giovedì 26 ottobre 2017

PAURA E DELIRIO AD HADDONFIELD. Il 'remake' di una colonna sonora.


Come spiego a mia figlia che la festa per la quale scalpita da settimane non ha nulla a che fare con la nostra cultura, che è frutto di importazione, di becera sudditanza agli Yankees? Che noi importiamo festività rendendole nazionali seduta stante, ma gli esportatori di queste si guardano bene dal fare altrettanto con i santi e i beati di casa nostra? Che in questo momento suo padre parla come Salvini, ma è ben lungi da assumerlo a modello di condotta politica? Forse, semplicemente, non le devo spiegare un bel niente. Anche quel vecchio babbione di Santa Klaus, alla fine, non sta domiciliato a Grosseto, eppure nessuno, me compreso, si preoccupa di fornire spiegazioni di alcun tipo. Quanto a Salvini... La Lega è già morta e sepolta: quando mia figlia sarà grande, tra le maschere di Halloween ci sarà sicuro anche quella del leader leghista, rievocazione di uno spirito da regno dei morti, e allora capirà da sé.
Personalmente, l'unica ragione per la quale provo eccitazione all'avvicinarsi della festa di Halloween è il rito della visione del film omonimo di John Carpenter, giunto oggi al suo trentanovesimo compleanno ed ormai stabilmente nella top ten delle pellicole-culto di tutti i tempi.
Quest'anno, in particolare, la sua visione si annuncia ancora più eccitante del solito grazie al valore aggiunto conferitogli dalla rivisitazione della colonna sonora da parte di Trent Reznor e Atticus Ross, duo attivo nel comparto del commento sonoro dal 2010, quando firmarono le musiche per The Social Network di David Fincher, vincitrici di un premio Oscar nella categoria Colonna Sonora Originale.
In questo ultimo decennio, lo sconfinamento dell'immagine in ogni comparto del vivere umano ha radicalmente modificato il processo creativo. La stragrande maggioranza delle immagini in circolazione è frutto di occhi inesperti, per nulla talentuosi, incapaci di cogliere l'essenza delle cose, privi di qualsivoglia cultura (i selfies, le pietanze, i panorami marini, i particolari feticistici, l'amatoriale come genere, il porno). Per dirla con Sebastião Salgado: se non hai studiato e non conosci ciò che fotografi, il risultato è nullo. Non è perciò facile trarre ispirazione, da una simile massa informe. Non c'è commento, né sonoro né verbale, che possa scaturire da una quasi totale assenza di contenuti.
Penso per questo motivo Reznor e Ross abbiano attinto ad un cinema risalente a tempi non sospetti, quando la creazione dell'immagine ancora era finalizzata, molto più di oggi, a convogliare, oltre ad una visione, dei contenuti narrativi. E dove anche la materia sonora, vuoi per questioni di budget vuoi per tradizionalismo, era ancora trattata in maniera convenzionale (l'orchestra sinfonica). Più di una buona ragione, quindi, per rivisitarne la colonna sonora, composta ed eseguita, al tempo, dallo stesso John Carpenter.
Se è vero – e lo è – quanto asserito nel principio di indeterminazione, il regista statunitense non fu quindi nella possibilità di cogliere le molte implicazioni insite nella sua creatura. Il suo sguardo di compositore era troppo prossimo a quello registico per non informare la colonna sonora in direzione di un'approssimazione – per quanto efficace. Ed è in questo scarto che si inserisce l'operazione di remake in oggetto.
Questo rifacimento cela un doppio omaggio. Il primo è quello che svincola il progetto dall'ennesimo remake cinematografico, eliminando così ogni logica commerciale. Il secondo, consequenziale, è il riconoscere, da parte del duo, la validità un'opera che sembra parlare al pubblico molto più oggi di quando esordì nelle sale cinematografiche, e che quindi necessita di qualche ritocco estetico solo nel comparto musicale – ambiente dove le due schegge dei mitici Nine Inch Nails (il gruppo dove militano Reznor e Ross) figurano come inquietanti ed esoterici manipolatori.
La scioccante definizione sonora - che, rispetto all'originale, rende maggiormente la bipolarità del male incarnato nel protagonista maschile, per mezzo di sovraincisioni nettissime e diversificate nel missaggio; la forma - divisa tra il prologo rumoristico ed accordale (associabile alle sequenze di stalking), una parte centrale ripetitiva ed in crescendo (i primi omicidi), ed il finale, dove il tema è ripreso e trattato sullo sfondo di un beat elettronico (il climax della violenza omicida con l'assunzione della protagonista femminile a vittima predestinata)...
Insomma, più di un buon motivo, a mio parere, contribuisce a fare di Halloween, Trent Reznor & Atticus Ross Version l'ascolto maggiormente adatto a questi giorni indecifrabili.

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