mercoledì 17 gennaio 2018

NINE INCH NAILS. Chiodi da nove pollici per la bara del rock.

Ci hanno provato in molti, a spiegare cos'è il rock.
Il più recente tentativo è da attribuirsi ad Adriano Celentano. Non esattamente colui che definiremmo un pensatore - sebbene a suo modo egli si consideri e proponga come tale. Ricordate il monologo, azzeccatissimo, recitato a Rockpolitik più di dieci anni fa, “la televisione è lenta / i Simpson sono rock” e via dicendo? L'esposizione meno accademica cui si sia mai assistito, ugualmente in grado di spiegare il rock per mezzo della tecnica della “reiterazione del messaggio” (D. Luttazzi, 2007).
Altro illustre tentativo è quello del fu Roberto 'Freak' Antoni, nel suo sottovalutato, antologico, Non C'é Gusto In Italia Ad Essere Freak (Feltrinelli, 2015), dove il rock è analizzato da un punto di vista fenomenologico (non dimentichiamo che 'Freak' conseguì la laurea in Lettere e Filosofia con Gianni Celati, discutendo, nel rovente '78, una tesi sui Beatles – mi spiego?).
E poi, modestamente, vi è il mio. Perché dopo quasi 40'anni di altalenante fruizione del genere penso di essermene fatta un'idea quanto meno coerente con il mio modo di vedere le cose.
Il rock, ad oggi, non identifica tanto un genere quanto un atteggiamento. In alcuni emblematici casi risulta unito ad un pensiero basicamente elaborato, cosa che rende il tutto più simile ad una filosofia spiccia, caratterizzata da forti tratti di egocentrismo e pragmatismo.
Detto ciò, e concesso che una simile definizione possa facilmente risultare come poco lusinghiera, voglio spendere qualche parola per un gruppo che ritengo essere l'ultimo baluardo del rock, oltreché l'unico ad incarnare con fierezza il tipo di attitude sopra descritta: Nine Inch Nails.
(Rassicuro i lettori che quanto segue non sarà l'ennesima beatificazione di un gruppo cui si è tributata la propria ammirazione. Questo è, e rimane, un blog, ed ogni 'marchetta' è bandita di default.)
Ad indurmi a scrivere questo post è stata la ripresa video, mozzafiato, di un loro recente concerto, in quel di Bakersfield CA, evento tenutosi all'inizio della scorsa estate.
Diretto da Brook Linder, ennesimo regista di nicchia con controcoglioni, e fotografato da Ben Chappell, il filmato ritrae la band losangelina nell'esecuzione dei due brani che aprono l'esibizione, Bones/Branches e Copy Of A.
Detto così, nulla che noi non si sia già visto.
Il fatto è che il tutto, qui, è intenzionalmente ripreso onstage. Nel senso: non dal palco, bensì sul palco. Nessuna concessione ai rituali isterismi da platea. Nessuna piaggeria rivolta al pubblico. Nessuna panoramica sulla folla dell'immancabile tutto-esaurito (oggi persino Jovanotti riempie gli stadi, quindi...): per quanto ci è dato di vedere, il concerto potrebbe essersi svolto a porte chiuse. Immaginate un video che vi mostri non i musicisti sul palco, ma che porti direttamente voi sul palco con loro – che quindi vedrete ciò che loro vedono, ma, soprattutto, sentirete ciò che loro sentono. Sette minuti abbondanti di catartica immersione nella band, come uno di loro, come un quinto Beatle. Sette minuti tiratissimi nei quali i nostri, immersi in una luce laterale da fusione atomica, si producono in una performance oscura, fatta di penombre ed improvvisi bagliori in sincrono con la musica, dove la manipolazione del suono è pressoché totale, al punto da confondere l'artificiale con l'autentico, voce compresa.
Dotatevi di un buon paio di cuffie e giudicate voi stessi.
Non credo esista, ad oggi, una compagine rock paragonabile a questo quintetto. Inoltre la consacrazione metafisica ricevuta con 'l'invito a comparire' nel remake di Twin Peaks (episodio n°6), rivolto loro da David Lynch in persona, ne ha fatto una vera e propria leggenda vivente.
Se il rock, con le dovute forzature, può essere concepito come messa in scena (art rock) della nostra parte pulsionale, come sua liberazione, difficilmente vi imbatterete in un allestimento che possa dirsi migliore di I Can't Seem To Wake Up.
O, per esclusione, se quanto andrete a vedere allestito all'interno di stadi di calcio, ma al prezzo della prima fila della Scala, si discosta fortemente da ciò che è mostrato nella ripresa in questione, state certi di non essere di fronte ad uno spettacolo rock, checché ve ne dicano artisti ed organizzatori.
È solo giovanilismo a 300 kilowatt. E voi le vittime di un raggiro.
Guardare per credere.

Nessun commento:

Posta un commento