Cioè... mi fa impressione vedere Mario Draghi impegnato all'estero nella veste di Presidente del Consiglio (e, per favore: basta con 'sto premier, ché la maggior parte di coloro che impiegano il termine lo fanno ignorando ogni sua effettiva implicazione).
A me viene da dire che, se sei
l'esponente primo di un governo tecnico – e Draghi lo è -, devi
volare basso, limitarti a fare esclusivamente quel che è richiesto
dal tuo ruolo, nulla più.
Un governo tecnico è quello chiamato a
risolvere specifici problemi 'qui ed ora'. Decisioni politiche che
possono avere conseguenze impattanti e durature, non gli
competono.
Ma poi mi ricordo a quale paese appartengo, e tutto
torna ad essere a suo modo chiaro, rispondente, come sempre, alle sue
sole ed oscure logiche interne.
Ancor più impressione, però, mi
fa il vederlo a colloquio con quei suoi pari che il destino (si fa
per dire) ha voluto alla guida dei cosiddetti paesi-catorcio, luoghi
nei quali, messa da parte tutta la retorica umanitaria e
disgustosamente moralista della sinistra nostrana, nessuno di noi
vivrebbe più di un mese senza pensare di spararsi.
È il caso
della Libia.
Draghi
si è complimentato con il collega del governo libico per quanto il
suo paese fa in merito ai salvataggi in mare (!). Che è come
ringraziare Putin per le sue battaglie a favore della libertà
d'opinione o l'Arabia Saudita per la difesa dei diritti civili.
Ha
poi promesso di “facilitare le procedure
dei visti
a favore dei libici aumentando il numero di quelli rilasciati
specialmente a studenti, uomini d’affari, malati, oltre a
facilitare le procedure della comunità libica in Italia anche per
quanto riguarda banche e residenza” e “borse di studio per gli
studenti libici” (Il Fatto Quotidiano, 7 aprile).
Sarà anche un
governo tecnico, questo. Ma a me ricorda molto il PD.
Ha financo
prospettato un ritorno agli accordi bilaterali in auge al tempo di
Gheddafi – non so se mi spiego.
Nei
miei sogni bagnati, raffiguro spesso i nostri rappresentanti
governativi annunciare strette cooperazioni con la Danimarca (un
paese che, solo per fare un esempio, costruirebbe il ponte di Messina
in meno di due anni, se solo ve ne fossero le concrete, serie
intenzioni).
Ma una volta sveglio, è la dura realtà a prendere
il sopravvento: Salvini e la Russia, Renzi e l'Arabia Saudita, Draghi
e la Libia.
Insomma,
dopo l'Egitto, altro splendido paese che, con il caso Regeni ed il
più recente caso Zaki, strizza le palle del nostro governo almeno
una volta la settimana, ora anche la Libia può divertirsi allo
stesso modo dei loro vicini, nella quasi assoluta certezza di vedere
soddisfatte tutte le richieste avanzate ieri l'altro al buon
Mario.
Questo perché, dietro la fuffa programmatica
dell'innovazione a tutto tondo, l'Italia va ancora a carbonella. E la
carbonella di cui abbiamo bisogno come del pane si chiama petrolio.
Meditate, gente.
Meditate.