mercoledì 1 novembre 2017

GENERE 'OLDIES'. Le nuove frontiere della terza età.


Non ho rispetto per gli anziani.
Non ne ho di default, voglio dire.
Penso se lo debbano guadagnare, questo atteggiamento che esigono quasi fosse una tassa, esattamente come tutti gli altri.
Stamane mi sono apprestato a prendere la macchina, lì dove l'avevo regolarmente ed accuratamente parcheggiata. La trovo ostruita da un'altra vettura lasciata accesa accanto ad essa nel bel mezzo della carreggiata – l'unica di una strada a senso unico. Capisco subito che si tratta o di un sequestro di persona o di un anziano ormai fuori dallo spazio-tempo. Il tempo di stoccare della spesa nel bagagliaio ed eccola uscire dalla ricevitoria di fronte, la proprietaria della macchina. Nella settantina, abbigliamento dimesso e pesante, sguardo apparentemente normale dietro ad occhiali neanche troppo spessi, passo sicuro. Okey, mi dico: è lei. Mi è risparmiata la ricerca e la polemica sul rispetto e sul codice stradale. Meglio. Le tengo istintivamente lo sguardo addosso. Non la voglio intimorire: voglio solo studiare le fattezze di un essere umano che nel 2017 ritiene naturale fare quello che ha appena fatto. Sto per salire in macchina quando, sentendo addosso i miei occhi, la vecchia spara a bruciapelo:
“ALLORA? LEI PARCHEGGIA DOVE VUOLE: IO PARCHEGGIO DOVE VOGLIO.”.
Parte, noncurante del fatto di avere intasato a tappo l'intera viabilità carraia. Tenta un'altro parcheggio abusivo pochi metri più avanti, ma il veicolo che la segue le impedisce la manovra. Il male è sconfitto.
Nel '700, probabilmente, mi sarei comportato come Barry Lyndon: ne avrei individuato il consorte chiedendogli soddisfazione in una sfida con la pistola. Nell'anno 2017 il senso civico prescrive rispetto.
Ho avuto la fortuna di avere due nonni: uno mancato quando ero molto piccolo, lasciandomi quasi all'asciutto di ricordi, l'altro molto più longevo, e quindi mio unico influencer quanto a testimonianze endogame. Campagna d'Albania, volontario nella leggendaria bonifica dell'Agro Pontino, dodici figli, una vita passata curvo sui campi, spina dorsale di ebano e scorza di roccia. Sebbene un padre padrone, sono certo parte della resistenza che mi riesce di mettere in campo nei momenti difficili la debba alla sua dotazione genetica e al suo esempio. Mai un gemito, mai una lamentela (e la sua fu una vita durissima), dignità estrema. Un Clint Eastwood ante litteram: se bussavi alla sua porta e chiedevi accoglienza, un pasto caldo - per bontà anche della dolcissima nonna - lo rimediavi, ma se violavi con prepotenza la proprietà, affrontavi la falce (non è leggenda: gliela vidi tirare).
Ora, so che è troppo facile santificare i propri congiunti: è un esercizio disgustoso, primariamente responsabile di quel familismo italico che ancora non ci è riuscito di debellare. Ma nonostante gli errori commessi (sfido chiunque a non commetterne con un curriculum vitae come fu il suo), molti dei quali imputabili a cause generazionali, in mio nonno posso ancora vedere un esempio, e con sforzo trarvi una testimonianza. Soprattutto rimane il ricordo di una persona per la quale non si provava imbarazzo. La sua condotta fu quella di un uomo classe 1911, delle cui scelte egli pagò sempre in prima persona (ed in alcuni frangenti, il conto fu salato).
Sebbene post mortem gli abbia riservato non poche critiche, penso però non sarebbe mai stato capace dell'aggressività, dell'arroganza e della prepotenza messa in campo dalla carampana che oggi mi ha chiuso in parcheggio.
David Foster Wallace, esprimendosi sulla visione degli anziani che bloccano le casse al supermercato, diceva che dovrebbe essere proprio la cultura ad aiutarci a capire che questo impedimento non è un complotto nei nostri confronti, bensì un gesto dovuto ad una serie di ragioni le quali tutte esulano dalla questione personale, quella che ci riguarda in prima persona.
Amo Foster Wallace, ma questo non basta a persuadermi del tutto. Ho la brutta impressione che noi si sia di fronte ad una nuova leva di anziani, potenzialmente arroganti e stronzi in gioventù, che con l'età hanno ulteriormente accentuato questi tratti. Per diventare un grande anziano serve una vita intera, ed il risultato ha a che fare con la modalità – lo stile – con la quale la si è condotta.
Questa generazione di anziani, la prima che rifiuti rabbiosamente di abdicare ad ogni ruolo assegnato loro dalla vita, non ha speranza di alcun lascito.

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