Da quando il lettore CD della macchina
ha misteriosamente smesso di funzionare, ho affidato il mio
sostentamento musicale itinerante alla sintonizzazione automatica. Spero cioè
che il dispositivo trovi per me un'emittente degna di ascolto, e che
al contempo non intasi la testa con gli stessi 'liquami' della rete.
Finisco puntualmente con il trarre la stessa conclusione ogni giorno.
Finisco puntualmente con il trarre la stessa conclusione ogni giorno.
Il panorama FM nazionale è
musicalmente sconfortante. Sembra tutto un susseguirsi di brutte
canzoni e musiche tamarre con rarissime incursioni di eccezionalità
(Kasabian, Gazzè-Fabi-Silvestri, Caparezza, Depeche Mode d'annata e poco altro, e please: che nessuno osi dirmi di avere dimenticato i Foo Fighters, perché son botte),
interrotto solo dal blaterare dei conduttori - finalizzato a
riempire spazi di programmazione stabiliti al secondo. Tutto è
lecito, purché politicamente corretto. Tutto irrilevante ed
approssimativo, pur di evitare anche solo pochi secondi di silenzio
(mi è capitato di sentire un conduttore dire che Every Thing She
Does Is Magic dei Police “è inserita in quel disco con il titolo
in francese. . . come si chiama? Non lo ricordo più. Vabbè: ci
siamo capiti”. Il disco oggetto di oblio è, presumibilmente,
Outlandos d'Amour. Non è francese, e non ospita la canzone – che
si può invece sentire in Ghost In The Machine. Facciamoci del male).
La hit del momento, sempre
facilmente riconoscibile, può essere sentita in differita, anche di
pochi secondi, sui vari canali, nelle diverse fasce orarie. E questo
svela la bufala della
cosiddetta 'radio alternativa', visto che l'alternativa non c'è.
Persino le radio che si definiscono
rock , a sottolineare la differenza, non sono che stazioni
partorite da quella generazione ora adulta, incapace di riconoscere
che dopo i 'Floyd' vi sono ancora gruppi geniali ed interessanti (es.
Arctic Monkeys)
- e che quindi propinano via etere né più né meno quanto girava
sugli impianti stereo delle loro camerette nei pomeriggi dei compiti
con le canne. Nulla di alternativo, quindi. E pure proposto con le
stesse fastidiose modalità comunicative della concorrenza (Qualcuno ricorda la performance degli Arctic Monkeys all'apertura delle Olimpiadi di Londra? Personalmente è stata l'ultima volta che ho visto, come direbbe Adriano Celentano, qualcosa rock. Questi quattro giovani che dal cuore depresso cronico dell'Inghilterra approdano sul palco dello Wembley Stadium, in mondo-visione; con Alex Turner vestito e pettinato come un Teddy Boy; come i Beatles leggendari delle notti di Amburgo; con un passo da veri duri di periferia, e che attaccano a suonare con un piglio tipo non speriamo-che-vada-bene, ma: “Hey, mondo: spero TU sia alla nostra altezza”, rappresentano uno spettacolo impagabile. E la cover di Come Together, specie nelle strofe, è ipnotica e bellissima).
Ci si accorge allora che molte musiche
già le si conoscono perché colonna sonora di pubblicità di griffe
dell'alta moda: a volte presentate come tali – e qui
l'identificazione con il prodotto è bestiale ed oltrepassa l'aspetto
promozionale -, altre volte senza preparazione – tecnica
psicologica subdola e letale (es: le canzoni di Cremonini per
l'Algida).
Dove le frequenze lo permettono, si
aprono siparietti inaspettati e a volte divertenti di musica latina.
Twerking, sesso precoce, grigliate in spiaggia la domenica e
mancata integrazione sono le immagini evocate da un ascolto di anche
pochi secondi. E pensare che c'è chi ne fa pratica nel ballo con
dedizione da musicista classico.
Il comparto 'nostalgia' è
rappresentato da tre arieti come Up-Radio, Radio Nostalgia, e Otto
FM, isole dove ancora si può incontrare un paese che si commuove per
Cindy Lauper o alza le braccia al cielo – magari mentre al volante
– al suono dei Tears For Fears; dove Whitney Houston è ancora viva
e gli Spandau Ballet sono in classifica (la stessa Otto FM non
dimostra pudore alcuno, presentandosi – appunto – come “la
radio dei Tears For Fears”, inducendo confusione tra proprietà,
esclusività e fanatismo).
