martedì 21 giugno 2016

Brexit Music (for a film)

Cara Inghilterra,
Ti scrivo con un nodo alla gola.
Giovedì prossimo ti attende una giornata storica – sebbene destinata ad essere tale solo se deciderai per il 'sì'. Leave.
È quindi giusto che tu sappia come mi sento, e come mi rapporterò a te d'ora in avanti, qualunque sia l'esito referendario.
Sei stata per me una madre: di libertà, di stile, di costume sociale e politico. Sei colei che ha cambiato certi tristi pomeriggi dell'adolescenza in provincia in un fantasticare stimolante.
E nonostante questo stai facendo capire a chiare lettere che te ne vuoi andare. Che di chi ti ha davvero amato, alla fine, poco ti importa. Come, alla fine, poco importa che giovedì il caso, o chissà quale altro fattore, ti obblighi a rimanere: ai miei occhi sarai, purtroppo, la madre che ha dichiarato apertamente di volersene andare.
Ti ricordi come è iniziata?
Era il 1983. Avevo tredici anni quando la voce adulta di un uomo passò in alta definizione dalle cuffie alle mie orecchie. Mi dissero si chiamava Roger Waters, veniva dall'Inghilterra, aveva un gruppo chiamato Pink Floyd ed insieme a loro faceva dischi belli strani. La canzone era Paranoid Eyes. Fu amore a prima vista.
Mi innamorai della tua lingua. Feci la mia prima ricerca seria di geografia, nel tentativo di scoprire dove stavi. Iniziai lo studio dell'Inglese. Scoprii, con grande confusione ideologica e cronologica: il dark, il punk, i mods, la leggenda degli Iron Maiden, i Clash, i Cure dal vivo ad Hammersmith; gli Smiths, Maggie Thatcher, la questione irlandese, i film di Ken Loach. Fu una discesa senza freni verso la scoperta della cultura anglosassone. Con tutti i limiti dell'età e di un adeguato retroterra culturale diventai anglofilo. Scoprii subito dopo la tua più grande filiazione, gli Stati Uniti d'America. E furono per me come quegli zii e quei cugini con i quali si instaura magicamente un rapporto speciale.
Una sera di tanti anni fa un'amica di famiglia si tolse tragicamente la vita dopo avere effettuato una telefonata di cortesia per salutare tutti noi. Sai quale fu la prima cosa che transitò nella mia testa di ragazzo? Ian Curtis. I Joy Division, Love Will Tear Us Apart. A Day Without Me.
La mia vita adulta non è stata molto diversa, nella ricerca. Tutto un fagocitare che passava da Tony Blair e l'accordo di Stormont alla Cool Britannia, dai Mötorhead ai film di Jim Sheridan; Frederick Forsyth e la RAF; la prima antenna parabolica ed il primo telegiornale BBC a casa nostra; i Beatles scoperti a ritroso; Stanley Kubrick e gli studi di Elstree Pinewood; i Blur; Morrissey; il dub di Bristol.
Tu dici di voler lasciare la comunità proprio nel mentre la Turchia preme per entrarvi. Un paese dove giusto giorni fa gruppi di fanatici hanno malmenato dei giovani che si erano rifugiati in un negozio di dischi del centro per sorseggiare una birra ed ascoltare A Moon Shaped Pool dei tuoi Radiohead – ovvero quanto di più profondo vi sia oggi nella cultura occidentale. Il tutto durante il Ramadan – la loro colpa.
È questa l'eredità che intendi lasciare? Questa, l'Europa libera?
Venerdì mattina sapremo com'è andata. Ma in qualsiasi caso non ti verrà concesso di rattristare la mia giornata. Venerdì è il compleanno di mia figlia, la cosa più bella che abbia prodotto nella vita, la somma perfetta mia e di sua madre. Lo sai che ha un nome che, per scelta, si pronuncia all'inglese? Non fa niente. Perché quello che tenterò di insegnare lei non saranno le chiusure, il classismo, l'indifferenza e la freddezza che sempre più ti stanno caratterizzando in questi tempi Saranno invece l'incitamento alla fratellanza dei film di Ken Loach; il coraggio di osare di quelli che producesti per Stanley Kubrick; la bellezza del suono della BBC Orchestra; il solismo di Julian Bream; gli scritti sull'infanzia di Donald Winnicot; l'imbattibile irriverenza di Never Mind The Buzzcocks; l'autoironia degli Iron Maiden con Mr. Bean; il significato sociale dei Beatles e degli Smiths; la dizione di Jeremy Irons. Sheila Delaney. Mark Ravenhill. William Shakespeare.
Come disse il tuo grande figlio, John Lennon: “Non li perdonerò mai. Ma ciò non mi impedisce di volergli bene”.

