martedì 21 aprile 2020

ONE WORLD. L'ipocrisia senza limiti delle 'star' del 'pop'.


Senza parole.
So di insistere non poco sul tema, come fosse una questione di vita o di morte. Come vi fosse, in questo, qualcosa di personale (e qui, un fondo di verità, c'è: da giovane, volevo fare il musicista, ed ancora, nei momenti di delirio, mi crogiolo in questo sogno divenuto velleità). Ma trovo sconcertante che, tra le notizie che si suppongono di rilievo, in questo momento di emergenza, trovi posto la “lettera d'amore per il mondo” (così è stata definita One World nel giornale-radio di Radio Rai 3) di Lady Gaga, Rolling Stones, Andrea Bocelli, Zucchero Fornaciari, Elton John, Paul McCartney, Stevie Wonder, Chris Martin, Billie Eilish, Michael Bublè, Eddie Vedder, Bruce Springsteen ed altri grattaculi dello spettacolo. Sconcertante che un notiziario dia voce a simili figuri. Sconcertante che si possa credere alla sincerità, al disinteresse di una simile iniziativa. Così come è sconcertante realizzare quanto inappagabile sia la sete di fama, di riconoscimento, di gratificazione personale, di visibilità da parte di artisti il cui successo non è certo in via di consolidamento, bensì acclarato (in alcuni casi, da decenni). Prendete i Rolling Stones. Un gruppo nato con i Beatles, la cui ricerca sonora si è fermata nei primi anni '70, e che, una volta azzeccata la formula, si è trascinato indifferente lungo i decenni senza più partorire una nota o una parola con un minimo di rilievo, ma sempre, costantemente salutato dal successo. Ci si aspetta che persone così si sentano professionalmente soddisfatte: tasche e pance piene, riconoscimenti planetari anche a fronte di prodotti vergognosi, contratti pubblicitari milionari e sempre, costantemente sulla cresta dell'onda. Cristo: hai quasi 80'anni. Avrai voglia anche tu di andare in pensione, dopo un vita di rock 'n roll, no? Di rinchiuderti in un anziano silenzio da rendita milionaria. No. Sono così dipendenti dagli omaggi che un seguito di babbei ha tributato loro attraversando due generazioni, che anche nel mentre si cambiano il catetere, loro scrivono - si fa per dire – la “lettera d'amore al mondo” (si noti, qui, l'impronta magalomaniacale: per un pubblico al di sotto del miliardo di persone, questi, non muovono un dito). Perché senza quel mondo – e qui sta la mia tesi -, senza quell'idea di consenso planetario costante, senza la tranquillità conferita dalla certezza dell'ovazione anche a seguito di una scorreggia nel microfono, lor signori non riescono a fare nulla, neanche prendere in mano una penna. Nessuno sembra realizzare che questi esseri decrepiti ci parlavano – per modo di dire – negli anni '60 e pretendono di fare lo stesso anche oggi, con in più la presunzione di avere ancora qualcosa di buono da dire, di essere autorevoli, come un premio Nobel che parla a distanza di anni. Con tutto quanto si può dire, in termini critici, di Massimo Recalcati autoproclamato fan di Matteo Renzi e, subito dopo, titolare di un programma su Rai 3 sostanzialmente incentrato sulla propria persona, è sua la tesi, che pienamente condivido, sui padri incapaci di consegnare ai figli un'eredità, sia essa spirituale, materiale o composta di entrambi gli elementi, perché incapaci a compiere quel passo indietro senza il quale non c'è trasmissione che possa avvenire (certo: la tesi, se pensiamo ora in cosa è consistito il renzismo, è capziosa, ma rimane, a mio parere, assai condivisibile, e la si può trovare nel libro-intervista Patria Senza Padri). “Uscire di scena, saper tramontare, è la saggezza più grande perché rivela la capacità di non credere troppo al proprio Io, a quell'Io che crediamo di essere e che Lacan definiva come la 'follia più grande' dell'uomo.”. Tesi non facile, se si è a corto di concetti di psicoanalisi, ma estremamente esatta, mi permetto di dire. Gli Stones sono i padri abbarbicati alla chitarra e alla cassaforte, determinati a non mollare né la prima né, tantomeno, la seconda. I fan e gli organi di informazione (ormai puntualmente acritici e prostrati ad ogni sorta di logica commerciale) i figli destinati a ricevere da questi padri, quando sarà il momento, null'altro che una manciata di polvere. Il discorso vale, naturalmente, per tutti gli altri. Molti hanno rappresentato un'epoca: gli altri, più semplicemente, una o due stagioni della nostra vita, se va bene. Nessuno – dico: nessuno – ha però il merito – la grandezza – di averci consegnato parole che possano oggi, in questa emergenza planetaria, costituire un approdo di senso e quindi dare conforto alle tante vite più o meno devastate da quanto sta accadendo. Quello della pietà rappresenta il più ignobile dei ricatti: vuoi salvare il mondo dal Coronavirus? Seguici – dicono gli artefici di One World -, e noi aiuteremo i poveri medici ed infermieri che lo stanno combattendo. Per inciso: gli stessi medici ed infermieri che in questi venti e più anni hanno fronteggiato, nell'indifferenza di lor signori, impegnati come erano nella promozione dei loro rispettivi spettacoli e in infiniti eventi legati a questi, emergenze sanitarie ed umanitarie devastanti, molto spesso in prima linea. Che nessuna voce critica si alzi per biasimare questi professionisti dell'ego, è un dramma culturale di portata pari all'epidemia in corso.

Nessun commento:

Posta un commento