venerdì 19 maggio 2017

Il Primo Uomo


Mi accorgo solo ora che, quest'anno, ricorre il trentesimo anniversario della scomparsa, tragica per portata culturale e per modalità, di Primo Levi.
Primo Levi ha rappresentato, per me, tra medie e superiori, la classica lettura obbligatoria respinta alla sua prima proposta ed adorata nella riscoperta in età adulta. Ad oggi posso affermare che i suoi libri sono stati, senza ombra di dubbio, quelli più belli, profondi, densi di significato ed iniziatici che abbia mai letto. Sono stati i libri che mi hanno permesso, poco più che ventenne, di scoprire ed amare altri libri, altri autori, altri scrittori. Hanno rappresentato l'incontro con il pensiero, il ragionamento, la formazione, la bella scrittura, lo stile. Ma, soprattutto: l'incontro con la parola usata con responsabilità.
Tutto ha avuto inizio con La Tregua, nell'edizione Einaudi di Se Questo è Un Uomo. Volevo vedere in prima persona cosa realmente celasse di così interessante questo scrittore che così spesso ritornava – incompreso da noi 'sbarbati' e frainteso dai professori - nelle lezioni di Italiano, sovente imbragato in presentazioni non in grado di accendere l'entusiasmo – necessario in ogni avventura d'apprendimento – in quei giovanissimi allievi quali noi eravamo (il Lager, la Shoa, la guerra contro il nazifascismo, ecc., esattamente quanto di meglio per fartene tenere a debita distanza). Lo ricordo ancora. Io che mi faccio coraggio (al tempo non ero per nulla abituato alla lettura). Mi rendo conto che il compito richiede un certo impegno. Comincio. L'urto è frontale. Hurbinek, l'incarnazione dell'orrore in terra che si fa pietà: pietà per un essere venuto al mondo con la sola, mostruosa funzione di simboleggiare una fine del tempo unica nella storia umana – e nella letteratura; pietà per la propria persona, cui è toccato registrare questa testimonianza. Pagine che ancora oggi pietrificano.
Mi persuado che questo Levi, le qualità, le ha davvero. Vado indietro di un passo: Se Questo è Un Uomo. La Storia Di Dieci Giorni. Mi ritrovo sconvolto. Nella mia esperienza di lettore, sono pagine ineguagliate. Credo nemmeno i grandi sceneggiatori hollywoodiani – che grandi, in molti casi, lo sono davvero - siano riusciti, in questi decenni, nelle tante produzioni dedicate vuoi allo sterminio vuoi all'apocalittico come genere (doom), a rendere la sensazione di totale annichilimento che quel solo capitolo del libro di Levi riversa sul lettore - al punto da lasciarlo completamente disarmato, perso tra l'orrore e la sua bellissima descrizione.
Non riesco sinceramente a ricordare la sequenza esatta con la quale ho percorso l'opera di Primo Levi. Rammento solo di avervi incontrato tutti – dico 'tutti' – i temi che un giovane post-adolescente poteva trovare degni di trattazione - alcuni, come la dignità e la sanità del lavoro, assurti, oggi, allo status di profezia, fatti oggetto del libro d'esordio e, in maniera più specifica, ne La Chiave A Stella.
Ricordo bene, invece, di avere terminato questo viaggio con I Sommersi E I Salvati, che iniziai a leggere convinto che il signor Levi, seppur messi a bersaglio, i colpi li avesse già tutti esplosi. Se avete letto questo testo, in tutti i sensi 'ultimo', potete rendervi conto dell'effetto che può avere avuto su di un pivello con una simile, presuntuosa convinzione.
Primo Levi è stato un lavoratore dipendente fino al pensionamento, incaricato di una supervisione tecnica fondamentale e non facilmente surrogabile. Al tempo stesso, e cioè nel cosiddetto tempo libero, un intellettuale di riconosciuta statura, frequentatore attento ed ascoltato del fiore della cultura italiana del novecento. È riuscito, grazie ad una intelligenza non comune, ad eccellere su entrambi i fronti. Sono aspetti che, per quanto mi è dato più che sapere intuire, la scuola dell'obbligo non tratta, a favore di visioni cristallizzate e prive di vita, non in grado di stimolare nei giovani studenti l'attenzione grande che merita a ragion veduta e a pieni meriti.
Che poi la sua uscita di scena sia avvenuta per suicidio, ahimè, alimenta solo e proprio quelle leggende che egli stesso avrebbe deprecato.
Era un uomo, Primo Levi. Aveva cioè le stesse nostre debolezze e fragilità.

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