“Il Movimento Cinque Stelle non
vuole sedersi a un tavolo con il presidente Berlusconi. Questo, per
noi, è inaccettabile.” (R. Brunetta)
"Non avrai altro Dio all'infuori di me." (Esodo 20, 3)
"Non avrai altro Dio all'infuori di me." (Esodo 20, 3)
Lo so. Prendersela puntualmente con
Renato Brunetta, portavoce di Silvio Berlusconi, è gioco facile ed
anche di cattivo gusto (l'uomo offre infatti il destro
abbondantemente a tutta una serie di attacchi biechi alla propria
persona).
Così come so che, letto questo
scritto (se mai verrà veramente letto: ho spesso l'impressione che i
miei articoli siano considerati da scorsa veloce), verrò tacciato di
essere un comunista (falso), un sinistroide (falso), un Marco
Travaglio dei poveri (vero), un'elettore del M5S (vero), una povera
persona invidiosa dei successi, in affari, politica ed amore, di
Silvio Berlusconi (falso: l'unica persona che invidio, al mondo, è
Zakk Wylde).
In Brunetta vedo il perfetto
rappresentante di quell'Italia strabica, per non dire cieca, di
fronte alle evidenze. E, si teme, affetta da tale limitazione per
convenienza personale, partitica o politica.
Riuscire a trovare la serenità
(Brunetta non è mai a disagio, in questi frangenti) per simili
dichiarazioni, significa: o mancare completamente del senso del
ridicolo; vedere in esse la via obbligata da un preciso calcolo
politico (quando anche Berlusconi morirà, chi prenderà il suo posto
prima dell'immancabile resurrezione dai morti?); od avere assunto la
figura dell'ex cavaliere in una dimensione cristologica, al cui
asservimento è legata la partecipazione ad un regno che non è di
questa vita.
“Berlusconi sta cercando una
legittimazione che i cittadini non gli hanno dato e che noi
non gli possiamo dare."
Per fortuna è giunta a salvarci dal
naufragio in abissi oceanici la dichiarazione chiara e misurata (raro
per i 'Cinquestelle') di Danilo Toninelli.
Quello che l'elettorato di FI non
comprende (non una voce si è infatti levata, al suo interno, a
manifestare una vergogna che i più avrebbero ritenuto segno di
salute psichica) è che, se hai perso le elezioni – e FI le ha
perse ufficialmente -, non hai diritto di parola alcuna, per ciò che
riguarda la formazione dell'esecutivo.
Si faccia attenzione.
Siamo di fronte ad una compagine che,
con il 14% dei consensi, non solo sta quotidianamente battagliando
per prevaricare un partito (Lega) che, nel comparto, ha ottenuto
quattro punti percentuali in più, e quindi, piaccia o no, è
legittimato al dialogo di consultazione. Effettuato il bypass,
invece, FI vuole trattare in esclusiva con il vincitore (M5S). Il
giornale-radio di RAI 3 (GR3) passa ormai sistematicamente ed
acriticamente ogni dispaccio del nostro, al punto da indurre sospetti
di segrete simpatie a livello redazionale (ma non erano tutti
“rossi”, al terzo canale?). Non è accettabile – per rimanere
sul pezzo – che il servizio pubblico dia spazio ad un terzo
incomodo, qual è ad oggi FI, le cui dichiarazioni hanno il solo fine
di ostacolare ogni iniziativa che non li veda coinvolti nella veste
di protagonisti. Non si fanno scrupolo di tenere il paese nella
paralisi, pur di riuscirvi. Questo fornisce il polso della
sensibilità politica e civica di lor signori.
Alessandro
Di Battista ha promesso in diretta televisiva (ne converrà
anch'egli: tecnica berlusconiana par excellence)
che, quando al governo, si prodigheranno per la scrittura di una
legge sul conflitto di interessi “che gli svuota mezzo parlamento”.
A chi fosse
rivolto il messaggio risulta chiaro.
E lo dico
semplicemente perché se per qualcuno non lo fosse, qualcuno, magari,
che sta or ora leggendo queste righe, allora viviamo in realtà
inconciliabili tra loro. Il paese che ho l'impressione di abitare non
è lo stesso loro. Tanto vale, allora, che chiudano questa pagina e
si dedichino alla famiglia Fedez – frutto avvelenato proprio di
quell'albero piantato nel giardino della politica 25 anni or sono -,
emblema di quell'Italia che se ne frega di tutto e di tutti, che fa
dell'ostentazione uno stile di vita.
Quante illusioni,
con quelle poche parole di Di Battista.
Speriamo di non
andare incontro all'ennesima cantonata.