sabato 9 settembre 2017

THE BEST. Ovvero: come incappai nell'arte meravigliosa di Brad Mehldau.


Sono anni che, sapendo del mio amore per la musica, mi sento chiedere: “Stefano: qual è, secondo te,  il più bravo musicista del mondo?”. Quesito irritante quanto stupido, al quale però, oggi, fornirò risposta, nella speranza di chiudere definitivamente con l'argomento. Il più bravo musicista che abbia mai sentito è Brad Mehldau.
Una sera di molti anni fa (era il 2003), nel mentre provvedevo al lavaggio-piatti, ero sintonizzato con la radio sul terzo canale della RAI. Era in onda l'esibizione di un pianista che, da solo, stava suonando su di un ritmo ostinato. Non conoscevo il brano in esecuzione. Sembrava vagamente un pezzo pianistico di Paul Hindemith. Rimasi incantato. I piatti cominciarono a puzzare, ma dovevo scoprire chi fosse l'autore di quella musica, e chi l'esecutore che, con taglio netto e suono definitissimo, ne stava dando interpretazione. Per una decina di minuti questo misterioso pianista suonò tutto sincopato, per accordi, preciso come una lama di rasoio. Raramente, prima di allora, avevo sentito eseguire della musica con così tanta convinzione, con un pathos che filtrava persino dalla radio, in una maniera così viva. Terminata l'esecuzione, il conduttore rammentò agli ascoltatori che si stava trasmettendo in diretta il concerto del trio jazz del pianista americano Brad Mehldau.
Il figlio di puttana, quindi, stava improvvisando.
Mesi dopo, sui muri della mia città apparvero, puntuali, i manifesti di Lago Maggiore Jazz (magnifica manifestazione, oggi defunta per mancanza di fondi). Lessi: Brad Mehldau Trio, ingresso gratuito.
Non dovevamo essere più di 60, quella sera. Una ventina di aficionados, qualche ficcanaso ed altra gente che passava di lì per caso. Il concerto fu in tutto e per tutto all'altezza delle aspettative in me generate da quel primo, sconvolgente incontro radiofonico. Grazie al clamore-zero, mia moglie ed io riuscimmo senza fatica ad aggirare il palco per una stretta di mano e i complimenti di prammatica. Ci trovammo di fronte ad un nerd sul metro e 90, soporifero ed ipermagnetico. Aveva quello scazzo controllato tipico di chi sa fare bene il proprio lavoro senza esserne consapevole più di troppo.

(ESTRATTO, IN VERSIONE ITALIANA, DAL COLLOQUIO TRA LO SPETTATORE STEFANO PARENZAN DI ARONA, PIEMONTE, E L'ARTISTA BRAD MEHLDAU DI HARTFORD, CONNECTICUT)

- Complimenti, signor Mehldau. Un concerto davvero splendido.

 - Grazie. Mi fa molto piacere.

- Signor Mehldau, io ho una formazione classica alle spalle, proprio come Lei. Ho studiato chitarra classica. Ma amo molto anche il jazz. Mi farebbe piacere se Volesse essere così gentile da elargirmi un consiglio al riguardo.
- Ehm... beh... suona sempre ciò che ti piace, ciò che ami di più. Io faccio così. In questo periodo sto studiando molto Paul Hindemith, e nelle mie improvvisazioni cerco di impiegare il suo stile. Ecco.
- Grazie, signor Mehldau.
- Prego.
- A presto.
- Riguardati.

