Pubblichiamo,
di seguito, la trascrizione del discorso tenuto il 28 febbraio scorso
al Kodak Theatre di Los Angeles da Stefano Parenzan, in occasione della consegna dell'Oscar©
come migliore produzione sotto i settecento dollari (Filthy
Achievement Award)
assegnato a La Lingua Come Diga Alla Merda, scritto diretto ed
interpretato dallo stesso Parenzan. (Traduzione dall'Inglese di Olga
Fernando).
Grazie. Grazie a tutti.
Grazie di essere qui. Cosa devo dire. . .? È dura in questi
momenti, sapete? Trovare le parole giuste, può essere l'impegno di
una vita. Un grazie alla mia famiglia, quindi, a mia madre e mio
padre: l'unica cosa che avete preso in affitto, è l'appartamento
dove mi avete concepito. Sono fiero di voi. Grazie all'Altissimo; a
Cassius Clay, Alda D'Eusanio, Concita De Gregorio, Ron Jeremy, il re
della tisanoreica Gianluca Mech, DJ Francesco e i fratelli Savi:
senza di voi non sarei qui. Fare film, di questi tempi, non è
un'impresa facile. Si è soggetti ad attacchi e critiche di ogni
genere. L'ansia sociale che ne consegue non sempre è contrastata con
le necessarie forze - bruciate in tentativi spesso disperati di
preservare l'integrità del proprio progetto dagli attacchi di quelle
stesse persone che inizialmente lo hanno voluto con tanto fervore.
Con 'La Lingua' ho voluto portare alla luce una questione dolorosa
che, tra emergenze uterine ed umanitarie, sta silenziosamente
travolgendo il mio paese: gli italiani sono sempre più illetterati. Lo
dice l'OCSE; lo dice l'ISTAT e lo dice l'ISPES. Lo dice l'ITIS di
Arona. Lo dico io – che faccio spesa ogni giorno. Ignorano la loro
lingua, se ne disinteressano, la trattano con sufficienza [le
telecamere inquadrano Dave Grohl, preda di uno sbadiglio].
Nonostante la diffusione dei correttori automatici ignorano
ortografia e tipografia. Si atteggiano come se questa, la lingua,
fosse un orpello del quale disporre in maniera sregolata [di
nuovo Dave Grohl è inquadrato mentre ride con la moglie].
[pausa. si infervora] Scusate, ma se Leo [di Caprio,
n.d.t.] può permettersi un discorso del cazzo come quello di
poco fa. . . per il premio di una vita . . . [risate, fischi dal
fondo] Questi sono il mio pensiero e la mia poetica,
signori. Mi dispiace che alcune delle sensibilità presenti ne
vengano urtate. Ad ogni modo. . . Gli italiani sembrano non prestare
più cura al peso specifico della parola, scritta e parlata. Chi
parla male, pensa male e vive male. Non ricordo più chi l'abbia
detto. . . [dalla sala: “Jonh Wayne”. Risate] Oh,
sì: the Duke [applauso. SP si allontana dal microfono e
ride]. A tal proposito, vorrei citare un film che nella mia
formazione umana e cinematografica è stato seminale. Sto parlando de
Il Portaborse, di Daniele Luchetti. Lo vidi nel lontano 1991. Ero un
giovane studente di conservatorio, ed il cinema già influenzava
molto la mia vita, dai gusti narrativi ed estetici agli stili
comportamentali. Ma soprattutto il potere della parola, fosse essa
ben scritta o ben pronunciata; la potenza dei dialoghi; insomma:
l'arte della sceneggiatura. Era questa che inconsciamente mi eccitava
di più - l'occasione per godere di una comunicazione potente,
diversa da quella duramente concreta ed insoddisfacente del
quotidiano. Ricordo Nanni Moretti – il Botero del film di Luchetti
– qualche anno prima, dire: “Bisogna trovare le parole giuste: le
parole sono importanti”. Mi sembra il film fosse Palombella Rossa
[guarda le prime file]. Forza, ragazzi: l'era McCarthy è
passata da un pezzo [risate dal fondo]. Vabbeh. . . Sono certo
che Daniele Luchetti avesse ben presente quelle parole quando fece il
casting per il personaggio di Botero. E che questo abbia fatto
da filo rosso – spinato – tra il personaggio del pallanuotista e
quello del ministro. Ho sempre pensato che Il Portaborse, più che un
lavoro centrato sulla piaga endemica della corruzione morale della
politica italiana, fosse in realtà una denuncia sull'uso indecente e
strumentale che della lingua si stava facendo in ambito politico.
Quello fu il virus letale messo in circolo per mezzo di
intellettuali professionalmente frustrati come il Sallusti del film.
La ricerca di un linguaggio semplice, di cui egli viene incaricato, è
in realtà un'opera di omissione. Il compito del professore non è
quello di semplificare per includere, bensì semplificare per celare
e distrarre. La pellicola fu premiata per la brillante sceneggiatura,
e. . . [Leo Di Caprio e Kate Winslet sono inquadrati mentre
lasciano il Kodak Theatre] Vedo che più si parla e più si è
fraintesi. Lo diceva il grande Montanelli. . . [silenzio perplesso
in sala] Mi sembra di capire che non sappiate chi è. E dire che
il New York Times lo voleva in redazione. Vabbeh. [applausi]
Ehi, abbiamo italo-americani in sala. [risate, guarda Morricone]
Sono la nostra salvezza – vero, Ennio? [risate ed applausi]
Per concludere. Sono stato attaccato da alcuni critici che hanno
ritenuto la mia opera non all'altezza del film di Luchetti – dal
quale, secondo loro, dovrei prendere spunto. Mi si accusa di fare
impiego di un linguaggio esclusivo, e persino di essere un violento.
Si dicono certi che non riuscirò a modificare la mia cifra
stilistica nel senso di una maggiore semplificazione. A costoro
rispondo. . . [viene colto da malore, si accascia ed è portato
via dal palco]
Stefano
Parenzan è stato trasportato d'urgenza al Pittsburgh General
Hospital ed affidato alle cure del dottor Gregory House. Lo stesso
House ha rilasciato una dichiarazione al riguardo: “Ha un ego
smisurato. È questo il suo problema. Ma l'Inglese è davvero
eccellente. Specie se si tiene conto che è italiano”.