domenica 29 aprile 2018

LA BAMBINA CHE DIVENNE TARTARUGA. Una storia semplice.


Ho regalato a mia figlia una tartarughina lavorata all'uncinetto, cucita secondo i dettami di una recente tradizione pop giapponese, conosciuta con il nome di Amigurumi. L'ho comprata ieri sera, con offerta libera, al termine di un incontro voluto dall'associazione Spazio Iris, ente di formazione milanese, con il patrocinio dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia, che ha ospitato l'evento nella propria sede di Piazza Castello. Titolo della serata: “Madri che uccidono: quale prevenzione?”. Ospite d'onore: Susan Hatters Friedman, docente di origine statunitense oggi di stanza in Nuova Zelanda, figura di riferimento internazionale nel campo del figlicidio e della salute mentale. Vi ho accompagnato mia moglie, che è del settore e ha fatto sì che persino un paria come me potesse sedere in prima fila in una platea di specialisti.
Mi è riuscito di mantenere alta la soglia di attenzione per circa un'ora, dopodiché i casi in esame, i dettagli, le statistiche, le considerazioni personali, il materiale fotografico e l'indicizzazione delle sottocategorie, esposti tutti in maniera pacata, sicura e lucidissima dalla professoressa Friedman, hanno cominciato ad avere la meglio su di me, dando vita a riflessioni, fantasie, immagini horror, considerazioni personali ed un mix di pietà ed angoscia.
L'approccio alla materia della professoressa Friedman – è sembrato di capire – si caratterizza per la sua particolare attenzione agli aspetti preventivi del problema, del tutto, o quasi, tralasciando quelli criminologici e punitivi. In soldoni: preservata la facoltà di ognuno a giudicare coloro che si rendono protagonisti di gesti tanto sconvolgenti, nel farlo siamo tutti invitati a prendere in considerazione le gravissime patologie, spesso sottovalutate o ignorate, in grado di determinare, nelle donne, la messa in atto di progetti criminosi altrimenti inconcepibili.
Premesso tutto ciò, e così tornando alla nostra tartarughina, messa in vendita con finalità benefica come parte di un piccolo lotto di identico artigianato, non dovrebbe sorprendere scoprire che la sua creazione è proprio frutto del lavoro minuzioso di una madre passata per l'esperienza del figlicidio (una bambina, è stato specificato), ed oggi in cura presso una delle professioniste presenti all'incontro.
Stamane, al risveglio, recatomi in cucina per la colazione, mi sono trovato faccia a faccia con tartarughina, depositata sul tavolo al rientro a tarda notte.
L'ho messa sul palmo della mano, similmente a come si farebbe con un vero cucciolo della specie, avendo in comune con questo le esatte dimensioni.
Osservandola per qualche secondo, ho avuto un'illuminazione. Sono ritornato con la mente al tavolo dove stava in vendita. Ho ricordato le fogge e, appunto, le dimensioni dei pezzi. Oltre ad altre tartarughine, vi stavano conchiglie minuscole, stelle marine delicatissime, piccoli pulcini e piccoli Calimero. Tutti colorati in maniera composita e tutti resi originali dalla diversa scelta dei colori.
La bambina doveva essere molto piccola.
Tartarughina è un piccolo capolavoro. Ogni punto di uncinetto risulta del tutto identico agli altri. La simmetria delle proporzioni, dei colori, dei disegni sul guscio e sul ventre, realizzati tirando singoli fili sopra il corpo ad uncinetto tradiscono una precisione e una cura estreme.
Una tale cura denota non solo lucidità e grande attenzione al dettaglio, ma un amore immenso per il 'vero' destinatario di questa realizzazione.
Ci siamo guardati per un po', con tartarughina. Mi sono ritrovato con gli occhi lucidi. E ho la presunzione per dire che anche tartarughina debba avere versato qualche minuscola, invisibile lacrima. Forse una delle tante che, nel cucire queste meraviglie per la propria bambina, questa madre avrà certamente versato su ogni singolo pezzo, così rendendolo unico e dolorosamente rappresentativo. Lacrime per la piccola, che questi doni non potrà ricevere; per tartarughina, come la sua fantasmatica destinataria destinata a restare piccola per sempre; per questa madre sommersa dal dolore; per noi e questa vita bellissima, in realtà ingiusta e difficile.
Le mani che con tanta cura e precisione hanno realizzato quella che può considerarsi agli effetti una piccola bambola, sono le stesse che hanno compiuto il più inaccettabile dei crimini. Eppure...
Sono certo che questa madre, non fosse stata obnubilata dalla malattia, non fosse divenuta 'altra da sé', si sarebbe presa cura della sua bambina con la stessa attenzione devoluta, oggi, nella realizzazioni degli amigurumi. Così come non ho dubbio che questi lavori siano, in realtà, tutti per lei, per la sua bambina, intravista, oggi, in tutti i bambini del mondo.
La grande lezione della psicologia perinatale, purché si sia disposti ad apprenderla, è questa: vi sono fragilità cui tutti siamo soggetti, e la loro accettazione dovrebbe renderci persone culturalmente più evolute, ma soprattutto meno giudicanti nei confronti di queste madri - queste donne - apparentemente impazzite.
È bello pensare che, al mondo, esiste  una categoria di persone, di professionisti, la cui missione è prendersi carico di tutto ciò.
Da oggi tartarughina ha un nome.
Si chiama Luz.

martedì 10 aprile 2018

RAI: NESSUNO ESCLUSO. A Nemo chiunque può essere ospite.


