just ain't
where it's at.”). Dedica il
riconoscimento ai suoi 'nuovi amici bikers'.
Prosegue a fumare noncurante del contesto. A tratti si mostra
assente. Accarezza i capelli lunghi rimanendovi impigliato. Ringrazia
MTV per aver dato tutti loro la scusa per l'ennesimo party,
e se la prende con la direzione artistica dicendo di non sopportare
il rap e di volere più
rock. Vira verso un
atteggiamento spudoratamente macho
ringraziando tutte le signore presenti, per poi dichiarare: “Ci
sono un po' di belle fighe in questa stanza, stasera.”. (L'audio è
censurato, ma se si osserva la reazione stupito-esilarata delle donne
presenti, si può essere certi che abbia detto proprio così: “There
are some fine-looking PUSSY in this room tonight.”.
Prestate attenzione. è l'unico momento nel quale Carrey, anch'egli
divertito, sembra perdere il controllo sul personaggio). Lo schema è
saltato. Taglia il fiato a tutti i presenti rincarando subito la dose
con una nota da erotomane: “Finirete tutte nelle mie fantasie, ve
lo dico.”. “Non mi importa chi siano i vostri papà.”. Il treno
è ormai lanciato e nessuno più può fermarlo: “Ehi, viene al
party, la pollastra
del video di Ricky
Martin? Non ho idea di chi sia, ma ho proprio l'intenzione di
scoprirlo.”. Sorride. Mostra un incisivo mancante. Nessuno più è
in grado di trattenere le risate.
Cioè,
MTV era allora l'emittente con la maggiore influenza commerciale a
livello planetario. Influenza che avrebbe impiegato, negli anni
successivi, proprio per produrre e diffondere format
reality come Jersey
Shore, Teen
Mom, My
Super Sweet
16, Ex
On The
Beach e The
Osbournes e via
dicendo. Carrey si trovava quindi nella tana del lupo, premiato per
un film che dipingeva quella stessa tana come una spelonca di falsari
e di ipocriti. Presentarsi in quelle vesti fu un colpo di genio:
combattè il falso con il falso, e ne uscì vincitore.
La
grandezza di Jim Carrey sta nell'avere così preservato integra
l'universalità della sequenza finale di The Truman Show,
quella dove Truman decide di oltrepassare la soglia dello studio
televisivo, addentrandosi nel buio.
Non siamo forse,
noi tutti, tanti piccoli Truman Burbank, impegnati a riappropriarci della nostre rispettive esistenze?
Uno
smoking, del cerone ed
uno stucchevole discorso scritto avrebbero certamente compromesso
tutto.
Avete compreso,
ora, la differenza tra un artista e un buffone?