Ho trascorso più di metà della mia
vita a coltivare ascolti di qualità, snobbando letteralmente tutto
quanto recasse anche solo una lontana parvenza commerciabile, e
sempre più rifugiandomi nelle nicchie – poche, ma eccellenti (non
ultima quella rappresentata da Public Service Broadcasting, il mio
prossimo live obbligatorio).
Per questo, mai avrei pensato che, di
questi tempi, mi sarei trovato ad accostare la macchina al solo fine di prestare ascolto, incantato, ad una delle regine della vetusta, e
relativissima, hit parade: Adele.
Come non poteva non essere, Hallo, il
nuovo singolo di Adele, è in testa alle classifiche di diversi
paesi. Quindi il tipo di ascolto che scarto di default da
decenni e per il quale nutro un interesse paro a quello per la
politica nostrana. Nullo.
Il fatto è che quando l'auto-tuning
mi ha portato sull'attacco della canzone, su quel primo “Hallo”
che giunge inaspettato come la telefonata narrata nel testo, non ho
potuto far altro che obbedire all'incantesimo.
Hallo è una canzone perfetta. E
bellissima.
Il soggetto
è semplice. Adele è una ragazzaccia che ha spezzato il cuore ad un
maschietto. Fine della storia. Ognuno per i fatti suoi,
allontanamento, sensi di colpa, assenza di notizie. Fino a quando la
nostra non trova il coraggio di comporre quel numero di telefono,
segretamente conservato negli anni. E allora: “Hallo”. Pronto.
Sono io.
La voce, calda e rotonda, priva di
spigolature (al contrario di certe apprezzatissime urlatrici
nazionali che non citerò); la dizione impeccabile (il modo in cui
pronuncia e canta, tutto d'un fiato, “It's so typical of me to talk
about myself I'm sorry”, è da scuola di canto, lezione di
fraseggio, e vale l'acquisto su Itunes); le armonie semplici ed
interamente asservite all'esaltazione della voce (magistralmente
riuscita); la produzione attenta (il missaggio con la voce 'in
avanti' da brivido); la quasi totale assenza di escandescenze (il
brano prende ritmo solo sul finale, senza concessioni accattivanti,
tipo virtuosismi, acuti o distorsioni). La sospetta banalità del
pentimento della protagonista è fugata dal tono pacato e dalla
grazia del cantato. Ma anche il femminismo psicologicamente maturo
della canzone (non dimentichiamo che è la protagonista a prendere
l'iniziativa e a riconoscere le colpe, e senza un Eros Ramazzotti che
provvede al controcanto consolatorio e rassicurante – in culo a
Tina Turner e a I Belong To 'Sto Cazzo'), contribuisce al risultato
finale. Parla ad un cuore spezzato con grazia e garbo, come tante
volte, forse segretamente, vorremmo vedere trattata la nostra più
intima sensibilità.
Un classico, potenzialmente. Ed anche
qualcosa di più, se si ha il coraggio di ammetterlo.
Oggi non crediamo a papa Francesco:
figuriamoci al produttore e al manager di Adele.
Adele Adkins viene da un lungo periodo
di assenza dovuto al blocco dello scrittore – o, almeno, così ci
dicono. Il singolo giunge dunque a sorpresa un po' per tutti. E –
guarda caso – di cosa parla? Di un evento inatteso. Ha venticinque
(!) anni, ma la bellezza matura di una trentenne (afferrate? La
sofferenza invecchia, e così la narrazione ne guadagna). Ha il vezzo
– e la pigrizia – di intitolare i suoi albums con la cifra
della sua età al momento della pubblicazione (ho già prenotato
Fourty-seven, Adele: vedremo se ne avrai il coraggio). C'è l'arte
del commercio, a sorreggere Adele, il suo singolo e l'album
che seguirà. Eppure. . .
Anche intorno a Lionel Messi vi è una
cura finalizzata al massimo risultato per sponsorizzazione,
mantenimento dell'immagine, mantenimento dell'interesse mediatico ed
alimentazione costante della leggenda. E questo, obiettivamente, non
rende il suo calcio giocato meno spettacolare. Andrò oltre, per
intenderci. Apple è il colosso mondiale del commercio, e nonostante
tutto continua a produrre ottimi computers. Non
necessariamente, quindi, ciò che è commerciabile deve essere
carente nella qualità (vogliamo parlare dei Duran Duran?).
Adele è un'artista giovane e brava. Ha
il successo che merita.
Ignoro se dal vivo sia in grado di
riprodurre le magie sintetizzate in studio. Per questo motivo, non
andrò al suo concerto: per non rovinare la bellezza ripetuta di
questo ascolto.
In un'epoca come la nostra, dove tutto
è urlato, dall'elemosina alla mestruazione, Hallo è davvero una
canzone salvavita.
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