sabato 30 giugno 2018

HOT FOR TEACHER. Con Il Supplente, Rai2 fa scempio del concetto di istruzione.


È con assoluto sconcerto che constato a quale orrido livello è ormai giunto il servizio televisivo pubblico.
Nel corso del rituale zapping serale – pratica certo poco intellettuale, ma dettata dall'immancabile stanchezza fisica -, l'occhio non ha potuto non registrare la visione spaventosa di un'aula scolastica con tanto di alunni ed un tracotante J-Ax – sì, il rapper 'de noantri' - in veste di insegnante.
Per qualche istante ho mentito a me stesso, fingendo di non interessarmene, proseguendo quindi nella nevrotica ricerca di altri programmi o di maggiormente edificanti visioni. Ma più mi allontanavo da Rai2 – ultima enclave di quel centro-sinistra sterminato alle recenti amministrative - più la curiosità, l'interesse, si faceva assillante.
Il Supplente – mi rimetto per dignità alla descrizione fornita dall'ufficio-stampa dell'emittente - “è il nuovo factual di Rai2, ideato e prodotto da Palomar Entertaiment” (si noti l'assenza e del corsivo e delle alternative virgolette semplici ad adeguatamente soppesare l'aggettivo factual, come altri anglismi cooptato nell'italiano non ad arricchimento, bensì a sostituzione di un vocabolario-madre sempre meno ricco, efficace e posseduto). In che cosa consista il factual, lasciamo che sia lo quello stesso ufficio a spiegarcelo quando ne avrà voglia. Nomen omen, dicevano gli antenati della nostra cultura in disfacimento. E quanto avevano ragione... Quanta presunzione nel darsi, come casa di produzione, un nome così impegnativo. Italo Calvino, parlando del suo romanzo, ne diede succinta descrizione come di una ricerca del dettaglio letterario volta verso l'alto, suggerita dalle iperboliche innovazioni dell'osservatorio di Mount Palomar, allora in completamento. Si ha qui l'impressione forte, invece, di essere di fronte ad una ricerca rivolta verso il basso, trivellazione verso picchi abissali di spudoratezza ed ipocrisia che non meritano di essere spartiti con le vette letterarie di Calvino. Ma torniamo a noi.
Praticamente con la bava alla bocca, mi sono risintonizzato su Rai2, dove ho colto il rapper nazionale intento a profondersi, con un malcelato affanno espositivo, in una lezione – si fa per dire - su Alan Turing, il matematico britannico considerato dalla storiografia ufficiale il padre dell'informatica. Lo introduce con un coup de thèâtre, scoprendo per la supposta gioia e sorpresa dei ragazzi in aula un vecchio computer Apple. Parte quindi con la narrazione di come il talento logico di Turing venne scoperto in un frangente strategico per la guerra tra Inghilterra e Germania – comprovato storicamente, ma del tutto sommario per l'approfondimento della figura di Turing, mente ancora oggi accessibile da pochi. La grazia espositiva di J-Ax è quella di chi ha appreso quelle nozioni giusto la settimana prima, magari attraverso l'ascolto protratto in cuffia, tipo tecnica di condizionamento. “Per fortuna c'era Alan Turing”, dice il nostro. Fortuna? E in cosa sarebbe consistita, questa fortuna? Da quando J-ax si occupa di storiografia? Forse l'unica fortuna, se il pensiero di Turing avesse trovato maggiore diffusione ed applicazione tra le fasce non specialistiche della popolazione, è che uno come J-ax non avrebbe non solo potuto aspirare ad un ruolo di supplenza, ma nemmeno ad una carriera nello spettacolo.
Detto questo, scopro, sempre attraverso la pagina web del programma, che nel bacino dei supplenti certificati Rai si trovano, oltre al già citato J-ax: Mara Maionchi, Enrico Mentana, Flavio Insinna, Roberto Saviano. Una badessa, un egocentrico patologico, un arbitro di tombola ed un bravo giornalista d'inchiesta - sebbene visibilmente pentito delle troppe verità narrate, e pertanto costretto ad un'esistenza sotto scorta.
Insomma: siamo sicuri che, sapendo i nostri ragazzi in aula con questo corpo supplente, noi non si abbia nulla da ridire?
Sinceri. Questa visione della supplenza, a mio parere, tradisce purtroppo la visione che sia Rai sia Palomar Entertainment hanno del cosiddetto ruolo: la concezione, contributo di vent'anni di berlusconismo, che, se non appari, sei nessuno.
Ecco spiegata la mediocrità dilagante del nostro paese, i tanti talenti a passeggio per le vie del centro o – quando è peggio – chiusi in casa.
Chiusi in casa, magari, proprio a guardare Il Supplente.
E a domandarsi se quella raccomandazione che non hanno mai avuto il coraggio di chiedere avrebbe forse fatto la differenza.

giovedì 21 giugno 2018

KILL 'EM ALL (UCCIDETELI TUTTI). La sindrome di Taxi Driver.


