lunedì 12 febbraio 2018

TOP TEN ITALIA. Ovvero: Resistere Al Festival Di Sanremo.


Dopo gli orrori di Sanremo, era giusto e doveroso redigere una lista di canzoni italiane in grado di restituire dignità al genere e ai suoi fruitori.
Ecco, allora, quasi un antidoto, la...
TOP TEN DELLA CANZONE ITALIANA
10. Zen Circus – Andate Tutti Affanculo
Potrebbe essere la versione anni-2000 di Sui Giovani D'Oggi Ci Scatarro Su degli Afterhours. Il trio di Andrea Appino elenca, in questo brano dall'andatura soporifero-psichedelica, le categorie a suo parere meritevoli del trattamento in 'oggetto'. E, a ben guardare sia alla composizione della lista sia al nostro più recondito sentire, risulta difficile non dirsi concordi. Notevole realizzare vi possa essere poesia anche in un gesto così categorico ed esclusivo. Da sentire.
9. La Mia Generazione Ha Perso – Giorgio Gaber
La canzone politica – specie in un paese dove la politica non gode esattamente di ottima reputazione – ha sempre avuto vita dura, si sa. Ancor più è raro che i suoi interpreti siano capaci di riconoscerne gli abbagli e i fallimenti ideologici. Ecco perché questa canzone, eseguita strumentalmente in maniera eccelsa, spicca per rilevanza e scorrettezza politica. Sta tutto nel titolo. E nella rabbia incalzante del Signor G. Imperdibile.
8. Fist – Linea77
Tredici anni fa i torinesi Linea 77 si unirono ai cervelli italiani in fuga, e registrarono a Los Angeles un disco (Available For Propaganda) dall'impatto sonoro sconosciuto alle produzioni nostrane. Questo è il brano che apre il disco nel mentre sfonda le casse del vostro impianto. La rabbia italica montante, raffigurata nel testo da immagini di deragliamento sociale, aveva bisogno di un suono nuovo in grado di ben rappresentarla, e lo trovò in questo brano. No TAV.

7. Sosta – Punkreas
È divertente pensare ad una canzone il cui contenuto sia, al tempo stesso, un'apologia di reato ed una deliberata manifestazione di autoironia – nonché di sbruffonaggine. Il tutto condito con un onesto suono
punk. In un paese di persone serie e perbene, di santi, navigatori ed eroi come il nostro, ben ci stava una prova di derisione di una parte, per quanto piccola, del suo sistema. I Soliti Ignoti versione punk.


6. Money For Dope – Daniele Luttazzi
C'è un motivo ben preciso, oltre ad una indubbia, sana esterofilia, per la scelta di scrivere e cantare in Inglese questa canzone: liberarsi, almeno linguisticamente, dalla stretta di un paese ingrato, prepotente e persecutorio. Questo brano, eseguito con sensibilità a fior di pelle da un gruppo di musicisti tutto italiano, fece infatti da malinconica sigla di chiusura a Decameron. Ascoltandolo incantato, Enrico Rava pensò che questo brano, scritto e musicato da Luttazzi, fosse in realtà un rifacimento, e ne chiese lumi all'autore. Di nicchia.
A volte ci vuole più coraggio a restare che ad andar via. E per chi resta l'unico modo per preservare intatta la propria umanità è la ricerca dell'Altro da sé, sia esso un amico, un fratello, un sodale, compagno d'avventura o perfetto sconosciuto. Cercare l'Altro nella fiduciosa, salvifica speranza di potervi riconoscere sé stesso. Questo il succo della canzone della formazione veneta che più di ogni altra ha saputo ridare lustro sonoro e lirico alla canzone politica italiana. Il verso su “Roma capitale” da solo vale l'acquisto dell'intero disco.
4. Tre Allegri Ragazzi Morti – Occhi Bassi
In pochi hanno cantato l'adolescenza senza risultare stucchevoli, impresa difatto riuscita al trio del disegnatore Davide Toffolo. Occhi Bassi mise a fuoco una solitudine adolescenziale e femminile in tempi non sospetti (l'
album Mostri & Normali è del 1999, precedente alla 'moda' del dibattito sul femminicidio), e lo fece con un tono scanzonato, ma non privo di rispetto. A dimostrazione che una sensibilità veramente artistica possiede antenne in grado di captare i tempi presenti e futuri.
3. Questo Paese – Daniele Silvestri

Bastano pochi versi, una voce sincera e qualche accordo – sebbene, in questo caso, affidati al pianoforte meraviglioso di Stefano Bollani – per dare vita ad una grande canzone. Quella di Silvestri concentra in due strofe tutto il disincanto per un paese le cui bellezze e cui talenti troppo spesso passano inosservati proprio a coloro che 'questo paese' lo abitano. Dolcissima.


2. Lei Colorerà – Musica Nuda
Un duo tanto straordinario può davvero permettersi di tutto. Quando poi fa sfoggio di umiltà affidandosi a chi le canzoni le sa scrivere, il risultato è questa perla di rara bellezza. Scritta da Alessio Bonomo per il loro album del 2011, Lei Colorerà è poesia in musica al minimo comune denominatore. E la voce di Petra Magoni lascia incantati.

And the winner is...


1.
ANIME SALVE – FABRIZIO DE ANDRÉ.
Poesia, bellezza, soavità, ambiente sonoro perfettamente attagliato alla voce del suo interprete. E quando, come dal nulla, la voce di Ivano Fossati si inserisce in controcanto, questa canzone stupenda si trasforma in un inno di pace, di serenità fraterna, di calore umano, di terrestre empatia. Raramente, la canzone italiana, ha brillato di un simile, abbacinante splendore.

lunedì 5 febbraio 2018

L'UOMO VERO. 20'anni fa l'universale interpretazione di Jim Carrey in The Truman Show.