E così sarà anche per me.

sabato 18 giugno 2016

Cafonals

Transitare in aeroporto, di questi tempi, senza imbattersi in flottiglie di aspiranti giovani in partenza per l'ultrapagano, postmordernissimo rito dell'addio al celibato/nubilato, è ormai cosa rara. In casi estremi, è possibile assistere a partenze di celebranti non solo per la stessa destinazione, ma persino con lo stesso aeromobile.
Quello che fino ad un decennio fa era, sì, pagano, ma tabuico, aspira oggi alla piena certificazione di categoria 'cafonal', The Cafonal Hall Of Fame - conseguenza delle politiche a basso costo nel trasporto aereo e di un provincialismo che, lungi dall'essere vinto, ha girato in tondo ed ora si morde la coda (o, relativisticamente parlando, guarda lontano, ma ciò che vede è unicamente la propria nuca di provincia).
Ciò che questi personaggi da “tunnel del divertimento” sembrano non avere capito, è roba che in un istituto serio farebbe rischiare l'anno: di tamarri se ne hanno già abbastanza in giro senza bisogno che noi si debba pure subire – magari seduti davanti o dietro di noi - tutta questa ostentazione di falli finti, denudamenti, costrizioni da extraordinary rendition, magliette con slogan esoterico e atteggiamento da branco (reparto uomo); falli finti, abito da sposa alla Vivienne Westwood o – peggio – sbrindellato in stile molestia, vergogna patriarcale e grande insicurezza (reparto donna primavera-estate). Per entrambe le compagini, una quasi totale assenza di senso del ridicolo. E poi: gli splendidi palestrati-lampadati-depilati-tatuati che guidano il futuro sposo, così come le tristissime suorine dall'imbarazzo isterico che reggono il velo delle future spose, con il loro, sottinteso, mal esplicitato 'liberi e belli', cosa intendono quindi comunicarci, che noi già non si sappia?
Ricordo con dolcezza quello che fu l'unico addio al celibato cui abbia preso parte in vita mia. Bill Clinton era alla sua prima presidenziale, quando l'amico Walter ingravidò colei che da allora è sua consorte, e madre dei loro due figli. A differenza di oggi, in quell'occasione si fu anzitutto in presenza di un evento - quale è sempre lo spargimento del seme in maniera poco controllata. (Oggi, era se non priva di eventi degni di questo nome di certo inflazionata da eventi-bufala, manca del tutto la motivazione di partenza. Tutti si sposano, tutti ingravidano, festeggiano, sputtanano e rovinano). Venne organizzato, l'addio, nei boschi, in collina. No movida, no cibo, no crudités, no fica. Niente effetti speciali o colori ultravivaci. Anticipammo le politiche di trasporto a basso costo con una spola delle poche macchine allora a disposizione ed alcune Vespa (con contributo pari a diecimila lire venne acquistato cibo e bevande). Alle dieci di sera di un luglio indimenticabile, nel bosco era buio pesto. In sostanza non successe niente. Ma le leggende di quella notte circolano tutt'ora, elargendo ilarità. Perdemmo una buona parte di innocenza. Nessuno seppe di noi. Non il pronto soccorso e nemmeno alcune delle nostre famiglie (!). Dell'aeroporto non conoscevamo forse neanche la localizzazione.
Non mi sembra possibile (eppure è così) che esseri umani di ultima generazione possano non realizzare che il futuro consorte, durante la tre-giorni, con molta probabilità andrà orizzontale per copione e per la biblica debolezza della carne. Come non mi sembra possibile che l'esemplare medio della specie qui considerata goda di una tale, satanica apertura mentale da consentire ciò mantenendo inalterati i sentimenti. Il Reverendo Marylin Manson asserì - all'incirca ai tempi di The Golden Age Of Grotesque - che egli non si accoppiava promiscuamente con l'intento – reputato debole - di tradire la propria compagna: fornicava per essere performante con quest'ultima. Ecco: non è che sia un discorso, questo, che capiti di sentire di sovente. Scartiamo quindi l'ipotesi numero uno: ampia libertà dei costumi sessuali.
Non è possibile, poi, che un weekend da leoni, anche se condotto all'insegna dell'astinenza sessuale, risulti più facilmente accettabile. Il futuro consorte è chiaramente in fuga (pessimo segnale) o, peggio, succube del branco degli amiconi (altro pessimo segnale: se cedi ad una pressione per nulla paragonabile a quella che può essere sperimentata in un regime di vera convivenza, di condivisione, davvero ti attende l'inferno). Buona fortuna.
C'è un solo vero significato attribuibile all'odierna ritualistica dell'addio al nubilato/celibato: attenuare per mezzo di un'orgia di eccessi la consapevolezza del domani di impegni adulti che ci attendono, la fine delle assoluzioni per mezzo delle attenuanti, l'ingresso nella vita adulta intesa come percorso di scelte dalle quali non vi è ritorno; la fine della gratuità e della giovinezza.

