Questo non è l'editoriale di un
apprezzato – o prezzolato – giornalista.
Questo è il pensiero di un
cittadino che domenica prossima sarà chiamato a decidere, in cabina
elettorale, per una buona fetta del suo futuro prossimo. Suo come
della sua famiglia, e di un'altrettanto consistente porzione di
connazionali.
Compito ingrato, per un
individualista. Ma ugualmente sentito come dovuto sotto il profilo
morale.
Non parlerò qui male della nostra
classe politica, presa in esame per come costituita dell'era Monti ad
oggi. Troppo facile. È come picchiare Qui, Quo e Qua. Mi limiterò a
serbarle un giudizio di inaffidabilità, citando impropriamente Indro
Montanelli: se dichiara, essa, che oggi è giovedì, meglio pensare subito
si tratti di mercoledì o venerdì.
Detto questo, ritengo che nessun
voto, prima di questo, sia stato all'insegna della disperazione, per
ciò che riguarda non solo la scelta di candidati e schieramenti, ma
proprio per il clima sociale nel quale molti elettori, tra cui chi
scrive, si trovano ad operare questa scelta.
Il gigantesco David Foster Wallace,
che non finirò mai di citare per le parole sempre esatte ed accorate
che ebbe a scrivere in vita, sentenziò già all'epoca della campagna
di John McCain (anno 2000) che “non è mai esistita una generazione
di giovani elettori a cui della politica e dei politici sia fregato
meno della vostra.”. Io, che giovane lo ero a quel tempo, posso
confermare. Vale anche da noi. Eccome! E da quanto mi è dato da
vedere, e soprattutto sentire, la generazione cui è stato passato il
testimone ha così tanti e diversi problemi da poter persino divenire
aggressiva, qualora ci si permettesse di avanzare questa pacata e
fraterna osservazione.
Dal momento, però, che mi appresto a
votare, turandomi il naso (ecco qui tornare, ancora, il fantasma del
vecchio Indro), un formazione che si dichiara antropologicamente
superiore (atteggiamento che in un contesto diverso da quello
pre-elettorale darebbe vita ad una rissa, questa sì, di
antropologica supremazia) e che non mi piace, è doveroso svelare la
logica dietro tale scelta.
Sono sempre sta molto colpito dalla
natura predatoria della classe politica. Sinceramente ho appreso, e
compreso, molto più su di essa attraverso i documentari del Discovery
Channel che per mezzo degli editoriali di Giovanni Sartori. L'alibi unico
a sua disposizione è che a tale livello di aggressività
contribuisce l'ambiente politico stesso, e quindi marchiare e
difendere il territorio diventano moduli comportamentali legati alla
sopravvivenza e al proseguimento della specie.
Detto ciò, colpisce il vedere degli
squali bianchi, quali quelli che la politica nostrana vanta al
proprio interno, in preda al terrore non solo quando messi fronte al
Movimento Cinque Stelle (nome più imbarazzante non poteva essere
trovato, bisogno riconoscerlo), ma anche solo all'udirne il
nome. Sono persone, queste, che, di norma, non temono nulla, di un
opportunismo capace di contemplare l'antropofagia, se giustificata
dai fini. Eppure la visione di questo spauracchio politico, attiva in
loro tutte le difese praticabili.
Questa inqualificabile classe
politica ha quindi anch'essa un tallone d'Achille (la psicologia
questo lo ha capito fin dalla sua fondazione: siamo noi in ritardo,
con il falso mito dell'infallibilità). Impegnata da diversi, troppi
anni nella gestione di conflitti endogeni, e per questo del tutto
indifferente alle problematiche del cosiddetto paese reale, la
scopriamo ora seriamente preoccupata per la propria sopravvivenza,
che sente minacciata da quelli di Grillo.
Ignoro per quale motivo la minaccia
sia avvertita come concreta. Ma so che questi sono conflitti che
vanno risolti: nell'immediato e dalle sole parti in gioco.
Domenica prossima voterò Movimento
Cinque Stelle perché ritengo che di maschi territoriali ve ne debba
essere uno e solo uno.
È una logica pericolosa, la storia
ne offre esempi dolorosi. Ma al momento, il piacere primitivo del
vedere certe facce sbranate vive dai contendenti il territorio mi
aggrada e sembra rispondere ad un processo selettivo auspicabile e
necessario.
Buona fortuna a tutti.