Larry Mullen Jr., cui, penso, le
richieste di amicizia su FB - ed ogni altra piattaforma sulla
quale gli U2 abbiano cacato - non manchino di certo, ha dichiarato:
“Ho all'incirca un manipolo di amici e qualche conoscente.”
(“I've got about one hand of friends (holding up five fingers)
and a few acquaintances.” - Q Magazine, agosto 2001).
Detto questo, mi sono spesso chiesto
cosa si celi dietro gli auguri di compleanno su FB. Cosa
obblighi così tanti di noi, cioè, ad augurare i famosi “100” o
“1000 di questi giorni” a soggetti dei quali nulla ci importa,
nemmeno se morissero vaporizzati (salvo poi approfittarne per la
composizione di tristissimi necrologi del tipo “Ciao, folletto”,
“Se sei un vero amico, condividi”, “Se Tizio vive ancora nel
tuo cuore, raggiungiamo un milione di 'like'”, “Condividi!”, necrofilia 2.0).
Un anno fa, circa, ho 'smanettato' a
dovere sulla pagina privacy di FB,
sostanzialmente inserendo ulteriori limitazioni all'accesso dei dati
cosiddetti sensibili, e di fatto eliminando l'accesso al compleanno.
Risultato: dei tanti-auguri-ste, auguroni, grande-ste-auguri,
auguri-grande – e chi più ne ha più ne metta -, neanche uno.
Nemmeno un tossico anni-'70 si è ricordato del mio natale.
Nulla di che. Il
mondo proseguirà indisturbato il suo percorso entropico, così come
io il mio costellato di cazzi miei. Proverò, però, a tentare una
spiegazione per quella che è una vera e
propria diserzione.
Nel
mondo dell'amicizia virtuale, quale è FB a tutti gli effetti,
stabilire una confidenzialità legata alla venuta alla luce di un
qualsivoglia cretino che abiti la piattaforma, ricalcola di fatto il
peso specifico del legame con questo, in base al livello di
affettazione impiegato nella prosa di augurio (quasi sempre
identica, a livello planetario: cioè, mai letto auguri del tipo
hey-auguri-grande-maestro-del-fist-fucking
- sia mai detto che noi si
riconosca le qualità altrui, “oh no”).
Rispondere in
maniera entusiastica ad un algoritmo (perché questo è, in soldoni,
l'augurio di compleanno su FB) asseconda più il bisogno del mittente
che quello del destinatario. E il bisogno è: non essere noi stessi
dimenticati, la paura, del tutto inconscia, che, un giorno, magari
molto presto, le cose andranno irrimediabilmente male, ed allora si
avrà tutti davvero bisogno di un amico. Il migliore e più vero. Non
si spiega altrimenti il 100% di amnesia da parte di coloro che solo
un anno prima avevano intasato la tua 'bacheca' con auguri
altisonanti. Non tanto ricordare, quindi, quanto essere
ricordati. O, dal momento che te ne dimentichi per il solo fatto che
il tuo account YouPorn non lo ha notificato, va da sé che il
babbeo in questione (me, in questo caso) non è la persona che, in
caso di avvento di profezie criogenetiche, vorresti avere accanto per
gli abusati mille-di-quei-giorni.
E così ci siamo
capiti.
Anton La Vey
sosteneva che il vero satanista avrebbe dovuto celebrare il proprio
compleanno come la più importante della festività annuali. Sono
forse satanista, allora?
Dal momento che
nessuno di noi possiede il dono della Verità, sbarazzarsi di tutto
quanto si reputa ipocrita o poco sincero, è già da considerarsi un
bel passo in avanti. La verità, l'unica verificabile, è che siamo soli. Siamo soli, ed in
questo universo rappresentiamo qualcosa di importante per quattro,
cinque esseri umani al massimo, come affermato con grande sincerità
da Larry Mullen.
Forse proprio
quegli auguri che ci sforziamo tutti insieme di inviare virtualmente
a profusione – tutte quelle faccine sorridenti, i punti
esclamativi, i riconoscimenti di grandezze non meglio specificate -
non denunciano altro che la paura – sia chiaro, del tutto
giustificata – che persino il festeggiato, un domani, possa
dimenticarsi di noi come ci si dimentica di un ombrello o di una
fusciacca. Senza darvi troppa importanza, cioè.
Io, quel tipo di
augurio non lo volevo più. Per questo, come ho detto, ho eliminato
il compleanno dal profilo pubblico di FB.
Ma non riceverne
neanche uno, quest'anno, mi ha colpito e fatto sorridere.
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