Quando ieri sera (27 novembre), come
da rituale, Enrico Mentana ha annunciato gli ospiti di Lilli Gruber a
Otto & Mezzo, ho prorotto in una risata isterica.
Alessandro Di Battista e Riccardo
Scamarcio sono stati infatti accomodati nello studio di La7, nella
fascia oraria dedicata all'approfondimento, per discutere di...
DI BATTISTA CHE ANNUNCIA L'INTENZIONE -
UFFICIALIZZATA DALL'USCITA DEL SUO LIBRO - A NON
RICANDIDARSI ALLA PROSSIMA TORNATA ELETTORALE.
Autoerotismo.
Un po' propaganda (ma chi ci crede,
oggi, senza vedere, come San Tommaso, alle dichiarazioni d'intenti di
un politico?), un po' marchetta (difficile che un ospite della Gruber
non abbia con sé qualcosa da promuovere).
In quale veste fosse presente
Scamarcio, invece, non si è capito fino quasi al termine della
trasmissione, quando l'annuncio della sua partecipazione al film di
Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi - dopo che si era prodotto per
una decina di minuti buoni in analisi politiche vacue ed uno
sproloquio su Alitalia - ha risolto ogni incomprensione.
Altra marchetta, quindi.
Ma non è nemmeno così.
Gruber, “pastore di suo fratello e
[…] ricercatore dei figli smarriti”, non era interessata né
all'interpretazione di Scamarcio né al cinema di Sorrentino:
intendeva scoprire come, in questa pellicola di prossima uscita, vi sia
dipinto l'ex-premier. Punto. Indagine sotto copertura.
“Berlusconi come la prenderà? Gli
piacerà o si arrabbierà?”.
(Domanda che vanta un sottotesto
intimidatorio da grande cinema.)
Risposta di Scamarcio: “Secondo me
gli piacerà. […] Io non posso dire molto: ho firmato una lettera
di segretezza.”.
Agghiacciante.
Ma tutto torna.
Gruber non sembra proprio la signora
alla quale ti puoi trovare seduto accanto, al cineforum. È la
classica persona in carriera che al cinema – proprio - non ci va. La sua curiosita non è artistica. In nulla e per nulla. È
l'ingaggio di Scamarcio nel ruolo di Gianpaolo Tarantini, il
reclutatore di troie delle notti del bunga-bunga, ad averne
attivato pavlovianamente l'istinto predatorio e famelico. 'Fanculo a
tutto il resto, al cinema e al premio Oscar de La Grande Bellezza.
La conduttrice di Otto & Mezzo
pretende di essere credibile anche quando, parlando sopra a Di
Battista, che poco prima si era riferito ai politici “imbullonati
alla poltrona”, prende le difese a tutto campo di sua santità
Berlusconi – che invece, a 81'anni suonati, vuole correre alle prossime
'politiche', ma lui, no, non è di quelli imbullonati alla poltrona.
Berlusconi è una persona cui il
seguito – più determinato persino dei papa boys - non
consente la condanna alla condizione manzoniana di innominato. Quando
Di Battista, parlando in studio, ne fa riferimento chiamandolo “il
soggetto”, Gruber interviene con la prontezza di un cane pastore:
“... che si chiama sempre Silvio Berlusconi...”. Berlusconi, per i suoi seguaci –
e Gruber da la netta impressione di esserne parte -, è il nome del
padre teorizzato da Massimo Recalcati. Non Ulisse, ma il padre
autoritario senza la cui parola nulla può essere detto o fatto. Ed i
suoi figli (l'elettorato, i sostenitori), ahinoi, non sono dei
Telemaco.
Berlusconi, d'altronde, è un altro
che al cinema sarà andato, l'ultima volta, per Gola Profonda. Da lì
in avanti, i pompini non ha più voluto vederli su schermo: se li è
fatti fare.
Dopo una siffatta puntata, in certe
redazioni appartenenti a quel non meglio precisato estero che tanto
sembra eccitare la nostra, otto e mezzo non sarebbe il titolo della
trasmissione, ma il tempo massimo concesso a conduttore ed autore –
coincidenti, nel caso in questione – per lasciare l'emittente senza
più farvi ritorno.
L'impressione – lungi da quella
dell'assistere ad un approfondimento giornalistico di prima serata -
è stata quella di una triste assemblea condominiale, dove i
condomini, dietro la facciata di cordialità e l'obbligo a
parteciparvi, nutrono il più totale disprezzo: per l'amministratore
e per gli intervenuti.
E poi: la smettano, quelli di Otto &
Mezzo, di utilizzare i grandissimi Arcade Fire di Rebellion
(Lies) come sigla d'apertura.
Era ora che qualcuno lo scrivesse –
giusto?
Non ringraziatemi: lo faccio
volentieri, per voi.