Mi è capitato, qualche mese fa, di sentire entusiasticamente descritto questo blog come giustizialista (!): “Lui (io, n.d.r.), vede qualcuno che non attraversa sulle strisce pedonali, scrive e gli fa il culo.”.
Giustizialista e permaloso.
Dovessi basare l'attività l'attività di redazione di Sala Colloqui sul livello di comprensione di certi suoi lettori, potrei chiudere seduta stante.
Diceva il grande Indro Montanelli che più si parla e più si è fraintesi. E se lo diceva il maestro...
Sta di fatto che, nel continuo scansare questi giudizi imbarazzanti, una certa sete di giustizialismo ed una crescente insofferenza per lo sfregio quotidiano del codice della strada mi hanno fatto visita.
Arona. Lunedì 11 luglio. Ore 10:12. Centro città. Sono parcheggiato in attesa che mia moglie termini una serie di improcrastinabili commissioni. Essendo ormai insofferente, per deformazione professionale, nei confronti di qualsivoglia forma di attesa, impiego il tempo leggendo un libro. Il volume: La Parola Ai Giovani, di Umberto Galimberti - testo notevolissimo, paradossalmente, proprio per le osservazioni dello stesso Galimberti, che di anni, però, ne ha 76. Ecco il passo nel quale sto immerso: “Quanto all'esempio, che è l'unica cosa che serve dai dodici anni in poi quando le parole dei genitori diventano ininfluenti, vedendo i genitori di oggi, non mi pare ce ne siano di molto edificanti.”.
Il tempo di leggere queste poche, ma severe, righe ed ecco materializzarsi davanti a me una lussuosissima macchina famigliare. Indugia. Si ferma. Le sue intenzioni, quanto a manovre, risultano subito incerte. Nessun segnale di direzione che venga in aiuto agli altri automobilisti. Pochi secondi e il traffico è bloccato. Altri indugi e, all'improvviso, la manovra risolutrice: retromarcia alla vigliacca e parcheggio su strisce pedonali, con assoluta noncuranza di coloro che proprio in quell'istante si apprestano ad impegnarle.
Dalla macchina scende una donna nella sessantina: scarpe da ginnastica, jeans e camicia. I capi d'abbigliamento sono intonsi. Dai sedili posteriori fanno la loro apparizione due bambini, età tra 8 e 10. Se ne deduce sia la nonna (ad altre, mostruose eventualità non voglio nemmeno pensare). Ora la cura della donna è tutta per i marmocchi: li guida sul marciapiede, occupato parzialmente da uno degli pneumatici, ond'evitare loro gli sfioramenti da parte delle vetture che lei stessa ha contribuito a bloccare. Dell'ingorgo creato, degli impedimenti ai pedoni, delle infrazioni plurime commesse in simultanea, nemmeno l'ombra di un pensiero. “Dai, su: andiamo a prendere la focaccia”, dice. Destinazione: panetteria downtown da cinque euri (!) al trancio.
Vorrei chiamare la Municipale, ma destino vuole che il telefono sia scarico. Quand'ecco giungere alle mie spalle una macchina dei Carabinieri, che rallenta, svolta e...
Se ne va.
nessuna delle stramaledette cose che hai fatto in questi ultimi quattro anni, compresa quella di farti ingravidare, cambierà la situazione...
Un amico dell'Arma non perde occasione, quando ci incontriamo, di ricordarmi che, se i Carabinieri si riducono a dirigere il traffico, allora è davvero finita. Certo è, però, che una bella rimozione per intervento della pattuglia avrebbe dato vita ad esultanze da stadio.
Ecco. Come ho detto in apertura, è certo che io predichi al vento e che, con molta probabilità, me lo meriti. Ma consola constatare che questo desolante destino è condiviso anche da una mente eccelsa quale quella del professor Galimberti.
Ancora. È probabile che i marmocchi scarrozzati da nonnina siano esseri superiori che, vuoi per evoluzione psicologica vuoi per il coraggio di una seria psicoterapia, in età adulta saranno in grado di scostarsi radicalmente da questi aberrazioni del comportamento civico. Ma è anche vero che dal banano fioriscono banane, ed è impresa ardua modificarli affinché diano mele.
Certe figure parentali, a volte è meglio perderle che trovarle.
...non era mia intenzione farlo davanti a te. E questo mi dispiace. Ma puoi credermi sulla parola, tua madre se l'è cercata. Quando sarai grande, se la cosa ti brucerà ancora e vorrai vendicarti, io ti aspetterò...
P.S. Le citazioni in corsivo sono tratte da Kill Bill Vol. 1, di Quentin Tarantino;

sabato 9 giugno 2018

TORNARE HA SQUOLA. Il dilagare dell'ignoranza nell'era dell'iperconnettività.