Raramente la ricerca si conclude senza
una sosta di sintonizzazione su Radio Zeta.
Radio Zeta è un'emittente che fa
riflettere. Fa riflettere su questa italietta della della porta
accanto, del vicino di casa, della spesa all'apertura del
supermercato, del neo-melodico nordista; di pranzi abbondanti e cene
alla festa del paese; di prime toccatine al suono dell'orchestra
ospite e alle fantasie erotiche sulla zia prosperosa. È sempre
estate su Radio Zeta. Secondo me, dopo un fallout nucleare,
due realtà sopravvivono: le cimici e le telefonate in diretta a
Radio Zeta. Secondo Indro Montanelli, la vera Italia era forse quella
dei venti milioni inchiodati davanti al video di Sanremo. Radio Zeta
è la conferma a questo sentore. Almeno per un suo terzo.
E poi c'è Radio Maria. “In auto
ascolto sempre radio Maria. Anche perché è inevitabile: accendi la
radio, c'è radio Maria. Cambi stazione, becchi ancora Radio Maria!
Com'è possibile? - È un miracolooo! - Un miracolo o antenne
vaticane cancerogene.” (Daniele Luttazzi – Bollito Misto Con Mostarda, Feltrinelli 2005).
Ciò che risulta mancante nel nostro
panorama radiofonico è una tradizione di talk radio – quella
del film dimenticato di Oliver Stone, per intenderci -, con
una eccezione: Radio Padania Libera. Nel senso che è l'unica che
pratica il genere – con quali risultati, verificatelo sulle sue
frequenze dopo un respiro profondo (Radio RAI3 – Dio la preservi a lungo – nella sua eccellente
programmazione, nei suoi approfondimenti, non pratica questo format:
alla talk radio preferisce il confronto in diretta, a più
voci e mediato. Ecco perché Radio Padania Libera vanta questa
unicità. Quanto a Radio Padania Libera, i suoi discorsi mi ricordano sempre i davidiani di David Koresh. Troveranno mai la loro Waco padana?).
Nel panorama uniforme e geriatrico
dell'informazione radiofonica, ci si può imbattere in passaggi
tipo:“passeremo in rassegna le notizie del giorno con un tocco di
leggerezza, lasciando da parte le notizie cattive”, sui quali mi rifiuto di commentare; o in quelli più
professionali di eccellenti emittenti indipendenti, rovinate da
presentatori con difetti di pronuncia o parlate fastidiosamente
regionali.
Isole felici? Sì, ve ne sono: Radio
RAI3, quantomeno per la coerenza del palinsesto (sebbene anch'essa,
in un contesto di ascolto random, può presentarsi con
rassegne di musica antica che altro non fanno che aumentare le
vendite dei Bon Jovi); Radio RAI2, nella prima e seconda serata, e a
seconda dei conduttori, unica a proporre le sofisticatezze del
panorama electronica internazionale; Radio DeeJay, quando Linus si fa
umile perché ha in studio gli Elio E Le Storie Tese – e non Emis
Killa – per il settimanale di Cordialmente.
Yehudi Menuhin raccontò in una
intervista di sentirsi violato dalla musica nei supermercati e centri
commerciali. Per quanto improntato ad un intellettualismo sterile,
trovo tutt'altro che scontato sottolineare che un ascolto privato
della libera scelta e del pensiero sia fortemente alienante –
esattamente quanto avviene con l'auto-tuning.
Ho recentemente riascoltato Brad
Mehldau, a casa e sdraiato sul divano. E al di la dell'aspetto
tecnico, ciò che ammalia in questo pianista meraviglioso è la
costante ricerca della musica percepita dentro di sé. È forse la
qualità che più caratterizza la figura del musicista vero. È un
atteggiamento che il musicista attua nell'esecuzione per conferire a
questa un senso il più alto possibile. È un atteggiamento che noi
tutti possiamo attuare nell'ascolto per risolvere una parte del caos
e conferire alle nostre vite un senso altrettanto alto, lontano da
ogni pratica assimilativa automatica ed incontrollata.
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