venerdì 3 febbraio 2023

POMPINI TATTICI NUCLEARI. I 'media' italiani e il fenomeno dei 'nepo boys'.

La prova provata del fatto che il panorama dei media, nel paese, al di là della puntuale indulgenza degli slogan di testate ed emittenti, abbia quale tratto distintivo un'innata propensione alla fellatio, al deep throat in tutte le sue innumerevoli sfumature, è data dal recente caso dell'intervista agli Inhaler, pop band irlandese passata il 23, 24 e 25 gennaio scorsi in Italia con finalità ordinariamente promozionali e capitanata dal giovane ed alquanto piacente Elijha Hewson.
- E chi è Elijah Hewson? - si chiederanno in molti.
Semplice: è il figlio di Paul Hewson.
- E CHI CAZZO È, Paul Hewson?
Nientemeno che Bono, leader e voce degli U2. (Tempo fa, un collega, coetaneo, di fronte a questo trito e ritrito giochetto retorico riuscì nell'impresa del tutto preterintenzionale di sgonfiare gli pneumatici del mio ego chiedendo, serio come la morte: - E chi sono, gli U2? -. Riposa in pace, amico mio. La terra ti sia lieve.).
Con questa memorabile performance, infatti, le maestranze della critica musicale e di costume presenti sul territorio nazionale attestano ufficialmente il comparto su quella che, a ragion veduta, può essere considerata la nuova frontiera del leccaculismo professionale: lo sbocchinamento con ingoio dei figli dei ricchi-e-famosi, meglio conosciuti come nepo boys.

(BLOW) JOB INTERVIEW.

Le interviste a quelle che un tempo venivano indistintamente definite rockstar e che oggi, quantomeno, grazie all'azione beneficamente erosiva operata dal tempo, si comincia invece a vedere sotto nuova luce (“una manica di stronzi”, direbbe il Drugo Lebowski), sono sempre state affrontate dai conduttori di turno dei network italiani piccoli e grandi in un inalterabile miscuglio di prostrazione ed eccitazione. Quasi con l'intenzione a farne un marchio di qualità, il rapporto non è mai stato del tipo artista-critico, tra musicista, cioè, come portatore di una visione e conduttore quale persona di lodevole cultura musicale e pertanto legittimamente deputata a sondare personalità e produzione dell'ospite. In anticipo di decenni su quelle che poi sarebbero divenute le deviazioni d'ordinanza, è sempre stato solo del tipo mistress-slave, con il primo avente, d'ufficio, carta bianca quanto a comportamenti e contenuti, ed il secondo ben felice di subirne ogni conseguenza. Qualche esempio? (cito a memoria): i Depeche Mode con Mike Bongiorno, Damon Albarn a Radio Deejay, Bono e The Edge a Che Tempo che fa, i Placebo a Quelli che il Calcio, Quentin Tarantino dal solito Fazio (da noi o ti intervista Fazio o vai a notte fonda da Vespa, nessuna via d'uscita) ed infine, ultimo ma non ultimo, David Bowie intervistato da Adriano Celentano - momento considerato dai più come il più cringe di tutti i tempi.
Il linea con questa tradizione, quindi, Vanity Fair, Rolling Stone Italia, Virgin Radio, Radio Freccia ed RTL 102.5, alcune, cioè, tra le realtà maggiormente trainanti nei rispettivi settori, sono riuscite - oggi, anno 2023 - nell'impresa, non di poco conto quanto a conformismo, di dare vita a qualcosa come cinque interviste-fotocopia nelle quali non una singola nota, parola o gesto dei loro giovani ospiti è stato minimamente messo in discussione.
“Cosa pensa, tua madre, di questa cosa?”
“Aprireste mai un concerto degli U2?”
“Com'è, vivere a Dublino? È cara?”
“Vi fa piacere, sapere di avere, in Italia, una fanbase così entusiasta?”
“Sono uscita dal bagno, e chi c'era fuori? Gli Inhaler.”
Non hanno neanche lontanamente accennato al fatto, risaputo almeno delle menti meglio arredate, che quattro studenti freschi di maturità non si vedrebbero contesi dai media di mezza Europa ed ingaggiati per le tournée ed i festival più importanti, come sta accadendo loro, senza un papà come Bono alle spalle. Anzi.
L'atteggiamento, ad esempio, della conduttrice di Radio Freccia, Cecilie B, testimone dell'apparizione stile-Medjugorje degli Inhaler all'esterno della toilette, lungi dell'essere quello che ci aspetterebbe per un intervista di piccolo cabotaggio, è sembrato così sopra le righe da risultare imbarazzante al limite del cringe. Più che una professionista prossima ad un'intervista d'ordinanza, è sembrata una ragazzina in preda ad eccitazione, una che, al risveglio, si è trovata in camera – che so? - Brad Pitt intento a spogliarsi. (Qualcuno ricorda Robert Smith alla premiazione della rock 'n Roll hall of Fame di qualche anno fa? “ROBERT SMITH FROM THE CURE! Are you excited as I am?” Risposta: “By the sound of it, no.”). È il tipo di eccitazione che presumibilmente prendeva coloro che, negli anni 60', si trovavano ad intervistare i Beatles o Miles Davis, per intenderci, personalità che, nel bene e nel male, incutevano soggezione. E l'incutevano, essenzialmente, per l'altissima caratura artistica che li distingueva.
Ciò che dell'accaduto maggiormente rattrista, però, è la palese – e, direi, invidiabile, - condiscendenza, non colta da nessuno degli intervistatori, con la quale i membri degli Inhaler, scafatissimi e già assai navigati, hanno reagito agli orgasmi multipli di professionisti che per tre giorni hanno premuto insistentemente, tutti, sulle loro parti intime. Freddezza e distacco della migliore tradizione anglosassone.
Perché, allora - quesito che aleggia ormai pesantemente su questo scritto -, una band di tardo-adolescenti si ritrova con gli addetti-stampa di mezzo mondo occidentale in coda fuori dalla propria stanza d'albergo?
Non certo per l'allure, il talento o l'originalità della loro compagine.
Ascoltate un brano qualsiasi degli Inhaler.
Suonano tutti benissimo, tutto è al posto giusto. C'è una cura del dettaglio, una pulizia dei suoni come dei testi, una trasparenza nel loro missaggio, che fa pensare confezione di un Mac quando viene spedito a casa. Essenziale, squadrata, simmetrica.
Ma la sostanza, le sequenze di accordi, gli arrangiamenti, le tematiche dei testi e, suo malgrado, il timbro di voce stesso di Elijah, sono quelli degli U2. Gli U2 se avessero 20'anni oggi. Persino i videoclip che accompagnano molte loro canzoni, realizzati con professionalità indiscutibile, risultano, alla fine, cinepanettoni del 'cliché' più puro, del visto-e-rivisto.
Perché?

