Quando, tre anni fa, ebbi l'idea di
Sala Colloqui, disponevo di sufficiente presunzione da credere i miei
scritti degni della massima rilevanza.
È un'illusione pericolosa ma
necessaria, senza la quale non è dato creare alcunché.
Il concetto è espresso con grande
eleganza e leggerezza ne La Grande Bellezza, di Paolo Sorrentino,
quando il protagonista, Gep, cerca di spronare l'amico Romano,
bloccato da una soggezione artistico-letteraria, a scrivere qualcosa
di proprio: “Pensi sempre che tutti gli altri siano meglio di te,
ma non è così. Perché non scrivi qualcosa a cui tieni veramente?
Un sentimento, oppure un dolore. Purché sia qualcosa di tuo.”.
Prima di allora, avevo
sostanzialmente cessato di frequentare 'la rete'. Scelta saggia
quanto coraggiosa, cui però, come risulta evidente, fece seguito una
ricaduta.
Ero stato invitato da un amico a
farvi ritorno, e l'invito giunse in un momento, diciamo così, di
debolezza. Non mi andava di negargli l'agognata amicizia digitale, e
al tempo stesso ero riluttante a riaprire il confronto con la miseria
del mondo social – che è poi la miseria del vivere
contemporaneo.
Volevo differenziarmi, purgandomi di pensieri, parole, opere ed omissioni che, da allora,
resi pubblici a questo indirizzo.
L'esordio fu un pezzo dedicato al caso di Aylan Kurdi. Mi sembra ancora oggi una prova
onesta, scaturita dall'urgenza di dare un senso - se possibile - ad un
evento che aveva turbato parecchie mie notti.
Sala Colloqui, con oltre 80 titoli
all'attivo, è stato, da allora, un contenitore di confessioni,
opinioni, velleità editoriali, idiosincrasie, passioni,
fustigazioni, frustrazioni, polemiche, parole al
vento, ricordi, impressioni e qualche recensione.
È stata visitata, ad oggi, circa
12.000 volte. Alcuni posts hanno avuto la gloria del migliaio,
altri l'umiliazione delle poche unità. In nessun caso è dato sapere
se alla visita corrisponda una lettura completa della pagina. Ogni
posts è redatto secondo l'elementare regola delle scuole di
scrittura statunitensi, che prescrive un massimo di settecento parole
per esprimere il proprio pensiero in maniera chiara. Non è inoltre
dato conoscere se le cinque visualizzazioni – i parenti, in pratica
– di alcuni di essi siano dovuti alla scelta del tema, alla qualità
della scrittura, alla forma o al tono impiegato. Questo, il servizio
statistico di Blogger, non lo dice. Non si occupa di rilevarlo ed
eticamente non vi è tenuto: si suppone i 12.000 e passa di
potenziali lettori di Sala Colloqui lo rendano noto all'autore
attraverso gli ipermoderni strumenti della preferenza e del commento.
Se da una parte il bisogno di
consenso – il like – denota una certa fragilità
dell'autostima, dall'altra rappresenta un termometro sufficientemente
attendibile del favore riscontrato. Ma questo tipo di preferenza,
quando non articolato da un commento pertinente, tradisce anche un
giudizio impulsivo, distratto, di passaggio, di facciata. Mi fa
tornare alla mente la risposta severa del padre-padrone intellettuale
in Captain Fantastic, di Matt Ross, quando una delle figlie definisce
l'ultima sua lettura, Lolita, di Vladimir Nabokov, “interessante”:
“Interessante è una non-parola […]... Sii più chiara.”.
Definire Lolita in maniera così lapidaria, un libro che ispirò
Stanley Kubrick ed ancora oggi è in grado di parlare alle nuove
generazioni, significa effettivamente abdicare alle proprie facoltà
interpretative e critiche.
Sala Colloqui è un blog a
feedback-zero. Non ha partorito i grandi dibattiti che erano
nelle sue intenzioni. Non ha nemmeno attivato i pitbull di Facebook,
solitamente vigili e fulminei nello sferrare l'attacco quando
individuano anche solo un modesto argomento che faccia da pretesto.
Certo: non può spartire alcunché con la vetta letteraria appena
menzionata. Ma neanche, mi permetto, con l'ammasso di posts
preconfezionati, autoreferenziali, esibizionistici, che
quotidianamente intasano 'la rete'.
Un solo post è stato rimosso,
su richiesta di un'amica, lettrice del blog, in quanto contenente un attacco reputato gratuito. Aveva ragione, e me ne
scuso.
Detto questo, vi sono state anche
grandi soddisfazioni, attestazioni di stima sincere ed appassionate.
Su tutte: Petra Magoni, che replicò prontamente alla recensione sul suo concerto; Spazio Iris, attraverso i suoi iscritti, per il resoconto della serata con Susan Friedmann; Alessandro Maria
Carnelli, quando scrissi della prova d'orchestra che lo vedeva sul
podio, ed altri ancora.
Ringrazio tutti: le vostre parole mi
hanno fatto sentire meno solo, ed hanno fatto un gran bene.