A quale titolo posso io, modesto scrivano di provincia, ergermi a giudice dell'ignoranza altrui, costituente l'oggetto di questo scritto?
Come direbbe Adriano Celentano: perché sono il re degli ignoranti.
Per giudicare - facoltà sacrosanta - persone e cose, “parole, opere ed omissioni”, bisogna conoscere ed averne fatto esperienza.
Sono stato – e mi sento spesso ancor ora – un ignorante. Ho vissuto questa condizione, pagandone le conseguenze, quando ero ragazzo, ma sempre provandone vergogna. Sentimento, questo, che è stato, successivamente, il motore per una più sana e produttiva spinta alla conoscenza.
Mi è quindi da sempre assai facile riconoscere l'occhio bovino, la fuffa, la farina degli altrui sacchi, la voce spacciata per opinione, il plagio, la sparata e i tanti altri mezzucci impiegati dagli ignoranti per farsi belli (frustrazione, insicurezza, mancanza di autostima, senso di inadeguatezza fanno anche parte del loro bagaglio, ma senza che essi ne siano consapevoli). Li riconosco perché sono stato uno di loro.
Sia chiaro: ignorante non è tanto la persona che ignora la conoscenza (siamo e saremo sempre tutti carenti, da questo punto di vista), quanto quella che ignora il desiderio di conoscenza, che non ne avverte la spinta. Senza non si va da nessuna parte. Ed il desiderio di conoscenza, va ricordato, si manifesta per mezzo di un sintomo, di rado latente e quasi sempre manifesto, che è la lettura. Ci si guardi in giro. Escludendo gli studenti con il loro carico di letture obbligatorie (il nostro, piaccia o no, è divenuto un paese di laureati, e ciò dimostra che nemmeno l'università è più un argine all'ignoranza straripante): in quante persone vi imbattete, quotidianamente, impegnate nella lettura o dichiaranti di avere delle letture in corso? Le uniche sue manifestazioni sono oggi affidate ai portatori di readers, inganno culturale per eccellenza, con i quali si pretende di esibire una mole di letture da teologo medievale per il solo fatto di poterle tecnicamente stoccare in detto dispositivo. Sui titoli, sul numero di testi letti e sul loro livello di assimilazione, però, credo sia del tutto superfluo indagare: basta sentire i discorsi di questi dilettanti della lettura per rendersi conto dell'assoluta vacuità delle singole voci.
Detto questo, è da diverso tempo che mi imbatto quotidianamente in sacche di ignoranza da primi anni '60, diverse da quest'ultime solo per il lessico impiegatovi - che è quello imposto della rivoluzione digitale -, ma per il resto di una arretratezza deprimente per l'anno 2018, e che spiega, giustifica, i ripetuti allarmi sul livello di alfabetizzazione del nostro paese. Persone ignorantissime e ciarliere, totalmente prive di vergogna, senso del ridicolo, introspezione. Vittime certamente dell'orizzontalità elargita dalla rete, ma da questa mutate in carnefici (le argomentazioni anche di poco conto hanno infatti un loro grado di nocività). Abitazioni senza alcuna traccia di carta stampata, senza librerie; la formazione di un'opinione sentita solo come necessità di secondo grado, come un hobby. Impera la concezione – errata e del tutto inconscia – che noi si nasca geneticamente dotati delle giuste e sufficienti conoscenze per la sopravvivenza nel quotidiano. Fatto salvo, però, al primo dubbio, l'interrogare il telefono cellulare, sia per risalire ad un passo evangelico come al numero di veli della carta igenica.
