sabato 28 luglio 2018

RE PER UNA NOTTE. Pat Metheny 'live' all'Arona Music Festival.


Su artisti del calibro di Pat Metheny, esibitosi mercoledì scorso (25 luglio) alla Rocca Borromea di Arona (location strepitosa, apprezzata sia dai musicisti ospiti che dal pubblico pagante), non c'è davvero nulla che un umile scrivano come me possa dire, a meno di scadere nell'ovvio, nel già-detto, nel già-sentito. Quarant'anni di carriera ed almeno due dischi che hanno rivoluzionato non solo e tanto lo stile chitarristico dominante al tempo della loro pubblicazione (Song X, del 1986, e Question And Answer, del 1990), quanto il modo con il quale coloro che fanno musica concepiscono l'approccio all'improvvisazione di matrice jazzistica, converrete non lascino ampio margine di manovra a chiunque si proponga di suggerire qualcosa di nuovo in questo comparto.
L'unico apporto, quindi, che possa dirsi improntato ad un minimo di pubblica utilità – per quanto provinciale, campanilistico e da cronaca di giornale locale -, risulta essere il tentare di contestualizzare quello che per Arona è stato l'evento dell'anno (per questo concerto sul lago, il chitarrista statunitense ha saltato a piè pari la potenziale ed attesa data milanese).
Completamente dimenticate, quando non addirittura ignorate, negli ultimi venti anni, sulla sponda cittadina hanno avuto luogo le esibizioni di – cito a memoria -: Billy Cobham, John Scofield, Chick Corea, Steve Grossman, Jason Moran, Carla Bley, Michel Petrucciani, Brad Melhdau, John Abercrombie, Peter Erskine. In parole povere, alcuni tra i musicisti più importanti del panorama jazzistico internazionale. Artisti senza il cui contributo – è utile dirlo – la nostra fruizione musicale sarebbe grandemente compromessa in termini qualitativi.
Ogni volta inseriti nei cartelloni di differenti rassegne, quasi tutte sorprendentemente defunte per questioni di bilancio, alcuni degli artisti citati hanno tenuto esibizioni divenute memorabili. Su tutte, quella di Petrucciani, nel 1999, che proprio alla Rocca Borromea suonò, nella quasi assoluta certezza del poco tempo che gli restava da vivere (sarebbe mancato di lì a pochi mesi), e quella di Mehldau con il suo trio storico, quattro anni più tardi, alla Punta Vevera, concerto di rara bellezza che i tre suonarono in un incessante – e snervante - andirivieni del pubblico, dovuto alla gratuità della serata.
Oggi le cose sembrano stare alquanto diversamente.
Il pubblico dell'altra sera, numerosissimo, è risultato composto, attento, ammirevolmente silenzioso. Ha compreso l'irragionevolezza della gratuità. Come si diceva in apertura, è rimasto estasiato dalla bellezza del parco, dalla sua posizione, dal panorama, dalla suggestiva illuminazione dei resti della fortezza, dall'ambiente acusticamente non inquinato (caratteristica, questa, assai rara, oggi).
Le persone – e, al di la degli ingaggi, gli artisti stessi – sembrano stanche di concerti lucrosissimi ed organizzati in luoghi squallidi, inadeguati, quali stadi, palazzetti, parcheggi convertiti in aree per piccoli e grandi eventi, impraticabili ed impersonali spianate di cemento.
Il potenziale dell'Arona Music Festival, e vengo al punto, sta qui: il disporre per i suoi appuntamenti della più bella sede all'aperto di tutto il Lago Maggiore.
Ma anche una sede che richiederà alle amministrazioni di oggi e di domani un impegno non di poco conto.
Si dovrà, anzitutto, trovare un modo per tutelare il verde, irrinunciabile per ogni città degna di questo nome, che il palco, le tensostrutture, i bagni chimici ed i tanti sederi che ne hanno assaporato la morbidezza, compreso il mio, hanno messo a dura prova.
Si dovrà fare il possibile per rendere la manifestazione un appuntamento con frequenza stabile, in modo da approntare e perfezionare, di anno in anno, un adeguato sistema di trasporto, culminante nell'ormai improcrastinabile parcheggio multipiano periferico alla città, e favorendone l'ambizione a divenire una grande isola pedonale del Lago Maggiore.
Infine andrà svolto un lavoro di integrazione del Festival con le altre realtà culturali già presenti ed attive da tempo: il Festival Organistico Internazionale, Il Festival Delle Due Rocche e La Primavera In Musica del Palazzo dei Congressi. Arona è una piccola realtà di provincia. La sua dimensione è il suo punto di forza. Essa non si presta alla concorrenza, bensì alla sinergia.
Il concerto di Metheny, alla fine, è risultato scontato. Mi spiego: era scontato che saremmo andati incontro ad una grande performance, ma priva di sostanziali sorprese. E così è stato.
Non era per nulla scontata, invece, la presenza alla batteria di Antonio Sanchez, musicista dal tiro nervoso, tendineo, una personalità musicale fortissima, capace, come ha dimostrato, di trarre a sé anche un mostro sacro come Metheny.
A fine-concerto, si sono esibiti in un duetto (Go Get It, dello stesso Metheny) con tanto di chitarra synth che ha portato entrambi fuori dagli schemi, in un territorio primitivo, poco battuto, dove la musica ha finalmente preso fuoco divampando.
È valso da solo l'intero biglietto.


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