- […] mi lasci parlare del mio
accidentato, sofferto, ma indispensabile percorso d'artista.
-
Indispensabile a chi? Santo cielo, signora […]
(Paolo Sorrentino & Umberto Contarello, La Grande Bellezza)
(Paolo Sorrentino & Umberto Contarello, La Grande Bellezza)
Parlando della sua infanzia, mia
madre ha spesso ricordato di come l'immagine di Benito Mussolini,
massicciamente presente sui frontespizi di libri e quaderni
dell'epoca, incutesse in lei un timore generalizzato, pervasivo,
dettato dall'incombere di quel voluminoso cranio pelato sugli spazi
deputati all'iconografia di regime – cioè tutti.
A questo ho pensato, ieri sera, nel
vedere l'immagine di Elisa incessantemente rimandata sul maxi-schermo
del suo spettacolo.
Che non si dovesse avere dubbi, cioè,
su chi fosse la stella, la primadonna, la festeggiata, la prescelta
dal Signore, colei che appare alla Madonna, l'impavida condottiera.
Master and commander.
Colei cui la comunità canora
nazionale rende doveroso omaggio per riconosciuti meriti artistici.
'Elisa – 20 Anni In Ogni Istante' è
il titolo scelto per le celebrazioni canore dei vent'anni di carriera
della cantante, celebrati lo scorso anno, il 12, 13, 14, 15 e 16
settembre, all'arena di Verona con quattro concerti a tema: pop-rock,
acustica, orchestra, data aggiuntiva a grande richiesta, una ventina
d'ospiti d'onore sul palco, da Ornella Vanoni (!) ad Ermal Meta (!),
ripresi e mandati in onda da Canale5, in differita, sabato scorso.
Roba da giubileo di casa Windsor.
Ufficialmente
Ogni Istante è il titolo del singolo che Elisa ha voluto presentare
in esclusiva agli intervenuti. Ma senza privarsi del piacere del dirigerne lei stessa il videoclip, giusto per non farsi mancare nulla.Se 'In Ogni Istante', però, sia da intendere in senso limitativo ('ho sempre 20'anni', molto femminile) o cronologico ('ora ti racconto ogni singolo momento', stile diapositive-del-matrimonio), non è dato sapere.
Probabilmente nemmeno Wolfgang
Mozart, che fu un genio ed un enfant prodige, considerò mai
se stesso in termini tanto megalomani o anche solo meritevoli della
piaggeria vista in azione all'arena.
In nessun altro modo, infatti, credo
si possa intendere l'imbarazzante sfilata dei V.I.P.s
della canzone italiana che, di fronte all'invito della cantante
friulana, hanno soggiaciuto non solo al gettone di presenza, ma
persino al suo ottenimento previo inchino ed omaggio floreale a sua
santità.
Ero rimasto alla consuetudine del compleanno a spese del festeggiato,
retaggio delle feste delle medie e di quelle successive per il
conseguimento della maggiore età.
Qui
siamo di fronte, invece, ad oltre cinquantamila persone che, per
prendere parte alla festa, hanno pagato tra i trentacinque ed i
centonovantanove euri.
Poco ci mancava che dovessero pure portare il regalo.
Seduta
al pianoforte; con la chitarra elettrica a tracolla o quella acustica
sulle gambe; al bongo o semplicemente con il microfono in mano,
Elisa è alternativamente circondata da ballerini che danzano intorno
a lei non visti, come una schiera di angeli custodi; accompagnata da
un coro di voci bianche femminili; messa in onda sul maxi-schermo o
posizionata al centro di un'orchestra sinfonica. Elisa vuole essere
la colonna sonora che precede la nostra resurrezione.
La
musica di Elisa, vi piaccia o no, è christian pop.
Per
tornare a noi, qui non è in discussione la bravura, la tecnica
strumentale o l'esperienza nel saper calcare un palco, di certo
conseguita dopo una dura gavetta.
Qui
si discute l'assoluta mancanza di ogni senso del limite. Della
percezione della propria persona artistica. Del peso specifico della
propria produzione. Di artisti la cui missione sembra essere
esclusivamente la messa in campo spudorata di ogni emozione. Canzoni
altrui eseguite per il solo piacere di rubare la scena.
Autoreferenzialità. Grandi certezze ed una quasi totale assenza di
dubbi.
Tutto
il resto è noia, avrebbe detto il sopravvalutato 'Califfo'.
Ma
io, di questa 'rimanenza', mi sia concesso dirlo, mi sento parte
integrante.
A
questo punto, manca solo un comunicato dell'ufficio-stampa della
cantante che informi noi tutti, figli smarriti, della natura divina
della nostra, venuta al mondo non nella luce istituzionalizzata di un
reparto-maternità, bensì in quella fioca di una mangiatoia,
precariamente scaldata dalla presenza di un bove e di un asino.
Siamo
onesti: questi non sono artisti. Sono, al più, intrattenitori e
gente di spettacolo.
E
questi, che vengono puntualmente, tutti, spacciati per eventi, non
sono nemmeno concerti: sono enormi e perfettamente funzionanti
meccanismi di marketing
di massa.
Che
noi ci si faccia persuadere, dice più della nostra vulnerabilità
che della presunta diabolicità dei loro ideatori.