Da qui la mia crescente difficoltà a relazionarmi senza esibire un'espressione da cerbiatto abbattuto.
Scopo dei libri dovrebbe essere quello di farci sentire un po' meno soli, sosteneva David Foster Wallace. Beh, con buona pace di colui che forse è stato il più grande, sembra che anche questa risorsa non stia dando i risultati sperati.
Sentirsi meno soli, in termini culturali, sta a significare condividere ed argomentare. E quanto questa pratica risulti sempre più difficile, lo si può tutti sperimentare ogni giorno di persona. Questo sgangheratissimo blog, nei suoi quasi tre anni di vita, ha fornito ripetuti, spiacevolissimi esempi di fraintendimento, da parte anche di lettori sinceramente affezionati ad esso, ma ai quali il messaggio è giunto in maniera pesantemente distorta rispetto ai propositi di partenza. Accetto la mia parte di responsabilità – che c'è ed è innegabile. Spesso, proprio nel rileggere queste pagine, sono posto di fronte ai loro limiti quanto a scorrevolezza e chiarezza sintattica. Ugualmente, non mi sembrano meritare giudizi di illeggibilità o di intenzionale, snobistica complessità. Può essere che io non sappia con esattezza a quale pubblico mi rivolga o da quale pubblico sia costituito primariamente il bacino dei lettori. Vero. E allora spingiamoci oltre.
Da una recente ricerca da parte dell'Associazione Italiana Editori è emerso che – udite, udite! - quasi il 40% dei managers italiani non legge. Dato, a mio parere, calmierato per difetto, a sentire gli imbarazzanti discorsi di molti della categoria. Traduco: significa che, dei tuoi capi – in costante proliferazione, nell'italietta 2018 -, una metà è costituita da perfetti ignoranti (le ormai celeberrime capre di Vittorio Sgarbi), con una zona di confine dove i più 'colti', visto l'accrescersi inarrestabile dei compensi spesso anche in assenza di risultato, potrebbero nottetempo optare per la via breve ed accrescere le fila dei colleghi illetterati.
Quale malsana presunzione si nasconde dietro il rifiuto intenzionale della lettura?
Non posso, a questo punto, non ricordare uno dei miei grandi amori letterari, Primo Levi, quando, nel gennaio 1945, abbandonato nel Lager di Auschwitz-Birkenau e certo di morirvi, prese a leggere un libro lasciatogli con ipocrita benevolenza da un medico in fuga insieme alle SS:
Il romanzo di Roger Vercel è un caso particolare: credo che abbia un suo valore intrinseco, ma è importante per me per ragioni mie private, simboliche e pregnanti, perché l'ho letto in un giorno (il 18 gennaio 1945) in cui aspettavo di morire. (La Ricerca Delle Radici, 1981)
E ancora:
Passai il pomeriggio a leggere il libro lasciato dal medico... Continuai a leggere fino a tarda ora. (Se Questo è Un Uomo, 1947)
È, a mio parere, il più grande, commovente emblema della resistenza dell'uomo inteso come essere culturale.
Leggere. Sperimentare nuovi mondi – questo lo scopo - persino nei luoghi dove la notte dell'umanità è stata più profonda. Si può leggere, e trovarne conforto, persino ad un passo dalla fine.
È ora di tornare a scuola. e di profondervi il massimo dell'impegno.
Le nostra generazione, per molta dell'ignoranza che la contraddistingue, non ha alibi.

