Un genio dal cuore grande:David Foster Wallace (1962-2008) |
Radio
Freccia nasce nel 2016 sulle ceneri di Radio Padania Libera, dopo che
il 'direttore' di quest'ultima (l'Onorevole Matteo Salvini) ed il suo
'staff di specialisti' (uno spedizioniere di Lambrate e il di
questo cugino), realizzato (momento di rara lucidità) che gli
ascolti erano 'un po' giù' (praticamente me e gli iscritti alla
Lega, ma non tutti) ne immisero le frequenze sul mercato.
Radio
Freccia si ispira, almeno nelle intenzioni, all'atteggiamento
piacevolmente anarchico delle cosiddette radio libere che
caratterizzarono l'etere nazionale nella seconda metà degli anni
'70. Nello specifico, all'estetica di quel tempo come
sorprendentemente messa in scena nel film omonimo di Luciano Ligabue,
risalente, ormai, a ben 22 anni fa (non un capolavoro, sia chiaro, ma
neanche una prova deludente ed imbarazzante quale fu, poi, sull'onda
dell'entusiasmo per i buoni risultati del film d'esordio, Da Zero A
Dieci). I punti fermi dell'emittente sono, quindi: una rivendicata,
anacronistica libertà di parola, un repertorio in linea, quanto più
possibile, con quello dei '70, e un comparto di conduttori
particolarmente ciarliero. Fin qui, nessun problema. È come leggere
l'etichetta dei prodotti del supermercato e trovarvi corrispondenza
all'assaggio. Non fosse che, ieri l'altro (29 aprile), uno dei
conduttori, rispondente all'ambiguo nome d'arte di Nessuno, ha
cercato, penso inconsciamente, l'endorsement culturale (di
chi, poi, non si sa) citando, malamente, David Foster Wallace, e pure
invitando gli ascoltatori a leggerne un titolo specifico (Roger
Federer Come Esperienza Religiosa). A motivare cotanta proposta, la
banale, fortuita corrispondenza tra il giorno della messa in onda del
programma (Terra di Nessuno), il compleanno dell'ex campione di
tennis Andre Agassi e la scoperta – si ignora se da parte di
Nessuno o da quella della redazione - della grande passione che lo
scrittore statunitense nutriva per questo sport. Ciliegina sulla
torta: l'invito da parte del conduttore ad affiancare il testo di
Foster Wallace a quello autobiografico del sopracitato Agassi, Open, in un involuto esperimento di letteratura comparata.
Ciliegina che, purtroppo per gli autori dell'emittente – ammesso che ve ne siano –, si è subito trasformata in buccia di banana. Vero e
proprio fagocitatore di libri, Foster Wallace aveva ammesso che, di
questo tipo di pubblicazione - ”l'autobiografia di
un-campione-«con»-qualcuno”
- ne aveva “comprati e letti a bizzeffe”, ma sempre “mettendoli
sotto qualcosa di più intellettuale” quando andava alla cassa. Li
trovava “ambivalenti e imbarazzanti”, per quanto spesso
risultavano scritti male, dichiarando persino che la lettura di
quella del suo idolo, la tennista statunitense Tracy Austin, aveva,
per i succitati motivi, “definitivamente estinto” la sua passione
per il genere. Potete trovare tutto questo nella raccolta Considera
L'Aragosta, insieme ad altri scritti di così alto livello da restare
a bocca aperta. Che Open sia successivo alla scomparsa di Foster Wallace, non cambia di una virgola queste considerazioni.
Sono
certo che Foster Wallace non sarebbe esattamente a proprio agio nello
scoprire che uno come me ha preso le sue difese. Sono stato uno
studente mediocre; ho sviluppato l'abitudine alla lettura e alla
scrittura solo in età adulta; non sono andato all'università; non
ho mai praticato il tennis; sono venuto a conoscenza degli effetti
devastanti della depressione solo dopo aver sposato una
psicoterapeuta, ed ho letto la sua opera quando già si era impiccato
da tempo. Ma questo sporco lavoro, qualcuno dovrà pur farlo –
visto che certe sparate rimangono puntualmente impunite.
Quello
che mi ha dato fastidio, nell'imbattermi in un consiglio di lettura
così strabico, è stato non tanto il livello della proposta (non c'è
motivo di adirarsi di fronte ad una proposta 'alta', specie se fatta
con autentica passione di lettore) quanto il contesto che l'ha
partorita. Basta un ascolto casuale dell'emittente per rendersi conto
che la lingua ed i temi del giorno (a volte persino assenti,
sostituiti da quel chiacchiericcio che proprio Foster Wallace aveva
rinominato come 'fuffa') non sono esattamente una priorità. Refusi
grammaticali e sintattici, solecismi, vocabolario basic, frequente
afasia, abuso dell'onomatopea, dosi pesanti di metano linguistico. Da parte della conduzione come degli
ascoltatori (una sola eccezione: la presenza in squadra di Roberto Pedicini, alias Bob Revenant, voce che ha reso ancor più straordinari alcuni dei film più belli degli ultimi 25 anni). Foster Wallace – è utile ricordarlo – era un genio
dal cuore grande, ma pur sempre un secchione dagli ottimi voti, a partire dalle
elementari fino al dottorato, figlio di insegnanti e, a sua volta,
professore di letteratura. Un integralista della lingua, quasi un
ossessivo, attentissimo nella scelta delle parole come dei temi - sempre partendo dal
presupposto che si debba aprire bocca solo avendo chiara l'urgenza
dentro di sé di qualcosa da dire. Uno scrittore che poco dopo i
30'anni aveva realizzato uno dei libri più importanti e straordinari di
sempre.
Ecco.
Vivere di sciatteria linguistica, perché più facile, easy,
poco impegnativo; impiegare il lessico da Bar Mario dell'autore di Radio Freccia per rivolgersi ad una audience che quella lingua solo parla e conosce, ma poi citare e financo consigliare Foster Wallace perché 'fa figo', è presuntuoso, urticante ed
inaccettabile.