Sono anni che, sapendo del mio amore
per la musica, mi sento chiedere: “Stefano: qual è, secondo te, il più bravo musicista
del mondo?”. Quesito irritante quanto stupido, al quale però,
oggi, fornirò risposta, nella speranza di chiudere definitivamente
con l'argomento. Il più bravo musicista che abbia mai sentito è Brad Mehldau.
Una sera di molti anni fa (era il
2003), nel mentre provvedevo al lavaggio-piatti, ero sintonizzato con la radio sul terzo canale della RAI. Era in onda l'esibizione di un pianista che, da solo, stava suonando su di un
ritmo ostinato. Non conoscevo il brano in esecuzione. Sembrava
vagamente un pezzo pianistico di Paul Hindemith. Rimasi incantato. I
piatti cominciarono a puzzare, ma dovevo scoprire chi fosse l'autore di
quella musica, e chi l'esecutore che, con taglio netto e suono
definitissimo, ne stava dando interpretazione. Per una decina di
minuti questo misterioso pianista suonò tutto sincopato, per
accordi, preciso come una lama di rasoio. Raramente, prima di allora,
avevo sentito eseguire della musica con così tanta convinzione, con
un pathos che filtrava persino dalla radio, in una maniera
così viva. Terminata l'esecuzione, il conduttore rammentò agli ascoltatori che
si stava trasmettendo in diretta il concerto del trio jazz del
pianista americano Brad Mehldau.
Il figlio di puttana, quindi, stava
improvvisando.
Mesi dopo, sui muri della mia città
apparvero, puntuali, i manifesti di Lago Maggiore Jazz (magnifica
manifestazione, oggi defunta per mancanza di fondi). Lessi: Brad
Mehldau Trio, ingresso gratuito.
Non dovevamo essere più di 60,
quella sera. Una ventina di aficionados, qualche ficcanaso ed
altra gente che passava di lì per caso. Il concerto fu in tutto e
per tutto all'altezza delle aspettative in me generate da quel primo, sconvolgente
incontro radiofonico. Grazie al clamore-zero, mia moglie ed io
riuscimmo senza fatica ad aggirare il palco per una stretta di mano e
i complimenti di prammatica. Ci trovammo di fronte ad un nerd
sul metro e 90, soporifero ed ipermagnetico. Aveva quello scazzo
controllato tipico di chi sa fare bene il proprio lavoro senza
esserne consapevole più di troppo.
(ESTRATTO, IN VERSIONE ITALIANA, DAL COLLOQUIO TRA LO SPETTATORE STEFANO PARENZAN DI ARONA, PIEMONTE, E L'ARTISTA BRAD MEHLDAU DI HARTFORD, CONNECTICUT)
- Complimenti, signor Mehldau. Un concerto davvero splendido.
- Grazie. Mi fa molto piacere.
(ESTRATTO, IN VERSIONE ITALIANA, DAL COLLOQUIO TRA LO SPETTATORE STEFANO PARENZAN DI ARONA, PIEMONTE, E L'ARTISTA BRAD MEHLDAU DI HARTFORD, CONNECTICUT)
- Complimenti, signor Mehldau. Un concerto davvero splendido.
- Grazie. Mi fa molto piacere.
- Signor Mehldau, io ho una formazione classica alle spalle, proprio come Lei. Ho studiato chitarra classica. Ma amo molto anche il jazz.
Mi farebbe piacere se Volesse essere
così gentile da elargirmi un consiglio al riguardo.
- Ehm... beh... suona sempre ciò che ti piace, ciò che ami di più. Io faccio così. In questo periodo sto studiando molto Paul Hindemith, e nelle mie improvvisazioni cerco di impiegare il suo stile. Ecco.
- Grazie, signor Mehldau.
- Prego.
- A presto.
- Riguardati.
(FINE DELL' ESTRATTO DI CUI SOPRA)
(FINE DELL' ESTRATTO DI CUI SOPRA)
Hai capito? Paul Hindemith. Beccato. Certo: più facile a dirsi che a farsi.
Sono passati quasi quindici anni.
Brad Mehldau non è più solo un talentuosissimo pianista di nicchia:
è una superstar del jazz, contesa dai più importanti
festivals del mondo.
Da allora non ho più smesso di
ascoltarlo e seguirlo.