(FINE DELL' ESTRATTO DI CUI SOPRA)
Hai capito? Paul Hindemith. Beccato. Certo: più facile a dirsi che a farsi.
Sono passati quasi quindici anni. Brad Mehldau non è più solo un talentuosissimo pianista di nicchia: è una superstar del jazz, contesa dai più importanti festivals del mondo.
Da allora non ho più smesso di ascoltarlo e seguirlo.
Ascoltarlo. Le registrazioni, alcune delle quali davvero splendide (i volumi di The Art Of The Trio ed Elegiac Cycle, il suo capolavoro, dischi obbligatori per chiunque ami realmente la musica), sono quelle che, meglio di ogni parola, lo descrivono. Esiste inoltre un bellissimo documentario, dalla serie Portraits, realizzato dal canale europeo ARTE, che consiglio a tutti di vedere, e che è un vero documento di militanza musicale. Vi è ritratto un Brad Mehldau giovanissimo in azione con il suo trio. Le performances sono strepitose, e le interviste che le inframmezzano un vero e proprio sguardo su di un talento raro e vulnerabile, colto allo svanire dell'innocenza. Scoprirete, in entrambi i casi, che è difficile non commuoversi di fronte a così tanta bellezza.
Seguirlo. Sul proprio sito web, dove, episodicamente, esterna il proprio pensiero per iscritto – e che è esattamente ciò che ha fatto qualche settimana fa, alla luce della tragica marcia dei suprematisti bianchi a Charlottesville VA. Perché questo artista straordinario, oltre a talento e pensiero, vanta anche una coscienza alquanto reattiva. Americana. Artistica. Etica. Politica. È perfettamente consapevole, cioè, che i ceffi che hanno sfilato in Virginia palesando anacronisticamente il desiderio di eliminare la presenza nera dal territorio statunitense, attentano proprio alle differenze che hanno generato quell'arte meravigliosa della quale egli è, al momento, uno dei massimi esponenti. Scrive: “Per ciò che riguarda Charlottesville, mi schiero con le tante persone sconcertate dalle parole poco chiare di Trump nei confronti dei neonazisti, e con coloro che protestano contro i neonazisti. Non accetto questo relativismo morale. Alla fine, tutti abbiamo visto la reale violenza che proviene dal campo neonazista. L'amoralità di Trump è un aspetto della sua facciata sostanzialmente narcisistica e della sua stupidità. Non ha la capacità per generare empatia, e di conseguenza nulla di buono farà per il paese o per il mondo. Ciò può cambiare solo con una radicale trasformazione del suo carattere. Penso sia possibile. Nel frattempo, teniamoci impegnati fino a quando verrà indagato o costretto alle dimissioni.”
Non riesco a non pensare all'irruzione dei militanti di Forza Nuova nella chiesa del Pistoiese. Vi vedo un parallelo inquietante.
Brad Mehldau è un romantico che suona jazz.
Imbattendosi in una sua foto recente, e ricordandosi di quel breve incontro dopo il concerto aronese, mia moglie è rimasta colpita dal rivedere in essa l'immagine di un uomo visibilmente invecchiato. E qui sta il nocciolo della riflessione.
Contrariamente a quanto asserito dal luogo comune, quello della musica è un mestiere duro. Richiede impegno, fatica, studio continuo, ed una dose di sofferenza in diretta proporzione con la sensibilità in gioco. Non sorprende, quindi, che il giovane incontrato in quel luglio di tanti anni fa sia stato sostituito da una figura più sciupata, incanutita, invecchiata, sebbene con dignità. Qui non stiamo parlando di musicisti che, azzeccata una formula, hanno poi optato per una carriera di rendita. Parliamo di un musicista vero, come ve ne sono pochi, che realmente ricrea e dona la propria arte, giorno dopo giorno, concerto dopo concerto, disco dopo disco. E quando c'è sincerità c'è anche, ogni volta, un piccola parte di sé destinata a perdersi nell'atto del donare. Per questa ragione i musicisti invecchiano e gli istrioni rimangono congelati nell'età e nei costumi.
La grandezza di Brad Mehldau consiste nell'avere portato la propria tecnica ad un punto dove il gesto - la mano che corre sulla tastiera - non è più avvertito, e la musica scaturisce dai soli cuore e mente.
Un vero e proprio balsamo per le nostre anime, sempre più minacciate dall'aridità di un mondo insensibile.

2 commenti:

  1. Ehi, M. Parenzan, questo post mi ha fatto ricordare come dalla Florida di Meldhau, attraverso picareschi volteggi, sia incappato in un artista più nostrano, Paolo Spaccamonti. Non lo conosci? Ti piacerà. Buone cose.

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    1. No, non lo conosco. ma seguirò il tuo suggerimento.
      Buone cose anche a te.

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