giovedì 24 maggio 2018

FREDDO, OSCURO ED INFINITO. Il nuovo 'show' dei Nine Inch Nails.


Ci sono artisti in grado di influenzare, persuadere, offrire una visione. Altri che invece usurpano questo titolo mirando esclusivamente a fama e successo. I Nine Inch Nails, fuor di dubbio, appartengono alla prima categoria.
Benvenuti al secondo post (fate click qui per il primo) di questo blog dedicato ad una band strepitosa che, a quasi trent'anni dalla sua costituzione, non finisce di stupire (e cos'altro si può chiedere ad un gruppo musicale: di risanare le finanze pubbliche, forse?).
Considerata l'endemica incapacità italica a propriamente rapportarsi alla lingua Inglese, traduco direttamente dal sito ufficiale del gruppo l'ultimo comunicato apparsovi:
La speranza di un mondo migliore, grazie all'ausilio di computers e connettività, ci ha deluso in diversi modi. In particolare per ciò che riguarda la vendita dei biglietti. In esso, tutto è uno schifo, e tutti vi perdono all'infuori del rivenditore. Abbiamo pertanto deciso di provare qualcosa di diverso, qualcosa che farà probabilmente altrettanto schifo, ma in altro modo. Contiamo che molti di voi possano trarre beneficio da ciò, certi che altri faranno comunque ciò che da sempre fanno, mandando tutto a puttane. Ecco come funziona. Presentati (tu, vero essere umano) alla biglietteria. Interagisci con l'addetto alla vendita (un altro essere umano in carne ed ossa) ed acquista un massimo di quattro biglietti che ti verranno fisicamente consegnati al momento. Prima di quel giorno i biglietti non saranno disponibili online od altrove. Tutti i posti (inclusi i migliori) saranno a disposizione dei primi arrivati. Potresti incontrare altri esseri umani in carne ed ossa, con gusti simili ai tuoi, vestiti di nero, e, potenzialmente, interagire con loro. Questo tipo di esperienza potrebbe risultare piacevole*. I Nine Inch Nails hanno da sempre desiderato portare le persone a contatto, vivere la vita pienamente e stare bene**.
* Non garantito
** Non del tutto vero
Presuntuoso, forse. Ma calibrato con la giusta dose di ironia. E poi, è utile ricordarlo, non si tratta di un discorso alla nazione, bensì di un comunicato primariamente diretto allo zoccolo duro dei fans.
Zoccolo che, in tutta coerenza, non ha fatto attendere né il responso all'iniziativa (i biglietti sono andati tutti esauriti) né il proprio, diffuso malcontento.
Il timore, infatti, che questa ribellione estrema potesse fare “altrettanto schifo” della speculazione sulle rivendite ha preso la forma di migliaia di messaggi (commenti) giunti alla band sul proprio profilo Facebook.
Code infinite, caldo asfissiante, nessuna assistenza ai 'pellegrini', nessun tentativo di socializzazione con propri 'simili' andato in porto. Traditori, stronzi, andate affanculo, non ho tempo, lavoro dodici ore al giorno, non ho intenzione di guidare quattro or per un cazzo di biglietto, vivo nei boschi del Montana e via dicendo. Premio simpatia – lungi da me ogni ironia – ad una fan che scrive: “Soffro di disturbo d'ansia e non socializzo mai con nessuno. Non ho bisogno che il primo coglione famoso mi dica che devo interagire con gli altri e fare amicizia.”.
Ciò che sicuramente sfugge a questi ammiratori, accecati dal disagio creato dell'iniziativa, è il coraggio con il quale artisti che potrebbero sedere sugli allori (vogliamo fare dei nomi?) prendono in mano la situazione nella speranza di dare vita ad un cambiamento (qualcuno ha ancora dubbi sul fatto che il rock sia un fenomeno politico?), e con la parziale certezza di pregiudicare la fedeltà di molti dei suddetti seguaci.
Il pesce puzza dalla testa – capite? È la mancanza di palle di chi sta al vertice – ad ogni vertice – a costituire il problema.
Sicuri che non avessimo tutti noi la necessità di sentirci dire, chiaro e forte, scaricate pure la nostra musica illegalmente ed uscite di casa e fatevi una cazzo di coda ed acquistate i biglietti ed andatevene affanculo?
Non è forse questo che, inconsciamente, molti di noi vorrebbero sentirsi dire dalla politica tutta?
Cold And Black And Infinite, lo spettacolo 2018 dei Nine Inch Nails, ospiti The Jesus And Mary Chain, non ha in previsione nessuna data italiana.
Meditate, gente.
Meditate.

domenica 29 aprile 2018

LA BAMBINA CHE DIVENNE TARTARUGA. Una storia semplice.


