Impedito da un lutto a
dall'esaurimento dei biglietti, non ho potuto assistere alla data
milanese di The 1975. Passo allora a mutare quella che doveva essere
la recensione di un concerto in 'marketta' (suoneranno a Rock In Roma
il 13 luglio prossimo), provando a spiegare a chi non li conoscesse,
o avesse di loro solo un'idea vaga, perché The 1975 valgono
l'acquisto di un disco o di un posto a sedere.
Esordiscono brillantemente poco più
che ventenni, nel 2012, con il classico album omonimo. E
credete: come è sacrosanto mandare a fare in culo ogni giovinastro
che si presenti con niente altro che la propria miseria, è
altrettanto giusto prestare loro ascolto quando appare evidente
abbiano qualcosa da dire che non rientri nella sfera di conoscenza di
noi matusa con le superpalle. Tanto più se ciò viene detto con
stile.
Vengono da Wimslow – come dire la
Milano 3 dell'hinterland di Manchester. Borghesissimi, ci
risparmiano tutte le riflessioni sull'arte originata dalla
sopravvivenza suburbana e proletaria.
Hanno personalità da vendere, quanto
meno a giudicare dalla leggerezza adolescenziale e dalla episodica
strafottenza dell'uomo di punta del gruppo, il cantante Matt Healy.
Esprimersi senza vergogna per mezzo di moduli musicali già
sperimentati richiede grande sicurezza (esattamente ciò che la
nostra società va perdendo giorno dopo giorno per sgocciolamento).
Prestate attento ascolto, in cuffia e
a massimo volume, a brani come The City e Robbers, dal
disco di esordio. E poi giudicate voi stessi quante canzoni avete in
mente che possano essere affiancate a piccole perle come queste.
Se vi piace viaggiare no-frills,
così da pagare il vostro turismo sessuale una miseria, dovreste
essere in grado di apprezzare l'assoluta sobrietà (semplicità)
formale di questo quartetto. No virtuosismi, no concessioni, no
divagazioni, no lungaggini, no sperimentazioni. Semplicemente, un
sano vivere la propria arte.
Non pretendono di 'giocare ai grandi'
– sebbene è probabile che lo diventino, artisticamente
(commercialmente sono n°1 in Inghilterra e Stati Uniti). Come ogni
giovane gruppo maschile, anche The 1975 concedono sporadiche aperture
a riferimenti sessuali – maggiormente evidenti nei videoclips.
Natiche, profili di seno e ragazze in lingerie (come nel video
di Girls) restituiscono i quattro inglesotti alla dimensione
più adatta a ragazzi della loro età: l'accoppiamento. Per non parlare dell'autoironia del video di The Sound. Grande idea.
Godono, dal vivo, di un suono pulito
in grado di rendere assai bene la loro ordinaria essenza, appunto, di
ragazzi puliti – artisticamente parlando -, appassionati, capaci di
trasferire al pubblico un'idea che sempre più latita nel mondo
tardo-adolescenziale: la bellezza.
Il successo ha arriso loro
giustamente. La perdita dell'innocenza è pertanto alle porte (e
quale coerenza con il titolo dell'ultimo disco, I
Like It When You Sleep, For You Are So Beautiful Yet So Unaware Of
It): godeteveli, prima che sia troppo tardi. (guardate la
perdita dell'innocenza cosa ha comportato per un gruppo come gli U2:
Achtung Baby fu a ciò la risposta e la reazione, dopodiché
il tracollo). Un piccolo cedimento degli argini lo si può sentire in
Shoot Out At The University Fair. Uno spasso.
Sanno cos'è la gavetta – e cioè
il sacrificio. I Beatles degli esordi suonavano, montando e smontando
l'attrezzatura, anche tre volte al giorno in differenti locations.
Agli standard odierni, The 1975 hanno tenuto, tra il 2012 e il
2014, circa 600 concerti, i primi, specialmente, proprio in stile Fab
Four prima maniera, a bordo di un furgone.
Sono il superamento dei Depeche Mode.
Si districano tra chitarre e campionamenti, ma per fini diversi.
Trenta e più anni dopo, si può dire. La musica dei Depeche Mode fu,
per sua buona parte, la conseguenza stilistica delle mortificazioni
subite in gioventù dal loro fondatore e principale autore, Martin
Gore. Oggi, a tali evenienze siamo purtroppo preparati, e la
rassegnazione permette paradossalmente di godere nuovamente della
vita, del momento, dell'attimo, della sensazione. E la musica di
brani come Girls e
The Sound lo dimostrano.
Si pensi – restando, tra l'altro,
nell'area geografica di pertinenza -, a chi e cosa erano i Radiohead
ventitré anni fa, ai tempi di Pablo Honey.
C'è poi il fatto, già accennato,
dell'anagrafe. Sono giovani. Sono giovani, e non si può che
tributare loro tutta l'invidia possibile. Perché sono loro, adesso,
ad essere belli, forti, speranzosi e – come si diceva addietro –
innocenti. Invidia per tutto quanto potevamo essere un po' tutti noi.
“[...] va bene, mio vecchio
Corneille, può darsi che le cose vadano come dici tu, ma nel
frattempo io ho ventisei anni e di te me ne fotto! Chiaro, non le
pare?”1
Buon ascolto.
1Giancarlo
De Cataldo, Romanzo Criminale, Einaudi, 2002;