giovedì 7 dicembre 2017

STAND BY ME. Perdere un amico.


Oggi ho perso un amico, coetaneo. Un amico di gioventù, di quelli che abitano silenziosamente i tuoi ricordi.
Ci sono figure che aiutano ad andare avanti nel duro percorso della vita impedendoti di cedere allo sconforto. Ti hanno voluto bene quando ancora eri tutto inadeguatezze ed imbarazzo. Vedevano di te la parte migliore, già allora. Rappresentano una certezza. Molte insicurezze che sorgono all'improvviso, nel quotidiano, vengono disattivate proprio da queste presenze interiori.
Fino a quando, un giorno, vengono a mancare.
Letteralmente.
Queste ore assomigliano molto, per me, a quelle di Ricordo Di Un'Estate, di Stephen King: Gordie, il sopravvissuto, e Chris, l'amico buono e promettente cui la vita riserva una morte tragica e prematura.
Il Buon Ghizza (questo il suo soprannome) è stato il compagno dell'adolescenza e del suo sfociare nell'età adulta. Degli anni più belli: dell'incanto e del tempo sterminato.
Anni di risate, di gesti goffi vissuti con ironia; di serate al cinema; di passeggiate, gite e colonie estive; di chitarre strimpellate a notte fonda e di sbronze simulate dopo mezzo dito di grappa. I primi seri discorsi sulla fede, sulla religione, sul da-farsi quando quegli anni – indimenticabili – sarebbero giunti al termine. Primi e secondi amori, solitudini indesiderate, ghiaccioli da 200 lire (!) e tanta, tanta felicità.
È stato questo per me, Roberto.
Se ne è andato seguendo, suo malgrado, un percorso di malattia comune a tante persone giovani: rapido e letale.
Siamo riusciti ad incontrarci, qualche volta, in compagnia della rispettiva prole. Occasionalmente. Ed anche in quei frangenti non ha mancato di rivolgere il suo sorriso aperto e pulito a tutti noi.
Vorrei davvero porgli – a lui che era uomo di grande fede cristiana – una domanda sul senso di tutto ciò. Sul fatto, cioè, che questa mattina mi sia toccato assistere alla chiusura di una bara dove lui - e non altri – vi stava contenuto. Perché?
Sosterrei con insistenza le mie ragioni di persona senza più fede, provando a spiegargli che sono proprio gli eventi come questi a dare ragione al mio abbandono, allo sconforto esistenziale.
Sono certo che mi ascolterebbe a lungo – come spesso ha fatto in gioventù, quando lo investivo con tematiche molto meno ultime -, serio e attento, per poi darmi una risposta pacata e sorprendentemente persuasiva.
Perché era così: con un cuore grande, e dotato di un'altrettanto grande tolleranza.
Ma è troppo tardi anche per questo.

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