giovedì 10 marzo 2016

Oscar Speech

Pubblichiamo, di seguito, la trascrizione del discorso tenuto il 28 febbraio scorso al Kodak Theatre di Los Angeles da Stefano Parenzan, in occasione della consegna dell'Oscar© come migliore produzione sotto i settecento dollari (Filthy Achievement Award) assegnato a La Lingua Come Diga Alla Merda, scritto diretto ed interpretato dallo stesso Parenzan. (Traduzione dall'Inglese di Olga Fernando).
Grazie. Grazie a tutti. Grazie di essere qui. Cosa devo dire. . .? È dura in questi momenti, sapete? Trovare le parole giuste, può essere l'impegno di una vita. Un grazie alla mia famiglia, quindi, a mia madre e mio padre: l'unica cosa che avete preso in affitto, è l'appartamento dove mi avete concepito. Sono fiero di voi. Grazie all'Altissimo; a Cassius Clay, Alda D'Eusanio, Concita De Gregorio, Ron Jeremy, il re della tisanoreica Gianluca Mech, DJ Francesco e i fratelli Savi: senza di voi non sarei qui. Fare film, di questi tempi, non è un'impresa facile. Si è soggetti ad attacchi e critiche di ogni genere. L'ansia sociale che ne consegue non sempre è contrastata con le necessarie forze - bruciate in tentativi spesso disperati di preservare l'integrità del proprio progetto dagli attacchi di quelle stesse persone che inizialmente lo hanno voluto con tanto fervore. Con 'La Lingua' ho voluto portare alla luce una questione dolorosa che, tra emergenze uterine ed umanitarie, sta silenziosamente travolgendo il mio paese: gli italiani sono sempre più illetterati. Lo dice l'OCSE; lo dice l'ISTAT e lo dice l'ISPES. Lo dice l'ITIS di Arona. Lo dico io – che faccio spesa ogni giorno. Ignorano la loro lingua, se ne disinteressano, la trattano con sufficienza [le telecamere inquadrano Dave Grohl, preda di uno sbadiglio]. Nonostante la diffusione dei correttori automatici ignorano ortografia e tipografia. Si atteggiano come se questa, la lingua, fosse un orpello del quale disporre in maniera sregolata [di nuovo Dave Grohl è inquadrato mentre ride con la moglie]. [pausa. si infervora] Scusate, ma se Leo [di Caprio, n.d.t.] può permettersi un discorso del cazzo come quello di poco fa. . . per il premio di una vita . . . [risate, fischi dal fondo] Questi sono il mio pensiero e la mia poetica, signori. Mi dispiace che alcune delle sensibilità presenti ne vengano urtate. Ad ogni modo. . . Gli italiani sembrano non prestare più cura al peso specifico della parola, scritta e parlata. Chi parla male, pensa male e vive male. Non ricordo più chi l'abbia detto. . . [dalla sala: “Jonh Wayne”. Risate] Oh, sì: the Duke [applauso. SP si allontana dal microfono e ride]. A tal proposito, vorrei citare un film che nella mia formazione umana e cinematografica è stato seminale. Sto parlando de Il Portaborse, di Daniele Luchetti. Lo vidi nel lontano 1991. Ero un giovane studente di conservatorio, ed il cinema già influenzava molto la mia vita, dai gusti narrativi ed estetici agli stili comportamentali. Ma soprattutto il potere della parola, fosse essa ben scritta o ben pronunciata; la potenza dei dialoghi; insomma: l'arte della sceneggiatura. Era questa che inconsciamente mi eccitava di più - l'occasione per godere di una comunicazione potente, diversa da quella duramente concreta ed insoddisfacente del quotidiano. Ricordo Nanni Moretti – il Botero del film di Luchetti – qualche anno prima, dire: “Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti”. Mi sembra il film fosse Palombella Rossa [guarda le prime file]. Forza, ragazzi: l'era McCarthy è passata da un pezzo [risate dal fondo]. Vabbeh. . . Sono certo che Daniele Luchetti avesse ben presente quelle parole quando fece il casting per il personaggio di Botero. E che questo abbia fatto da filo rosso – spinato – tra il personaggio del pallanuotista e quello del ministro. Ho sempre pensato che Il Portaborse, più che un lavoro centrato sulla piaga endemica della corruzione morale della politica italiana, fosse in realtà una denuncia sull'uso indecente e strumentale che della lingua si stava facendo in ambito politico. Quello fu il virus letale messo in circolo per mezzo di intellettuali professionalmente frustrati come il Sallusti del film. La ricerca di un linguaggio semplice, di cui egli viene incaricato, è in realtà un'opera di omissione. Il compito del professore non è quello di semplificare per includere, bensì semplificare per celare e distrarre. La pellicola fu premiata per la brillante sceneggiatura, e. . . [Leo Di Caprio e Kate Winslet sono inquadrati mentre lasciano il Kodak Theatre] Vedo che più si parla e più si è fraintesi. Lo diceva il grande Montanelli. . . [silenzio perplesso in sala] Mi sembra di capire che non sappiate chi è. E dire che il New York Times lo voleva in redazione. Vabbeh. [applausi] Ehi, abbiamo italo-americani in sala. [risate, guarda Morricone] Sono la nostra salvezza – vero, Ennio? [risate ed applausi] Per concludere. Sono stato attaccato da alcuni critici che hanno ritenuto la mia opera non all'altezza del film di Luchetti – dal quale, secondo loro, dovrei prendere spunto. Mi si accusa di fare impiego di un linguaggio esclusivo, e persino di essere un violento. Si dicono certi che non riuscirò a modificare la mia cifra stilistica nel senso di una maggiore semplificazione. A costoro rispondo. . . [viene colto da malore, si accascia ed è portato via dal palco]

Stefano Parenzan è stato trasportato d'urgenza al Pittsburgh General Hospital ed affidato alle cure del dottor Gregory House. Lo stesso House ha rilasciato una dichiarazione al riguardo: “Ha un ego smisurato. È questo il suo problema. Ma l'Inglese è davvero eccellente. Specie se si tiene conto che è italiano”.

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