Attilio Piovano è un fine
musicologo, del tipo che ci si aspetta da chi, vantando natali
sabaudi, sceglie professionalmente questa via: coltissimo,
francofono, ottimo pianista, intelligenza pronta, snob come
non può non essere un intellettuale di simile caratura. Del suo
apporto si avvalgono puntualmente La Stampa ed il Teatro Regio di
Torino, ed è voce ascoltata del panorama musicologico contemporaneo.
25 anni fa è stato il mio docente di Storia della Musica.
Il professor Piovano, nonostante già
a quel tempo vantasse tutte le caratteristiche sopra descritte, non
riuscì a fare di me un allievo modello (detto per inciso: Attilio Piovano è esente da ogni colpa), ma le sue lezioni, molte delle
quali indimenticabili e svolte dallo stesso al pianoforte, hanno
aperto porte che ancora oggi attraverso, e dietro le quali sempre mi
riesce di trovare stimoli intellettuali leggibili per mezzo delle sue
osservazioni e dei suoi consigli. Da allora non ci siamo più rivisti.
Pagato questo tributo di soggezione
ultraventennale, il perché di tutto questo amarcord è presto
spiegato. Il professor Piovano si è di recente reso protagonista di
un gesto dall'alto valore simbolico che ha subito suscitato tutta la
mia simpatia e la mia approvazione. Ne sono venuto a conoscenza
tramite un post dello stesso professore, commentato da un
amico.
In attesa di imbarcarsi all'aeroporto
di Caselle, ha avuto la malaugurata fortuna di imbattersi in uno dei
musicisti che, in tempi recenti, sempre più spesso le società di
gestione ingaggiano al fine di addolcire le attese sempre più lunghe
del trasporto aereo. Ad orecchie 'non allenate', la sensazione che si
prova può rasentare il paradisiaco. A padiglioni educati, però... È
sofferenza allo stato puro. Mi immagino la scena (e Dio sa quanto
avrei voluto assistervi):
- Buongiorno. Mi scusi: a nome di
tutti i presenti la informo che la misura è colma. Si faccia da
parte, per favore.- ...
Estrae dalla zaino la partitura (azione documentata fotograficamente) ed attacca, ieratico, un brano di Claude Debussy.
Scrive, il professore, sul proprio
profilo FB:
“...ebbene
sì, qualcuno doveva pur farlo lo sporco lavoro: dopo il solito
ragazzino che massacrava Per Elisa e il tizio che si beava
cincischiando Allevi e le sue cianfrusaglie... E fu così che a
Caselle risuonò il Passepied dalla Suite bergamasque.
Peccato sia arrivato l'annuncio che il gate era aperto.
C'erano i Preludes...”
Ora, non mi permetterò, qui, di
dissertare sulla musica francese a cavallo tra ottocento e novecento,
specie dopo avere chiamato in causa un esperto come Attilio Piovano.
Ciò che mi preme sottolineare è l'ironico “sporco lavoro” con
il quale il professore tradisce la fatica quotidiana, da parte di
tutti coloro che si occupano professionalmente di musica, del
difendere un'arte sempre più bistrattata a livello educativo,
manipolata a livello commerciale, e strumentalizzata, dal suo
interno, dai residenti di quella zona grigia così ben rappresentata
dal giustamente citato Allevi. Le persone, inebetite da un continuum
musicale che non concede spazio più per riflessione ed
approfondimento (l'Infinite Jest profetizzato da D. F.
Wallace), non sono in grado di realizzare che il saper leggere uno
spartito ed il muovere le dita con precisione su di una tastiera, per
quanto apprezzabili, sono gesti insufficienti ad una lettura
veramente estetica di molta della musica conosciuta. In un paese dove
tutti, ormai, dichiarano di suonare, ma in cui solo una ristretta
minoranza vanta un'educazione musicale di base, il gesto di Attilio
Piovano è davvero uno “sporco lavoro” che qualcuno doveva pur
fare. Riportare la pratica della musica ai suoi veri valori (la
passione, la dedizione, lo studio approfondito, la cura del
dettaglio), attraverso la propria, personale interpretazione.
Uno “sporco lavoro” del quale si
avverte sempre di più l'urgenza. I competenti ed i talentuosi hanno
oggi sempre di più il dovere morale di correre in soccorso di una
nazione che, nell'insieme, ha perso ogni possibile concezione del
bello. È il solo modo per arginare l'ondata inarrestabile dei
ciarlatani della musica. In maniera spontanea. Come ha fatto –
ribadisco – simpaticamente il professore.
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