NEPO BOYS.

Il fenomeno dei nepo boys origina, con buona probabilità, da quel momento epocale per la storia moderna del costume costituito dall'omicidio, nell'ormai lontano agosto del 1980, di John Lennon, quando il delirio fuori controllo del folle Marc Chapman fece del giovane Julian, suo malgrado, l'unico e riconosciuto Lennon vivente (il fratello Sean, era infatti, al tempo, piccolo di soli cinque anni).
Da allora è stato tutto un lento susseguirsi di figli di celebrità assurti di volta in volta, per censo e per motivi quasi sempre extracurriculari, all'assai opinabile rango di V.i.P.
Oggi, in una estremizzazione dei comportamenti che interessa ormai ogni ambito del vivere, il fenomeno dilaga. Non solo i genitori, siano essi attori, musicisti, top model, star del porno, puttane d'alto borgo, personaggi senza arte né parte o fancazzisti conclamati, fanno del loro meglio per far sì che la propria sfera di influenza includa e promuova ogni attività vera o presunta la prole si appresti a compiere.
Sono i pargoli stessi ad incentivare tacitamente, furbescamente, questo tipo di atteggiamento, opponendovi, in sostanza, zero-resistenza.
Molti anni fa, quando, evidentemente, l'acume non aveva ancora ceduto il passo all'incedere bellicoso del peggiore opportunismo, ricordo che Bono, nel corso di un'intervista, si disse colpito dal fatto che le nuove generazioni, a suo modo di vedere, sembravano ribellarsi ai genitori, ma con i dischi di papà. (Il riferimento, esplicitato, era a Never Mind the Bollocks dei Sex Pistols, 1977, e colpisce, di questa dichiarazione che, per uno che oggi predica l'amore universale ad ogni piè sospinto e poi va ospite dell'Economic Forum di Davos, ha il rilievo di un ritrovamento archeologico, la cattiveria e l'ironia tutt'altro che gratuite, tratti che il nostro, a seguito di irreversibile mutazione antropologica non ha più presentato in nessuna delle innumerevoli apparizioni radiotelevisive che lo hanno di fatto reso famoso “più di Gesù Cristo”. E poi commuove il candore, anch'esso sparito in sede di mutazione, con il quale ritiene impossibile che la copia del disco dei Pistols possa appartenere a mamma. Di questi tempi le valchirie del movimento Me Too o le femministe sotto copertura di riviste come Vulture, od entrambe, provvederebbero alla sua immediata crocifissione mediatica.).
I tempi, quindi, cambiano. Per tutti. Incluso Bono.
Noi italiani, per decenni, siamo stati bastonati, anche giustamente, in ragione di un nepotismo troppo spesso ramificato in ogni ambito del vivere civile (politica, istruzione, ricerca, sanità, spettacolo), un gioco sporco che, al di là delle innumerevoli dichiarazioni di intenti, ancora soffoca chiunque vi si trovi escluso per censo.
Ora, però, che il nepotismo è sistematicamente praticato dalla casta dei ricchi-e-famosi, e l'occasione per la tanto attesa vendetta, per porre finalmente domande scomode e del tutto legittime, è a portata di mano, sembra che nessuno dei tanti critici del 'bel paese' voglia assumersi la responsabilità di rompere l'armonia di famiglie plurimilionarie, titolari di posizioni consolidate ed apparentemente in ansia per il futuro prossimo e remoto dei rispettivi pargoli.
Bono si ritrova un casa un figlio che con 'i dischi di papà' ha probabilmente già conquistato una posizione di rendita, e i nostri che fanno? Srotolano il tappeto rosso delle grandi occasioni - cui subito seguito quello di saliva appartenente alla grande tradizione italica della leccata di culo.

Ecco spiegato perché, da secoli, noi italiani siamo universalmente riconosciuti come i migliori camerieri, i migliori ristoratori, mozzi, cambusieri, segretari, assistenti e portaborse.
Siamo abituati a servire, non a mettere in discussione.
Ad essere asserviti e non affrancati.
A leccare il culo al potente di turno, sia esso un politico, un oscuro faccendiere, un'assessore arrogante od il capoufficio fresco di nomina.
Lecchiamo il culo, sostanzialmente, perché più degli altri sappiamo come gira il mondo.
Siamo giullari, interessati solo ed esclusivamente al divertimento di Sua Maestà.