Tutto il resto è noia.

mercoledì 8 giugno 2016

V Come Vendetta

. . . walked over to him, showing no panic or particular hurry, stooped, turned him on his back and looked onto his face. He was still alive but fading.
'Amanda Jane, mi hija,' said the gunman and used the sixth shot to shred his entrails.
. . . si avvicinò, senza mostrare panico o particolare fretta, si sporse in avanti e lo girò sulla schiena, per guardarlo in faccia. Era ancora vivo, ma per poco.
'Amanda Jane, mi hija,' disse l'assalitore, ed usò il sesto colpo per farne a pezzi le interiora.
Frederick Forsyth, Avenger
(Libera traduzione di Stefano Parenzan)
Per il mestiere che faccio, debbo maggiore accortezza, rispetto ad altri, nel guardarmi da illeciti insidiosi, quale l'istigazione a delinquere o l'apologia di reato.
Ma come padre di una bambina di pochi anni non posso esimermi da angoscianti, terrificanti riflessioni ogni qual volta il femminicidio conquista la prima pagina - grazie ad efferatezze come quelle del rogo di Roma.
Al fine di tutelarmi, quindi, da conseguenze penali, fornirò di seguito un esempio per interposta persona.
Un conoscente particolarmente gentile nei miei confronti non manca mai, ad ogni incontro, di chiedere notizie di mia figlia. Lo aggiorno puntualmente con grande piacere ed orgoglio, per poi ricambiare l'interessamento chiedendo della sua, ragazza adolescente, brava studentessa e, dallo scatto che mostra me sul telefono, dotata di un bellissimo aspetto. Miro al suo meritato compiacimento chiedendogli con quali metodi dissuasivi egli tenga a bada il codazzo di boys che immagino infestino il vialetto di casa sua. Risponde che, come molti papà, anch'egli vive questo momento in uno stato di leggera ma costante allerta, frutto non solo di un sano istinto naturale, ma anche dei fatti di cronaca di cui sopra. Dice di essere recentemente giunto ad una triste consapevolezza. E cioè che se domani dovesse toccare lui il ruolo di padre di una figlia minacciata di morte per questioni sentimentali, l'ingrato ruolo che lo attende sarebbe quello della sfida all'eliminazione, a costo di soccombere egli stesso. Highlander. Ne resterà uno solo. Si sa che le denunce non sortiscono effetto, dice. E che, spesso, è proprio la sottovalutazione dei fatti da parte dei genitori a consentire a questa particolare specie di mostri l'avverarsi dei loro sogni di sterminio. Quindi, conclude, egli si ritroverebbe moralmente, fatalmente, al bivio inazione/concretizzazione-della-minaccia o eliminazione/costituzione-all'Autorità competente.
E qui mi fermo.
Una persona che di problemi della psiche ne sa, mi dice, per tornare all'uccisore di Roma: “Come si recuperano trent'anni di anafettività” - a suo parere il retroterra comune a molti di questi soggetti -? (Il quesito è chiaramente retorico: non si recuperano. All'erta, genitori tutti). Ed è anche, in qualche modo, la tesi esposta nella bella e tragica intervista ad Umberto Galimberti, pubblicata da Wise Society in tempi non sospetti (2011).
Se per i criminali incalliti, pericolosi, letali, coloro che più o meno scientemente hanno scelto l'illegalità, la prima, essenziale condizione per realmente portare a compimento un'azione clamorosa ed inattesa è il non dirlo, esattamente il contrario risulta essere invece per gli squilibrati - storicamente e statisticamente più ciarlieri, sempre fedeli alle proprie promesse.
Se quindi vogliamo risparmiarci un'esistenza all'insegna del raddoppio delle cifre percentuali riguardanti l'omicidio (e lo vogliamo); se davvero vogliamo divenire genitori con le identiche, naturali preoccupazioni per maschi e femmine; se vogliamo evitare che la disperazione genitoriale si tramuti in un aumento (potenziale) dei padri condannati al bagno penale per essersi volontariamente sostituiti alla giustizia; se pensiamo che una società in mano alle donne sia degna di plauso e di critica esattamente come quella maschilista odierna, urge un cambio di mentalità (che ne dite di leggere qualche libro in più?) ed una stretta in termini giurisprudenziali (la certezza della pena).
Ho seguito, in questi giorni, l'avvincente vicenda di Virginia Raggi, giovane avvocatessa romana, al ballottaggio per la carica di sindaco di Roma. E penso – parallelo spontaneo – al caso Sadiq Khan, quarantenne legale dal piglio ruspante, pakistano di origine e musulmano di religione, attuale sindaco di Londra. Penso sia un po' (nessuno me ne voglia per ciò che sto per dire) come immunizzarsi dal veleno assumendone piccole dosi: se ne potrebbe persino riconoscere inattesi benefici. Una società ancora pregiudizialmente ancorata ad una visione patriarcale del femminile non può che trarre beneficio da una attribuzione di responsabilità e potere come quella, altamente simbolica, di cui dispongono oggi i romani. Esattamente come concedere pieni poteri per la gestione della città più cosmopolita del mondo al figlio-di-quello-col-turbante-che-guidava-il-bus-a-due-piani. A costo di passare per sostenitori dei Cinque Stelle pur se non lo siamo. Ne vale.

Buona fortuna a tutti.