lunedì 5 ottobre 2015

RADIO KAOS. Le chiacchere da bar delle emittenti nazionali.

Da quando il lettore CD della macchina ha misteriosamente smesso di funzionare, ho affidato il mio sostentamento musicale itinerante alla sintonizzazione automatica. Spero cioè che il dispositivo trovi per me un'emittente degna di ascolto, e che al contempo non intasi la testa con gli stessi 'liquami' della rete.

Finisco puntualmente con il trarre la stessa conclusione ogni giorno.

Il panorama FM nazionale è musicalmente sconfortante. Sembra tutto un susseguirsi di brutte canzoni e musiche tamarre con rarissime incursioni di eccezionalità (Kasabian, Gazzè-Fabi-Silvestri, Caparezza, Depeche Mode d'annata e poco altro, e please: che nessuno osi dirmi di avere dimenticato i Foo Fighters, perché son botte), interrotto solo dal blaterare dei conduttori - finalizzato a riempire spazi di programmazione stabiliti al secondo. Tutto è lecito, purché politicamente corretto. Tutto irrilevante ed approssimativo, pur di evitare anche solo pochi secondi di silenzio (mi è capitato di sentire un conduttore dire che Every Thing She Does Is Magic dei Police “è inserita in quel disco con il titolo in francese. . . come si chiama? Non lo ricordo più. Vabbè: ci siamo capiti”. Il disco oggetto di oblio è, presumibilmente, Outlandos d'Amour. Non è francese, e non ospita la canzone – che si può invece sentire in Ghost In The Machine. Facciamoci del male).

La hit del momento, sempre facilmente riconoscibile, può essere sentita in differita, anche di pochi secondi, sui vari canali, nelle diverse fasce orarie. E questo svela la bufala della cosiddetta 'radio alternativa', visto che l'alternativa non c'è.
Persino le radio che si definiscono rock , a sottolineare la differenza, non sono che stazioni partorite da quella generazione ora adulta, incapace di riconoscere che dopo i 'Floyd' vi sono ancora gruppi geniali ed interessanti (es. Arctic Monkeys) - e che quindi propinano via etere né più né meno quanto girava sugli impianti stereo delle loro camerette nei pomeriggi dei compiti con le canne. Nulla di alternativo, quindi. E pure proposto con le stesse fastidiose modalità comunicative della concorrenza (Qualcuno ricorda la performance degli Arctic Monkeys all'apertura delle Olimpiadi di Londra? Personalmente è stata l'ultima volta che ho visto, come direbbe Adriano Celentano, qualcosa rock. Questi quattro giovani che dal cuore depresso cronico dell'Inghilterra approdano sul palco dello Wembley Stadium, in mondo-visione; con Alex Turner vestito e pettinato come un Teddy Boy; come i Beatles leggendari delle notti di Amburgo; con un passo da veri duri di periferia, e che attaccano a suonare con un piglio tipo non speriamo-che-vada-bene, ma: “Hey, mondo: spero TU sia alla nostra altezza”, rappresentano uno spettacolo impagabile. E la cover di Come Together, specie nelle strofe, è ipnotica e bellissima).
Ci si accorge allora che molte musiche già le si conoscono perché colonna sonora di pubblicità di griffe dell'alta moda: a volte presentate come tali – e qui l'identificazione con il prodotto è bestiale ed oltrepassa l'aspetto promozionale -, altre volte senza preparazione – tecnica psicologica subdola e letale (es: le canzoni di Cremonini per l'Algida).
Dove le frequenze lo permettono, si aprono siparietti inaspettati e a volte divertenti di musica latina. Twerking, sesso precoce, grigliate in spiaggia la domenica e mancata integrazione sono le immagini evocate da un ascolto di anche pochi secondi. E pensare che c'è chi ne fa pratica nel ballo con dedizione da musicista classico.
Il comparto 'nostalgia' è rappresentato da tre arieti come Up-Radio, Radio Nostalgia, e Otto FM, isole dove ancora si può incontrare un paese che si commuove per Cindy Lauper o alza le braccia al cielo – magari mentre al volante – al suono dei Tears For Fears; dove Whitney Houston è ancora viva e gli Spandau Ballet sono in classifica (la stessa Otto FM non dimostra pudore alcuno, presentandosi – appunto – come “la radio dei Tears For Fears”, inducendo confusione tra proprietà, esclusività e fanatismo).

