martedì 30 ottobre 2018

LA PRIMA IMPRESSIONE. Scegliere un film in tivù.

Il profetico, e compianto, Ragionier Fantozzi. 
Sono sempre più frequenti le discussioni in stile Casa Vianello tra me e mia moglie quando, in preda allo zapping serale, si sceglie o scarta un film valutandone la qualità sulla base di pochi, fugaci secondi di visione.
La verità è che sovente il grande cinema si è caratterizzato per sequenze iniziali di impatto così grande - rapide, spettacolari, visionarie - da rendere la differenza con gli altri prodotti del settore individuabile al semplice colpo d'occhio. Quindi, se di queste pellicole si è fatto uso ed abuso, scegliere attraverso lo zapping diventa un gioco facile come le selezioni di X Factor (“Basta così, grazie. Avanti un altro!”).
Al fine, allora, di giustificare l'apparentemente riprovevole costume coniugale dello zapping, da divano, ecco le...
DIECI PIÙ STUPEFACENTI SEQUENZE D'APERTURA DEL CINEMA MODERNO!
Dieci pellicole il cui inizio, da solo, vale l'intero biglietto, costringendo lo spettatore ad immergersi nella loro visione per intero pure avesse luogo un attacco termonucleare.
10) Trainspotting.
Nulla di più politico delle parole fuori campo del protagonista Marc Renton ha mai affrontato lo spettatore in maniera così diretta - nel mentre la colonna sonora di Iggy Pop ne fa, tecnicamente, un'apologia di reato. E quando, appena investito da un'autovettura, il nostro volge lo sguardo in camera, è difficile - se non impossibile - non sentirsi individualmente chiamati in causa. Stracult.
9) Halloween.
È obiettivamente difficile non esaltarsi quando la cinematografia horror distrugge quel tipo di concezione della vita che sta alla base del family day, dei suoi ideatori e dei suoi cultori. Dopo i vampiri, le creature di Mary Shelley, gli zombi di Halperin e quelli di Romero, John Carpenter, già al quinto minuto di proiezione, presenta al pubblico il suo nuovo mostro: il seienne Michael Myers.
8) I Love Radio Rock.
Quadretti di un Inghilterra per bene, tradizionalista, piccolo borghese ed ipocrita. Ma quando la voce di Seymour Hoffman lancia All Day And All Of The Night dei Kinks, la spinta eversiva del rock 'n roll è avvertita dallo spettatore come davvero fosse la prima volta. Ottima prova del regista e sceneggiatore Richard Curtis, che incassa così un parziale perdono per lo stucchevole Love Actually di sei anni prima.
7) Antichrist.
Descrivere una tragedia quale la perdita di un figlio in fasce, e farlo per mezzo delle sole immagini e della musica di Händel, dando vita ad una sequenza che è un capolavoro, è cosa da genio. E Lars Von Trier lo è a pieno titolo. Rendere bello persino ciò che è considerato il massimo orrore, non è forse il compito più alto dell'arte? E poi, cos'altro ti puoi aspettare da un danese depresso che rifiuta le cure?
6) Mission Impossible 2.
Nei cinque minuti al cardiopalma dove lo spettatore viene persuaso che l'agente Hunt sia chiaramente già impegnato in una nuova missione, l'arrivo di un messaggio stravolge il contesto, svelando che quello visto è solo il momento di una vacanza non autorizzata. Quando poi, a chiudere la sequenza, giunge il tema del film originale variato dai Limp Bizkit, e realizzi che quelli sono solo i titoli di testa, l'applauso scaturisce incontrollato.
5) Magnolia.
C'è tutto, nel prologo di questo incredibile film: cinefilia, scrittura, visione, modernità, surrealismo e la splendida regia di un Paul Anderson non ancora trentenne. Il caso del suicidio-omicidio di Sydney Barringer è una sequenza da vero culto, merce rara allora come oggi. Quando poi, sullo schermo nero, partono le note di One di Aimee Mann, non si può che restarne ammaliati.
4) Grindhouse.
Siedi in poltrona e, giustamente, ciò che ti aspetti di vedere è un film di Quentin Tarantino. Quel che in realtà appare, invece, è il trailer farlocco di un b movie in stile primi anni '70. Sembra un viaggio nel tempo, o una videocassetta pirata. Perfetta estetizzazione del cattivo gusto di un mondo ormai scomparso, rappresenta, senza dubbio, il più grande colpo di genio nella carriera del regista americano.
3) Fight Club.
Zoom
inverso dal mirino di una semiautomatica: la canna in bocca ad un malcapitato, un viso tumefatto, l'oscurità di un loft disabitato, una calma voce fuori campo dai toni apocalittici e un intero quartiere cablato al plastico. L'arma viene retratta. E chi scopriamo averla in pugno? Van Damme? Vin Diesel? Steven Seagal? Charles Bronson? Mecché. Il più amato dalle donne di tutto il mondo, il 'bello' di Hollywood, l'uomo dei sogni: Brad Pitt – qui nel suo primo grande ruolo, un completo fuori di testa, situazionista ed autodistruttivo: il saponificatore Tyler Durden. Yeah.
2) Non è un Paese per Vecchi.
Ci si interroga spesso sulla violenza dilagante negli Stati Uniti d'America. Altrettanto spesso ci si ritrova senza risposta. Eppure i grandissimi fratelli Coen, Ethan e Joel, nelle tre sequenze e nel dialogo da brivido che aprono questo film prossimo alla perfezione assoluta ne avevano dato una spiegazione persuasiva ed umanissima già dieci e più anni fa. E quando dalla macchina della polizia scende la sagoma di Javier Bardem, è necessario un cambio di intimo a portata di mano.
And the winner is...
1) THE SHINING.
Già al primo fotogramma, al sopraggiungere della musica di Wendy Carlos, si è catapultati nel sovrumano, in una natura incantevole e spaventosa dove la presenza umana sembra appunto non essere contemplata, ridotta alle minuscole dimensioni del maggiolino dei Torrance in viaggio verso il richiamo dell'Overlook Hotel. L'utilizzo pionieristico della steadycam permette a Stanley Kubrick la realizzazione di un piano sequenza inquietante, il cui punto di vista rimane ignoto, così aggiungendo inquietudine all'inquietudine. E la vicenda non ha ancora avuto inizio. Capolavoro assoluto.

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