Ho regalato a mia figlia una tartarughina lavorata all'uncinetto, cucita secondo i dettami di una recente tradizione pop giapponese, conosciuta con il nome di Amigurumi. L'ho comprata ieri sera, con offerta libera, al termine di un incontro voluto dall'associazione Spazio Iris, ente di formazione milanese, con il patrocinio dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia, che ha ospitato l'evento nella propria sede di Piazza Castello. Titolo della serata: “Madri che uccidono: quale prevenzione?”. Ospite d'onore: Susan Hatters Friedman, docente di origine statunitense oggi di stanza in Nuova Zelanda, figura di riferimento internazionale nel campo del figlicidio e della salute mentale. Vi ho accompagnato mia moglie, che è del settore e ha fatto sì che persino un paria come me potesse sedere in prima fila in una platea di specialisti.
Mi è riuscito di mantenere alta la soglia di attenzione per circa un'ora, dopodiché i casi in esame, i dettagli, le statistiche, le considerazioni personali, il materiale fotografico e l'indicizzazione delle sottocategorie, esposti tutti in maniera pacata, sicura e lucidissima dalla professoressa Friedman, hanno cominciato ad avere la meglio su di me, dando vita a riflessioni, fantasie, immagini horror, considerazioni personali ed un mix di pietà ed angoscia.
L'approccio alla materia della professoressa Friedman – è sembrato di capire – si caratterizza per la sua particolare attenzione agli aspetti preventivi del problema, del tutto, o quasi, tralasciando quelli criminologici e punitivi. In soldoni: preservata la facoltà di ognuno a giudicare coloro che si rendono protagonisti di gesti tanto sconvolgenti, nel farlo siamo tutti invitati a prendere in considerazione le gravissime patologie, spesso sottovalutate o ignorate, in grado di determinare, nelle donne, la messa in atto di progetti criminosi altrimenti inconcepibili.
Premesso tutto ciò, e così tornando alla nostra tartarughina, messa in vendita con finalità benefica come parte di un piccolo lotto di identico artigianato, non dovrebbe sorprendere scoprire che la sua creazione è proprio frutto del lavoro minuzioso di una madre passata per l'esperienza del figlicidio (una bambina, è stato specificato), ed oggi in cura presso una delle professioniste presenti all'incontro.
Stamane, al risveglio, recatomi in cucina per la colazione, mi sono trovato faccia a faccia con tartarughina, depositata sul tavolo al rientro a tarda notte.
L'ho messa sul palmo della mano, similmente a come si farebbe con un vero cucciolo della specie, avendo in comune con questo le esatte dimensioni.
Osservandola per qualche secondo, ho avuto un'illuminazione. Sono ritornato con la mente al tavolo dove stava in vendita. Ho ricordato le fogge e, appunto, le dimensioni dei pezzi. Oltre ad altre tartarughine, vi stavano conchiglie minuscole, stelle marine delicatissime, piccoli pulcini e piccoli Calimero. Tutti colorati in maniera composita e tutti resi originali dalla diversa scelta dei colori.
La bambina doveva essere molto piccola.
Tartarughina è un piccolo capolavoro. Ogni punto di uncinetto risulta del tutto identico agli altri. La simmetria delle proporzioni, dei colori, dei disegni sul guscio e sul ventre, realizzati tirando singoli fili sopra il corpo ad uncinetto tradiscono una precisione e una cura estreme.
Una tale cura denota non solo lucidità e grande attenzione al dettaglio, ma un amore immenso per il 'vero' destinatario di questa realizzazione.
Ci siamo guardati per un po', con tartarughina. Mi sono ritrovato con gli occhi lucidi. E ho la presunzione per dire che anche tartarughina debba avere versato qualche minuscola, invisibile lacrima. Forse una delle tante che, nel cucire queste meraviglie per la propria bambina, questa madre avrà certamente versato su ogni singolo pezzo, così rendendolo unico e dolorosamente rappresentativo. Lacrime per la piccola, che questi doni non potrà ricevere; per tartarughina, come la sua fantasmatica destinataria destinata a restare piccola per sempre; per questa madre sommersa dal dolore; per noi e questa vita bellissima, in realtà ingiusta e difficile.
Le mani che con tanta cura e precisione hanno realizzato quella che può considerarsi agli effetti una piccola bambola, sono le stesse che hanno compiuto il più inaccettabile dei crimini. Eppure...
Sono certo che questa madre, non fosse stata obnubilata dalla malattia, non fosse divenuta 'altra da sé', si sarebbe presa cura della sua bambina con la stessa attenzione devoluta, oggi, nella realizzazioni degli amigurumi. Così come non ho dubbio che questi lavori siano, in realtà, tutti per lei, per la sua bambina, intravista, oggi, in tutti i bambini del mondo.
La grande lezione della psicologia perinatale, purché si sia disposti ad apprenderla, è questa: vi sono fragilità cui tutti siamo soggetti, e la loro accettazione dovrebbe renderci persone culturalmente più evolute, ma soprattutto meno giudicanti nei confronti di queste madri - queste donne - apparentemente impazzite.
È bello pensare che, al mondo, esiste  una categoria di persone, di professionisti, la cui missione è prendersi carico di tutto ciò.
Da oggi tartarughina ha un nome.
Si chiama Luz.

martedì 10 aprile 2018

RAI: NESSUNO ESCLUSO. A Nemo chiunque può essere ospite.