Raramente la ricerca si conclude senza una sosta di sintonizzazione su Radio Zeta.
Radio Zeta è un'emittente che fa riflettere. Fa riflettere su questa italietta della della porta accanto, del vicino di casa, della spesa all'apertura del supermercato, del neo-melodico nordista; di pranzi abbondanti e cene alla festa del paese; di prime toccatine al suono dell'orchestra ospite e alle fantasie erotiche sulla zia prosperosa. È sempre estate su Radio Zeta. Secondo me, dopo un fallout nucleare, due realtà sopravvivono: le cimici e le telefonate in diretta a Radio Zeta. Secondo Indro Montanelli, la vera Italia era forse quella dei venti milioni inchiodati davanti al video di Sanremo. Radio Zeta è la conferma a questo sentore. Almeno per un suo terzo.

E poi c'è Radio Maria. “In auto ascolto sempre radio Maria. Anche perché è inevitabile: accendi la radio, c'è radio Maria. Cambi stazione, becchi ancora Radio Maria! Com'è possibile? - È un miracolooo! - Un miracolo o antenne vaticane cancerogene.” (Daniele Luttazzi – Bollito Misto Con Mostarda, Feltrinelli 2005).

Ciò che risulta mancante nel nostro panorama radiofonico è una tradizione di talk radio – quella del film dimenticato di Oliver Stone, per intenderci -, con una eccezione: Radio Padania Libera. Nel senso che è l'unica che pratica il genere – con quali risultati, verificatelo sulle sue frequenze dopo un respiro profondo (Radio RAI3 – Dio la preservi a lungo – nella sua eccellente programmazione, nei suoi approfondimenti, non pratica questo format: alla talk radio preferisce il confronto in diretta, a più voci e mediato. Ecco perché Radio Padania Libera vanta questa unicità. Quanto a Radio Padania Libera, i suoi discorsi mi ricordano sempre i davidiani di David Koresh. Troveranno mai la loro Waco padana?).

Nel panorama uniforme e geriatrico dell'informazione radiofonica, ci si può imbattere in passaggi tipo:“passeremo in rassegna le notizie del giorno con un tocco di leggerezza, lasciando da parte le notizie cattive”, sui quali mi rifiuto di commentare; o in quelli più professionali di eccellenti emittenti indipendenti, rovinate da presentatori con difetti di pronuncia o parlate fastidiosamente regionali.

Isole felici? Sì, ve ne sono: Radio RAI3, quantomeno per la coerenza del palinsesto (sebbene anch'essa, in un contesto di ascolto random, può presentarsi con rassegne di musica antica che altro non fanno che aumentare le vendite dei Bon Jovi); Radio RAI2, nella prima e seconda serata, e a seconda dei conduttori, unica a proporre le sofisticatezze del panorama electronica internazionale; Radio DeeJay, quando Linus si fa umile perché ha in studio gli Elio E Le Storie Tese – e non Emis Killa – per il settimanale di Cordialmente.

Yehudi Menuhin raccontò in una intervista di sentirsi violato dalla musica nei supermercati e centri commerciali. Per quanto improntato ad un intellettualismo sterile, trovo tutt'altro che scontato sottolineare che un ascolto privato della libera scelta e del pensiero sia fortemente alienante – esattamente quanto avviene con l'auto-tuning.

Ho recentemente riascoltato Brad Mehldau, a casa e sdraiato sul divano. E al di la dell'aspetto tecnico, ciò che ammalia in questo pianista meraviglioso è la costante ricerca della musica percepita dentro di sé. È forse la qualità che più caratterizza la figura del musicista vero. È un atteggiamento che il musicista attua nell'esecuzione per conferire a questa un senso il più alto possibile. È un atteggiamento che noi tutti possiamo attuare nell'ascolto per risolvere una parte del caos e conferire alle nostre vite un senso altrettanto alto, lontano da ogni pratica assimilativa automatica ed incontrollata.

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