giovedì 16 novembre 2017

UN GRAN BEL PEZZO DI FIFA. Considerazione sull'esclusione della nazionale dai mondiali 2018.


Si sa che agl'italiani piace un sacco, la FIFA (Fédération Internationale de Football Association). Ne sono innamorati. Farebbero davvero di tutto, per un po' di FIFA.
Lo si è visto nella giornata di ieri (13 nov). Di tre radiogiornali nazionali, non uno ha relegato la notizia dell'imminente partita della nazionale di calcio nella fascia deputata allo sport. E cioè in fondo alla scaletta, a termine programma. Macché: prima notizia a reti unificate. Probabilmente neanche un nuovo terremoto in centro Italia avrebbe persuaso le loro redazioni ad una revisione delle notizie di apertura.
Se qualcuno, quindi, nutriva ancora dubbi sul fatto che radio e tele-giornali non facciano informazione, quanto riportato li fuga senza lasciarne traccia alcuna.
Non paghi, però, di aver dato ad una simile notizia la massima prominenza, quelli della RAI si sono persino vantati di una non meglio specificata “diretta streaming dalla sala di Via Asiago”. Ma certo: come se gli italiani, dopo piazza San Carlo, avessero ancora voglia di abbandonare il divano di casa per una fottuta telecronaca a la Pizzul. Rinunciare a tutto quell'apparato di costumi fantozziani – “calze, mutande, vestaglione [...], frittatona di cipolle [...], […] Peroni gelata [...] e rutto libero” - per fare la fila in questa via che è da quand'ero bambino che la sento nominare più del quirinale e della casa bianca. Sicuro.
Va da sé che la RAI, la pancia degli italiani, la conosce eccome. Ieri sera, tra amici e conoscenti, è stato infatti tutto un ostentare auricolari, tablets, connessioni pirata e quant'altro artifizio praticabile, pur di essere connessi con San Siro. Spettatori virtuali di una partita il cui risultato persino un incompetente in materia come me già sapeva essere scritto nelle stelle. D'altronde quando il tuo capitano fa Buffon di cognome, ed uno che ti aspetti corra un bel po' è Immobile, abbiate pazienza: nomen omen.
Mi sembra che il calcio sia un'attività sportiva ottima per costruirsi un fisico da aperitivo. La preparazione atletica cui è sottoposto un calciatore professionista conferisce infatti quella prestanza che tanto fa ben figurare quando ci si mette in ghingheri passate le 19:00. Ma quanto a rendimento, a performance, con molta probabilità verrebbe giudicata insufficiente persino da una squadra di curling. Personalmente ho vissuto qualche stagione ricca di aperitivi ai quali mi sono presentato in eccellente forma fisica. Un bella sensazione, credete. Da qui ad una qualificazione mondiale, però...
Certo: mi sono imbattuto anche in molta indignazione, in seguito a questa sconfitta, gran parte della quale provocata dalle lacrime di Gigi Buffon - diffuse a reti unificate dalla televisione e, il giorno dopo, sulle prime pagine di tutte le principali testate giornalistiche. Coloro che se ne sono lamentati, le hanno giudicate fuori luogo, inaccettabili da parte di uno sportivo con il suo curriculum di vittorie, con un ruolo da capitano di nazionale ed uno stipendio a sei zeri.
C'è un rapporto stretto tra la percezione di sé stessi come professionisti dello sport – percezione delle proprie eccellenze – ed il ruolo simbolico che viene assunto alla convocazione in nazionale. È una questione che riguarda non solo gli azzurri – ai quali, per inciso, va tutto il nostro legittimo disprezzo. Riguarda ogni sportivo ed ogni compagine nazionale. Mi spiego. Siamo da tempo nell'era della fine delle ideologie. Le ideologie hanno spesso fatto leva su primati nazionali frutto di mitomania, leggenda e contraffazione. L'idea del suprematismo nazionale è evaporata con le ideologie che la propalavano, ed oggi rimane l'illusione di frange fuori dal tempo, frange neofasciste, che – guarda un po' – abitano gli stadi esattamente come i topi le fogne. Di quale primato siano quindi portatori i 22 fenomeni della nazionale di calcio, è presto detto: il peggio dell'italianità.
Un altro problema è quello dell'incapacità di riconoscere - e riconoscersi in - figure realmente vincenti. Vincenti per prestazione, mentalità e dignità (qualità che nelle lacrime di Gianluigi Buffon trovano la loro antitesi).
Ora in molti piangono al pensiero che, data l'esclusione, l'estate prossima saranno privati del loro “rito collettivo”.
Ecco: forse solo di questo si tratta, in fondo. Il bisogno di un rito collettivo: la messa, le partite della nazionale di calcio, la festa del partito, la setta, la gang.
Bisogni aggregativi fondamentali.
Ma tutti mal riposti.

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