Mi sia concesso, in questo tempo di quaresimale attesa per il nuovo film di Paolo Sorrentino, commentare alcuni degli orrori visti ieri l'altro nella puntata settimanale di Nemo-Nessuno Escluso (Rai2).
Un programma che già nel titolo sembra contenere la propria maledizione e la propria cifra autorale.
Perché davvero nessuno, in Nemo, sembra escluso dal vedersi tributato il proprio personalissimo momento di celebrità warholiana, considerato che, a chiosare servizi che spaziano dall'economia all'ambiente, dal crimine allo spettacolo, dal costume alla politica internazionale, ieri l'altro sono stati fatti accomodare, insieme, sul divano della trasmissione, tre ospiti improbabili e difficilmente amalgamabili quali Rossella Brescia, Enrico Bertolino ed Alberto Matano.
Una soubrette, un comico, un conduttore di telegiornale.
Da quando il curriculum di soubrette Mediaset, qual è a tutti gli effetti quello di Rossella Brescia, costituisce titolo idoneo per essere proposti come opinionisti di riferimento su qualsivoglia tematica - in particolar modo in seno alla televisione pubblica (risposta: da quando il protagonista di Loro è sceso in politica ed ha dettato le regole, e tutti, con poche eccezioni, vi si sono adeguati all'istante)? Quale il fine del suo contributo?
Di Enrico Bertolino penso si possa dire tutto tranne che è divertente e fa ridere. Il suo è un umorismo da manager. Non è coltivato e si abbatte, inoffensivo, sulle sue intolleranze personali e materiali. Ha costruito una carriera di successo scherzando su tutto e non infastidendo nessuno. A quale titolo parla noi, quindi? Dall'alto di quale cattedra?
Alberto Matano, scopro nel corso della puntata, è l'uomo di punta del TG1, e quindi presente in trasmissione a fornire l'obbligatorio punto di vista giornalistico. Ora, non so quanti di voi seguano il TG1. Ma, se solo lo si è fatto una volta con attenzione, ci si rende subito conto, da una parte, dell'inadeguatezza del servizio erogato, dall'altra, della sostituibilità costante dei suoi conduttori, il cui apporto redazionale è sicuramente pari a zero. Quale eroico esempio di giornalismo dovrebbe perciò suggerire la sua presenza in studio?
Le risposte dei tre, come volevasi dimostrare, sono state opportunamente all'insegna del generico, del vacuo e del non-detto. Nessun apporto specifico. Vieto buon senso di un livello riscontrabile in ogni bar del paese aperto dalle 6:00 fino a sera. Mi sono sentito offeso come spettatore e defraudato come abbonato.
Il colpo di grazia, però, e stato inflitto dal rapper Rocco Hunt e dalla conduttrice Valentina Petrini.
Il primo, anch'egli chiamato come ennesimo ospite a commentare in forma di rap (!) l'ennesimo servizio sull'immancabile sacca di disagio dell'hinterland campano, ha messo in campo tutto il suo coraggio civile quando, interrogato dalla conduttrice, si è rifiutato di dichiarare per chi avesse votato il 4 marzo scorso. “Per non influenzare il voto”, ha spiegato. Stato confusionale. Pezze al culo. Altro apporto mancato. Peccato: l'avesse fatto, magari oggi avevamo una maggioranza. E un governo. Straight Outta Posillipo, Rocco.
La seconda ha invece tradito il proprio asservimento all'ideologia subdola e strisciante che sembra permeare l'intera quota dei suoi interventi. Il programma è trasmesso in diretta, ed in tale modalità è stata data dalla nostra la notizia della morte, nell'area del milanese, di un vigile del fuoco intervenuto in un'emergenza. Petrini chiede al pubblico, rimasto sorprendentemente composto, “un bell'applauso”, che naturalmente ottiene per inerzia. Santo subito, a cadavere ancora caldo. Siamo ai professionisti del sociale profetizzati da Giorgio Gaber, o, per dirla alla Sorrentino, a “quelli tutti dediti alla lotta, alla rivendicazione, al comizio facile e al sudore diffuso sotto l'ascella...”.

Cosa non si fa, in certi ambienti, per un cadavere da strumentalizzare.
Non paga di ciò – evidentemente le sono state impartite precise istruzioni da rispettare -, in chiusura di trasmissione, nel bel mezzo di saluti sbraccianti, musica, applausi finali e luci stroboscopiche, Petrini ha voluto gridare un grande abbraccio alla famiglia del deceduto.
Famiglia che, in conseguenza di ciò, ipotizziamo, ora si sentirà sicuramente più sollevata. E che certo avrà atteso la restituzione della salma tra le mura domestiche, seduta davanti la televisione, a guardare Nemo insieme a parenti, amici, conoscenti, vicini di casa e semplici passanti.
Nessuno escluso.

martedì 27 marzo 2018

'CACCA' A OTTOBRE ROSSO. Per volontà USA, la Russia torna ad essere il nemico pubblico n°1.


