Come spiego a mia figlia che la
festa per la quale scalpita da settimane non ha nulla a che fare con
la nostra cultura, che è frutto di importazione, di becera
sudditanza agli Yankees? Che noi importiamo festività rendendole
nazionali seduta stante, ma gli esportatori di queste si
guardano bene dal fare altrettanto con i santi e i beati di casa
nostra? Che in questo momento suo padre parla come Salvini, ma è ben
lungi da assumerlo a modello di condotta politica? Forse,
semplicemente, non le devo spiegare un bel niente. Anche quel vecchio
babbione di Santa Klaus, alla fine, non sta domiciliato a Grosseto,
eppure nessuno, me compreso, si preoccupa di fornire spiegazioni di
alcun tipo. Quanto a Salvini... La Lega è già morta e sepolta:
quando mia figlia sarà grande, tra le maschere di Halloween
ci sarà sicuro anche quella del leader leghista, rievocazione
di uno spirito da regno dei morti, e allora capirà da sé.
Personalmente, l'unica ragione per la
quale provo eccitazione all'avvicinarsi della festa di Halloween
è il rito della visione del film omonimo di John Carpenter, giunto oggi al
suo trentanovesimo compleanno ed ormai stabilmente nella top ten
delle pellicole-culto di tutti i tempi.
Quest'anno, in particolare, la sua
visione si annuncia ancora più eccitante del solito grazie al valore
aggiunto conferitogli dalla rivisitazione
della colonna sonora da parte di Trent Reznor e Atticus Ross, duo
attivo nel comparto del commento sonoro dal 2010, quando firmarono le
musiche per The Social Network di David Fincher, vincitrici di
un premio Oscar nella categoria Colonna Sonora Originale.
In questo ultimo decennio, lo
sconfinamento dell'immagine in ogni comparto del vivere umano ha
radicalmente modificato il processo creativo. La stragrande
maggioranza delle immagini in circolazione è frutto di occhi
inesperti, per nulla talentuosi, incapaci di cogliere l'essenza delle
cose, privi di qualsivoglia cultura (i selfies, le pietanze, i
panorami marini, i particolari feticistici, l'amatoriale come genere,
il porno). Per dirla con Sebastião
Salgado: se non hai studiato e non conosci ciò che fotografi, il
risultato è nullo. Non è perciò facile trarre ispirazione, da una
simile massa informe. Non c'è commento, né sonoro né verbale, che
possa scaturire da una quasi totale assenza di contenuti.
Penso per questo motivo Reznor e Ross
abbiano attinto ad un cinema risalente a tempi non sospetti, quando
la creazione dell'immagine ancora era finalizzata, molto più di
oggi, a convogliare, oltre ad una visione, dei contenuti narrativi. E
dove anche la materia sonora, vuoi per questioni di budget
vuoi per tradizionalismo, era ancora trattata in maniera
convenzionale (l'orchestra sinfonica). Più di una buona ragione,
quindi, per rivisitarne la colonna sonora, composta ed eseguita, al
tempo, dallo stesso John Carpenter.
Se è vero – e lo è – quanto
asserito nel principio di indeterminazione, il regista statunitense
non fu quindi nella possibilità di cogliere le molte implicazioni
insite nella sua creatura. Il suo sguardo di compositore era troppo
prossimo a quello registico per non informare la colonna sonora in
direzione di un'approssimazione – per quanto efficace. Ed è in
questo scarto che si inserisce l'operazione di remake in
oggetto.
Questo rifacimento cela un doppio
omaggio. Il primo è quello che svincola il progetto dall'ennesimo
remake cinematografico, eliminando così ogni logica
commerciale. Il secondo, consequenziale, è il riconoscere, da parte
del duo, la validità un'opera che sembra parlare al pubblico molto
più oggi di quando esordì nelle sale cinematografiche, e che quindi
necessita di qualche ritocco estetico solo nel comparto musicale –
ambiente dove le due schegge dei mitici Nine Inch Nails (il gruppo
dove militano Reznor e Ross) figurano come inquietanti ed esoterici
manipolatori.
La scioccante definizione sonora -
che, rispetto all'originale, rende maggiormente la bipolarità del male
incarnato nel protagonista maschile, per mezzo di sovraincisioni
nettissime e diversificate nel missaggio; la forma - divisa tra il
prologo rumoristico ed accordale (associabile alle sequenze di
stalking), una parte centrale
ripetitiva ed in crescendo (i primi omicidi), ed il finale, dove il
tema è ripreso e trattato sullo sfondo di un beat
elettronico (il climax
della violenza omicida con l'assunzione della protagonista femminile
a vittima predestinata)...
Insomma,
più di un buon motivo, a mio parere, contribuisce a fare di
Halloween, Trent Reznor & Atticus Ross Version
l'ascolto maggiormente adatto a questi giorni indecifrabili.
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