La vita non è qualcosa che si possa affrontare scherzando. Quella è commedia. Materia che già abbonda, nel nostro paese.
Non la si può prendere neanche troppo seriamente. L'ironia è una qualità specificamente umana, e senza di essa saremmo destinati a cedere allo sconforto, ad una tragedia senza fine.
Ho rivisto The Truman Show, il film di Peter Weir che, 20'anni fa, in tempi non sospetti, smontava per intero il meccanismo del reality show, format che avremmo poi visto letteralmente imperare, tanto da portare alla nascita di canali tematici real. Rivisto con il senno di poi, ha suscitato in me una tenerezza prossima alla malinconia: per il suo protagonista, la cui esistenza è depredata nell'intimo; per noi tutti, incapaci troppo spesso di impedire che i nostri sentimenti più puri vengano irretiti subdolamente.
Per essere un prodotto di notevolissimo spessore autorale e – sorprendentemente – di grande successo commerciale, fu davvero poco premiato. Ma il sistema, si sa, non tollera insubordinazioni.
The Truman Show fu anche il film che mostrò il talento, fino ad allora inespresso sul fronte 'impegnato', di Jim Carrey, la cui carriera risultava relegata esclusivamente all'ambiente della comicità e della commedia brillante o demenziale.
L'interpretazione di Truman Burbank fu di un tale livello, così piena di vitalità e di poesia, da spianargli la strada, l'anno successivo, per un'altra grande pellicola, Man On The Moon, di Milos Forman - a mio parere il film per il quale Carrey verrà ricordato.
A riprova di ciò, le due prove si tradussero in altrettanti Golden Globes come miglior attore protagonista. Il resto è storia.
Ma ciò di cui voglio parlarvi, oggi, è come questo talento naturale e smisurato – il Peter Sellers americano – diede prova di ponderatissima consapevolezza del proprio ruolo in quel di Hollywood, all'interno della 'macchina', in occasione del conferimento dell'MTV Award per The Truman Show. Di come un artista che stava ricevendo il meritato riconoscimento per il proprio lavoro in ambito 'serio', con un film che denunciava 'il sistema' come falso, manipolatorio ed intrusivo, riuscì a risolverne la contraddizione.
Vi invito a compiere uno sforzo di comprensione ed attenzione al filmato che segue. Ne vale la pena. Darà senso a quanto si dirà più avanti.

Dichiarato vincitore, Jim Carrey, solo ed irriconoscibile, lascia la poltrona con oppiacea lentezza (da non perdere la faccia di Ben Stiller, che siede davanti a lui). Ha in mano una sigaretta dal contenuto sospetto. Bacia la presentatrice sulla bocca. Attacca il discorso cantando con vocalità alcolemica. Scambia la cerimonia con la notte degli Oscar e prosegue con del puro nonsense spiritual-esoterico (“... dancing for the man just ain't where it's at.”). Dedica il riconoscimento ai suoi 'nuovi amici bikers'. Prosegue a fumare noncurante del contesto. A tratti si mostra assente. Accarezza i capelli lunghi rimanendovi impigliato. Ringrazia MTV per aver dato tutti loro la scusa per l'ennesimo party, e se la prende con la direzione artistica dicendo di non sopportare il rap e di volere più rock. Vira verso un atteggiamento spudoratamente macho ringraziando tutte le signore presenti, per poi dichiarare: “Ci sono un po' di belle fighe in questa stanza, stasera.”. (L'audio è censurato, ma se si osserva la reazione stupito-esilarata delle donne presenti, si può essere certi che abbia detto proprio così: “There are some fine-looking PUSSY in this room tonight.”. Prestate attenzione. è l'unico momento nel quale Carrey, anch'egli divertito, sembra perdere il controllo sul personaggio). Lo schema è saltato. Taglia il fiato a tutti i presenti rincarando subito la dose con una nota da erotomane: “Finirete tutte nelle mie fantasie, ve lo dico.”. “Non mi importa chi siano i vostri papà.”. Il treno è ormai lanciato e nessuno più può fermarlo: “Ehi, viene al party, la pollastra del video di Ricky Martin? Non ho idea di chi sia, ma ho proprio l'intenzione di scoprirlo.”. Sorride. Mostra un incisivo mancante. Nessuno più è in grado di trattenere le risate.
Cioè, MTV era allora l'emittente con la maggiore influenza commerciale a livello planetario. Influenza che avrebbe impiegato, negli anni successivi, proprio per produrre e diffondere format reality come Jersey Shore, Teen Mom, My Super Sweet 16, Ex On The Beach e The Osbournes e via dicendo. Carrey si trovava quindi nella tana del lupo, premiato per un film che dipingeva quella stessa tana come una spelonca di falsari e di ipocriti. Presentarsi in quelle vesti fu un colpo di genio: combattè il falso con il falso, e ne uscì vincitore.
La grandezza di Jim Carrey sta nell'avere così preservato integra l'universalità della sequenza finale di The Truman Show, quella dove Truman decide di oltrepassare la soglia dello studio televisivo, addentrandosi nel buio.
Non siamo forse, noi tutti, tanti piccoli Truman Burbank, impegnati a riappropriarci della nostre rispettive esistenze?
Uno smoking, del cerone ed uno stucchevole discorso scritto avrebbero certamente compromesso tutto.
Avete compreso, ora, la differenza tra un artista e un buffone?