lunedì 4 ottobre 2021

LA PROFEZIA DI 'AMERICAN BEAUTY'. Il fenomeno delle dimissioni volontarie.

Sono certo che molti ricorderanno la sequenza spassosissima di American Beauty – una delle tante inserite nella pellicola – dove Kevin Spacey, astutamente ed in maniera del tutto spregiudicata, estorce 60.000 dollari di liquidazione al proprio capufficio, con la minaccia di rendere note alcune molestie sessuali del tutto fasulle nei suoi confronti (“Puoi provare che non ti sei offerto di salvarmi il posto se io ti lasciavo spompinarmi?”).

Ebbene, a più di 20'anni di distanza da quel film, davvero strepitoso sotto ogni punto di vista, il tema della qualità del lavoro torna oggi prepotentemente alla ribalta.

Nel paese si registra un fenomeno mai conosciuto prima - se non, appunto, attraverso il cinema -, del quale, tanto per cambiare, non si parla, essendo il dibattito risaputamente monopolizzato dalle crisi di mezza età piccole e grandi dei partiti politici: le dimissioni volontarie – scelta, quest'ultima, imputabile con quasi assoluta certezza al periodo di lockdown recentemente vissuto, dove molti, pur nella difficoltà a volte estrema, hanno chi scoperto chi riscoperto una vita non più fatta di ritmi disumani, di competizione, di assenza di limiti, bensì di affettività, di cose semplici come poterebbe essere il preparare un pasto, leggere un libro in tranquillità o riposare il necessario. Ma, soprattutto, una vita dove è possibile ritrovare l'ascolto del proprio sentire interiore, profondo, l'aspetto che maggiormente ci caratterizza in quanto persone.

Gli aziendalisti sono coloro che meglio di altri hanno vissuto – ed in alcune sacche ancora vivono – la grande illusione del lavoro come soluzione al male di vivere (quasi sempre, il proprio).
Alla pari di certi partner gelosi, per i quali l'amore è vissuto come un sentimento esclusivo, l'aziendalista tende a vedere il proprio rapporto con il datore di lavoro in identica maniera, escludendo, in un misto di gelosia e competizione, tutti coloro - eccellenze incluse - che, praticando un diverso atteggiamento, li mettono indirettamente in discussione.
Va da sé, però, che, da parte di molte realtà lavorative, l'aziendalismo è tacitamente incentivato, con le conseguenze che è possibile leggere nell'articolo di Francesca Coin 'La nuova Economia delle Dimissioni', apparso stamane su Il Fatto Quotidiano.

Provate a chiedere ad amici e conoscenti, possibilmente attivando il vostro personale rilevatore di sincerità, quanti di loro si sentono veramente gratificati dall'attività lavorativa svolta, quanti, cioè, trovano nel lavoro quell'ambiente professionale ed umano definito da Primo Levi – che sul tema del 'lavoro inutile' ha scritto pagine destinate a restare nei secoli – come “la più grande approssimazione alla felicità sulla terra”.

Io, l'ho fatto. E vi posso assicurare che quel che riceverete in risposta, nella stragrande maggioranza dei casi, sarà la denuncia, da appartenenti alle più disparate e – a volte – insospettabili categorie, di una condizione mista di frustrazione e disincanto. Nessuno più, per tornare al film di Sam Mendes, è disposto a tollerare un mondo del lavoro dove la principale attività, troppo spesso, dice il protagonista, Lester, “... consiste fondamentalmente nel mascherare il mio disprezzo per quegli stronzi dei miei capi e, almeno una volta al giorno, nel ritirarmi nel bagno degli uomini per farmi una sega, mentre fantastico su una vita che non somigli per filo e per segno all'inferno”.

Non mi permetterò, qui, di affermare che il lavoro da casa (il fottuto smart working) è identico in tutto a e per tutto a quello d'ufficio. Ma è chiaro che l'inaspettato successo di questa modalità denuncia, essenzialmente, il disagio grande di molti lavoratori sia per la logistica dei trasferimenti, mai realmente implementati, sia per il rapporto umano devastante - disruptive, direbbe uno psicologo - con i colleghi della specie aziendalista – artefice, in passato, grazie alla fede cieca che la caratterizza, dello sviluppo industriale del paese, ed oggi, nel globalizzato mondo dell'anno 2021, vero e proprio cancro sociale.

Se in 30'anni siamo passati della ricerca del lavoro alla dimissione volontaria, ciò sta a significare che negli ultimi 20 la profezia di American Beauty è divenuta realtà.

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