Ascoltarlo. Le registrazioni, alcune
delle quali davvero splendide (i volumi di The Art Of The Trio ed
Elegiac Cycle, il suo capolavoro,
dischi obbligatori per chiunque ami realmente la musica), sono quelle
che, meglio di ogni parola, lo descrivono. Esiste inoltre un
bellissimo documentario, dalla serie Portraits,
realizzato dal canale europeo ARTE, che consiglio a tutti di vedere,
e che è un vero documento di militanza musicale. Vi è ritratto un
Brad Mehldau giovanissimo in azione con il suo trio. Le performances
sono strepitose, e le interviste che le inframmezzano un vero e
proprio sguardo su di un talento raro e vulnerabile, colto allo
svanire dell'innocenza. Scoprirete, in entrambi i casi, che è
difficile non commuoversi di fronte a così tanta bellezza.
Seguirlo.
Sul proprio sito web,
dove, episodicamente, esterna il proprio pensiero per iscritto – e
che è esattamente ciò che ha fatto qualche settimana fa, alla luce
della tragica marcia dei suprematisti bianchi a Charlottesville VA.
Perché questo artista straordinario, oltre a talento e pensiero,
vanta anche una coscienza alquanto reattiva. Americana. Artistica. Etica. Politica. È
perfettamente consapevole, cioè, che i ceffi che hanno sfilato in
Virginia palesando anacronisticamente il desiderio di eliminare la
presenza nera dal territorio statunitense, attentano proprio alle
differenze che hanno generato quell'arte meravigliosa della quale
egli è, al momento, uno dei massimi esponenti. Scrive: “Per ciò
che riguarda Charlottesville, mi schiero con le tante persone
sconcertate dalle parole poco chiare di Trump nei confronti dei
neonazisti, e con coloro che protestano contro i neonazisti.
Non accetto questo relativismo morale. Alla fine, tutti abbiamo visto
la reale violenza che proviene dal campo neonazista. L'amoralità di
Trump è un aspetto della sua facciata sostanzialmente narcisistica e
della sua stupidità. Non ha la capacità per generare empatia, e di
conseguenza nulla di buono farà per il paese o per il mondo. Ciò
può cambiare solo con una radicale trasformazione del suo carattere.
Penso sia possibile. Nel frattempo, teniamoci impegnati fino a quando
verrà indagato o costretto alle dimissioni.”
Non riesco a non pensare
all'irruzione dei militanti di Forza Nuova nella chiesa del
Pistoiese. Vi vedo un parallelo inquietante.
Brad Mehldau è un romantico che
suona jazz.
Imbattendosi in una sua foto recente,
e ricordandosi di quel breve incontro dopo il concerto aronese, mia
moglie è rimasta colpita dal rivedere in essa l'immagine di un uomo
visibilmente invecchiato. E qui sta il nocciolo della riflessione.
Contrariamente a quanto asserito dal
luogo comune, quello della musica è un mestiere duro. Richiede
impegno, fatica, studio continuo, ed una dose di sofferenza in
diretta proporzione con la sensibilità in gioco. Non sorprende,
quindi, che il giovane incontrato in quel luglio di tanti anni fa sia
stato sostituito da una figura più sciupata, incanutita,
invecchiata, sebbene con dignità. Qui non stiamo parlando di
musicisti che, azzeccata una formula, hanno poi optato per una carriera
di rendita. Parliamo di un musicista vero, come ve ne sono pochi, che
realmente ricrea e dona la propria arte, giorno dopo giorno, concerto
dopo concerto, disco dopo disco. E quando c'è sincerità c'è
anche, ogni volta, un piccola parte di sé destinata a perdersi nell'atto del
donare. Per questa ragione i musicisti invecchiano e gli istrioni
rimangono congelati nell'età e nei costumi.
La grandezza di Brad Mehldau consiste
nell'avere portato la propria tecnica ad un punto dove il gesto - la
mano che corre sulla tastiera - non è più avvertito, e la musica
scaturisce dai soli cuore e mente.
Un vero e proprio balsamo per le
nostre anime, sempre più minacciate dall'aridità di un mondo
insensibile.
Ehi, M. Parenzan, questo post mi ha fatto ricordare come dalla Florida di Meldhau, attraverso picareschi volteggi, sia incappato in un artista più nostrano, Paolo Spaccamonti. Non lo conosci? Ti piacerà. Buone cose.
RispondiEliminaNo, non lo conosco. ma seguirò il tuo suggerimento.
EliminaBuone cose anche a te.