Mi sia concesso, in questo tempo di quaresimale attesa per il nuovo film di Paolo Sorrentino, commentare alcuni degli orrori visti ieri l'altro nella puntata settimanale di Nemo-Nessuno Escluso (Rai2).
Un programma che già nel titolo sembra contenere la propria maledizione e la propria cifra autorale.
Perché davvero nessuno, in Nemo, sembra escluso dal vedersi tributato il proprio personalissimo momento di celebrità warholiana, considerato che, a chiosare servizi che spaziano dall'economia all'ambiente, dal crimine allo spettacolo, dal costume alla politica internazionale, ieri l'altro sono stati fatti accomodare, insieme, sul divano della trasmissione, tre ospiti improbabili e difficilmente amalgamabili quali Rossella Brescia, Enrico Bertolino ed Alberto Matano.
Una soubrette, un comico, un conduttore di telegiornale.
Da quando il curriculum di soubrette Mediaset, qual è a tutti gli effetti quello di Rossella Brescia, costituisce titolo idoneo per essere proposti come opinionisti di riferimento su qualsivoglia tematica - in particolar modo in seno alla televisione pubblica (risposta: da quando il protagonista di Loro è sceso in politica ed ha dettato le regole, e tutti, con poche eccezioni, vi si sono adeguati all'istante)? Quale il fine del suo contributo?
Di Enrico Bertolino penso si possa dire tutto tranne che è divertente e fa ridere. Il suo è un umorismo da manager. Non è coltivato e si abbatte, inoffensivo, sulle sue intolleranze personali e materiali. Ha costruito una carriera di successo scherzando su tutto e non infastidendo nessuno. A quale titolo parla noi, quindi? Dall'alto di quale cattedra?
Alberto Matano, scopro nel corso della puntata, è l'uomo di punta del TG1, e quindi presente in trasmissione a fornire l'obbligatorio punto di vista giornalistico. Ora, non so quanti di voi seguano il TG1. Ma, se solo lo si è fatto una volta con attenzione, ci si rende subito conto, da una parte, dell'inadeguatezza del servizio erogato, dall'altra, della sostituibilità costante dei suoi conduttori, il cui apporto redazionale è sicuramente pari a zero. Quale eroico esempio di giornalismo dovrebbe perciò suggerire la sua presenza in studio?
Le risposte dei tre, come volevasi dimostrare, sono state opportunamente all'insegna del generico, del vacuo e del non-detto. Nessun apporto specifico. Vieto buon senso di un livello riscontrabile in ogni bar del paese aperto dalle 6:00 fino a sera. Mi sono sentito offeso come spettatore e defraudato come abbonato.
Il colpo di grazia, però, e stato inflitto dal rapper Rocco Hunt e dalla conduttrice Valentina Petrini.
Il primo, anch'egli chiamato come ennesimo ospite a commentare in forma di rap (!) l'ennesimo servizio sull'immancabile sacca di disagio dell'hinterland campano, ha messo in campo tutto il suo coraggio civile quando, interrogato dalla conduttrice, si è rifiutato di dichiarare per chi avesse votato il 4 marzo scorso. “Per non influenzare il voto”, ha spiegato. Stato confusionale. Pezze al culo. Altro apporto mancato. Peccato: l'avesse fatto, magari oggi avevamo una maggioranza. E un governo. Straight Outta Posillipo, Rocco.
La seconda ha invece tradito il proprio asservimento all'ideologia subdola e strisciante che sembra permeare l'intera quota dei suoi interventi. Il programma è trasmesso in diretta, ed in tale modalità è stata data dalla nostra la notizia della morte, nell'area del milanese, di un vigile del fuoco intervenuto in un'emergenza. Petrini chiede al pubblico, rimasto sorprendentemente composto, “un bell'applauso”, che naturalmente ottiene per inerzia. Santo subito, a cadavere ancora caldo. Siamo ai professionisti del sociale profetizzati da Giorgio Gaber, o, per dirla alla Sorrentino, a “quelli tutti dediti alla lotta, alla rivendicazione, al comizio facile e al sudore diffuso sotto l'ascella...”.

Cosa non si fa, in certi ambienti, per un cadavere da strumentalizzare.
Non paga di ciò – evidentemente le sono state impartite precise istruzioni da rispettare -, in chiusura di trasmissione, nel bel mezzo di saluti sbraccianti, musica, applausi finali e luci stroboscopiche, Petrini ha voluto gridare un grande abbraccio alla famiglia del deceduto.
Famiglia che, in conseguenza di ciò, ipotizziamo, ora si sentirà sicuramente più sollevata. E che certo avrà atteso la restituzione della salma tra le mura domestiche, seduta davanti la televisione, a guardare Nemo insieme a parenti, amici, conoscenti, vicini di casa e semplici passanti.
Nessuno escluso.