Mettiamola così.
Se persino Matteo Salvini e Giorgia Meloni (!) possono esprimere un'opinione sul caso Skripal, e vederla trattata come rilevante e degna di pubblicazione da coloro che l'hanno vuoi richiesta vuoi ricevuta (la stampa), va da sé che pure io, allora, posso sparare la mia, al riguardo. Ad alzo zero e senza scrupolo alcuno.
L'espulsione sincronizzata dei diplomatici russi dalla quasi totalità del mondo cosiddetto occidentale, in seguito all'avvelenamento della spia russa rinnegata Sergej Skripal e della figlia, avvenuta nel Regno Unito il 4 marzo scorso, fornisce, a tutti coloro che vogliano dedicarvi un minimo di approfondimento ed una analisi attenta, il preciso tracciato cardiologico delle simpatie, delle alleanze, delle sudditanze e dei rispettivi 'pesi specifici' dei paesi coinvolti.
Prima ancora dell'accertamento dei responsabili del crimine, va ricordato che l'avvelenamento in questione ha avuto luogo in un paese che da quasi due anni ha ufficiosamente interrotto i rapporti con l'Unione Europea, e che da altrettanto tempo si esibisce nel tentativo, altalenante e non ancora ufficialmente riuscito, di stabilire i termini legali (spese) del divorzio. (Avete presente la proprietà che abbandona il condominio e trascina per mesi l'assemblea in convocazioni straordinarie al fine di stabilire gli importi dovuti e relative scadenze, senza poi giungere, però, al loro saldo? Stessa cosa.). Non ha aderito alla moneta unica. Ha ratificato i trattati proposti per mera convenienza commerciale, adeguandosi ad essi sempre alle minime condizioni contemplate. Ha creato l'illusione di un paese dai confini aperti, ma non ha mai evitato a noi europei, in realtà, l'attraversamento di un'odiosissima frontiera con tanto di controllo documentale. Al termine di questo percorso, che definiremo eufemisticamente ' di integrazione', l'indizione dell'imbarazzante referendum per la permanenza nell'Unione, tenutosi nel giugno del 2016, ne ha imposto l'uscita per mezzo del processo politico - come si diceva pocanzi, ancora in corso - conosciuto ai più attraverso l'orripilante neologismo anglo-latino di brexit.
Ora, succede che 'la Banda dei Cuori solitari del Sergente Pepper' realizzi che, oltre a caprini e suini, nella propria mitologica campagna risiedono spie russe di vario titolo e splendore, e che il loro 'soggiorno' non è semplicemente solitario-contemplativo, bensì caratterizzato dalla presenza e dalle visite regolari dei 'colleghi' – molti dei quali, sembra di capire, con dei conti in sospeso. Questa, al momento, la versione ufficiale UK. Un bel problema. Specie se lo si somma alla scia di attentati, rivolte sociali e malcontento politico che ha attraversato il Regno Unito a partire dalla fatidica data della brexit. Cazzi loro, vien da dire. Hai voluto la bicicletta? Macché...
Il Regno Unito, messo alle strette dalle proprie scottanti questioni interne, si rivolge all'alleato storico (se non sapete qual è, chiudete immediatamente questa pagina, per favore), al quale chiede man forte, non potendo più, quanto meno per ragioni di facciata, chiederla all'unione della quale non fa più parte. Detto fatto.
Gli Stati Uniti d'America (che saluto caldamente: è fuori di dubbio che i suoi apparati di intelligence abbiano già letto e schedato questo mio scritto) non si sono fatti attendere, confermando così un pattern storico. Nella notte, 60 diplomatici russi accreditati sono stati espulsi dal paese, unitamente ai quattro del Canada (obbligatori: avere gli USA al confine, si sa, è come avere per vicino il classico che dimentica uova, zucchero e pane ed è sempre attaccato al tuo campanello: è difficile dirgli 'no') a chiudere il blocco nordamericano. Dall'altra parte dell'oceano, il Regno Unito, parte in causa, ne restituisce alle dacie 23, seguito dall'Ucraina con tredici (comprensibile, visti i trascorsi) e dall'Albania con due (quando uno stato ha il peso politico dell'Abruzzo, gli si fa fare quel che si vuole).
Il dato sorprendente, però, è quello riguardante l'Unione Europea, che ci aspetterebbe fuori dai giochi, sulla base di quanto sopra esposto. Mai dire mai. Evidentemente ben pressati – o forse è meglio dire 'torchiati' – dagli 'alleati', quattordici stati dell'Unione, tra cui l'Italia (mai farsi mancare un'occasione per prenderlo in culo) hanno espulso in pregevole sincronismo 30 ex compagni. Persino realtà nazionali imbarazzanti come Romania, Lituania e Polonia non hanno mancato di dare il loro contributo (a ben vedere, forse l'unico da quando entrati nella comunità).
Da oggi, quindi, sappiamo tutti chi è il nemico da battere. Siamo tornati alla caccia ai 'rossi'. Forse la questione ISIS ha perso di forza, ultimamente. Mai restare senza un nemico comune: ne va della comunanza di intenti.
Non nutro simpatia per il paese di Vladimir Putin, e neanche per Putin stesso.
Ma che gli Stati Uniti pretendano, oggi, di vedere condivise le proprie paranoie, vere o presunte (all'epoca di McCarthy, almeno, l'orrore delle liste non travalicò i confini), trovando persino, in asservimento a tale iniziativa, la prona accettazione del 50% dei governi dell'Unione, non fa ben sperare per la prosperità di quest'ultima, né, tantomeno, per il suo futuro prossimo ed il proprio sviluppo politico.