Oggi ho perso un amico, coetaneo. Un
amico di gioventù, di quelli che abitano silenziosamente i tuoi
ricordi.
Ci sono figure che aiutano ad andare
avanti nel duro percorso della vita impedendoti di cedere allo
sconforto. Ti hanno voluto bene quando ancora eri tutto inadeguatezze
ed imbarazzo. Vedevano di te la parte migliore, già allora.
Rappresentano una certezza. Molte insicurezze che sorgono
all'improvviso, nel quotidiano, vengono disattivate proprio da queste
presenze interiori.
Fino a quando, un giorno, vengono a
mancare.
Letteralmente.
Queste ore assomigliano molto, per
me, a quelle di Ricordo Di Un'Estate, di Stephen King: Gordie, il
sopravvissuto, e Chris, l'amico buono e promettente cui la vita
riserva una morte tragica e prematura.
Il Buon Ghizza (questo il suo
soprannome) è stato il compagno dell'adolescenza e del suo sfociare
nell'età adulta. Degli anni più belli: dell'incanto e del tempo
sterminato.
Anni di risate, di gesti goffi
vissuti con ironia; di serate al cinema; di passeggiate, gite e
colonie estive; di chitarre strimpellate a notte fonda e di sbronze
simulate dopo mezzo dito di grappa. I primi seri discorsi sulla fede,
sulla religione, sul da-farsi quando quegli anni – indimenticabili
– sarebbero giunti al termine. Primi e secondi amori, solitudini
indesiderate, ghiaccioli da 200 lire (!) e tanta, tanta felicità.
È stato questo per me, Roberto.
Se ne è andato seguendo, suo
malgrado, un percorso di malattia comune a tante persone giovani:
rapido e letale.
Siamo riusciti ad incontrarci,
qualche volta, in compagnia della rispettiva prole. Occasionalmente.
Ed anche in quei frangenti non ha mancato di rivolgere il suo sorriso
aperto e pulito a tutti noi.
Vorrei davvero porgli – a lui che era
uomo di grande fede cristiana – una domanda sul senso di tutto ciò.
Sul fatto, cioè, che questa mattina mi sia toccato assistere alla
chiusura di una bara dove lui - e non altri – vi stava
contenuto. Perché?
Sosterrei con insistenza le mie
ragioni di persona senza più fede, provando a spiegargli che sono
proprio gli eventi come questi a dare ragione al mio
abbandono, allo sconforto esistenziale.
Sono certo che mi ascolterebbe a
lungo – come spesso ha fatto in gioventù, quando lo investivo con
tematiche molto meno ultime
-, serio e attento, per poi darmi una risposta pacata e
sorprendentemente persuasiva.
Perché era così: con un cuore
grande, e dotato di un'altrettanto grande tolleranza.
Ma è troppo tardi anche per questo.
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