Un
conoscente, incontratomi per caso, ha insistito affinché gli
concedessi di mostrarmi un documento audiovisivo dai contenuti
ritenuti - sembra di capire - di assoluta rilevanza critica.
Siccome
mi interessa vedere fin dove si può arrivare quanto a vacuità, e
dato il mio constante risultare, in questi frangenti, un inguaribile
pusillanime, ho acconsentito alla richiesta.
Si trattava del recente scontro a distanza, avvenuto sulle frequenze dell'emittente radiofonica Radio24, tra Mario Adinolfi, esponente
dell'imbarazzante partito politico Il Popolo Della Famiglia, e Rocco
Siffredi, pornostar da tempo ufficialmente sdoganata dalla
televisione pubblica e privata – che in Italia sono la stessa cosa
–, in preparazione del grande passo storico del pornazzo in prima
serata.
Sembra
dunque che il primo (Adinolfi) abbia proposto, coerentemente con la
propria posizione e ruolo politici, l'esilio forzato, il bando, del
secondo (Siffredi), ritenuto (il secondo) moralmente riprovevole (dal
primo), corruttore dei santi precetti per la costituzione e la
conduzione di una famiglia che voglia dirsi (per il primo) degna di
questo nome.
E
la risposta di Siffredi a tale, becera provocazione non si è fatta
attendere. Con un messaggio vocale inviato alla trasmissione La
Zanzara, condotta dagli amabili furbacchioni Giuseppe Cruciani e
David Parenzo, il pornoattore marchigiano ha difeso, con stile a dir
poco personalissimo, le proprie posizioni.
Dopo
infatti averlo ingiuriato per interposta persona (“... mi dicono:
'Rocco: ma rispondi a 'sto stronzo'), scoperto il ruolo politico di
Adinolfi, Siffredi si è lanciato in una difesa a spada tratta della
propria famiglia (“... fantastica, bellissima, ragazzi stupendi,
tutti e due laureati.”) che avrebbe suscitato imbarazzo persino nel
meridione degli anni '70. Corregge subito il tiro, tradendo una certa
delusione nei confronti degli 'stupendi ragazzi' (“... nessuno dei
due vuol fare il pornostar [sic],
non so il perché.”), per poi scivolare allegramente in un lapsus
sulla cui interpretazione si
preferisce sorvolare (“... qui non hanno ripreso [sic]
da me.”).
In
un'ottica da Orsolina, la polemica poteva tranquillamente chiudersi
qui. Invece è proprio a questo punto che a Siffredi scende la
catena, come si suol dire, e l'autodifesa finisce con lo sconfinare pesantemente nel
penale. Insinua che i travagliati trascorsi coniugali di Adinolfi
siano da attribuirsi ad omosessualità repressa, e lo dice
inciampando in un congiuntivo con il quale sembra non avere un
rapporto facile (“... penso che Lei, nel Suo inconscio... sogni che
io... ti incula [sic].”).
Perso definitivamente il controllo, allora, il Rocco nazionale passa
prima al 'tu' (“Sono convinto che tu vuoi essere inculato da me.”)
e quindi alla stoccata finale (“... se mi piace il tuo culo, ti
inculo. No problem.”).
Voglio
sperare, a questo punto, che tra i lettori di questo disperato blog
ve ne siano alcuni pienamente consapevoli delle assai dolorose
conseguenze di natura correttivo-carceraria che, in alcuni luoghi del
mondo, seguirebbero per direttissima a parole come queste.
Riassumiamo.
Abbiamo una star del
porno la quale, sebbene da anni risieda all'estero, combatte come un
Savoia contro un improbabile esilio. Difende strenuamente la propria
famiglia, trascurando però del tutto di citare la consorte, per
concentrarsi esclusivamente sui due figli maschi. Considera il
conseguimento della laurea da parte di questi un traguardo di cui
andare orgoglioso, ma si dice stupito del totale disinteresse degli
stessi per l'arte (!) paterna. Da prova di considerare
l'omosessualità altrui con il massimo discredito, mentre per la
sodomia praticata a fini risolutivi, come egli propone per il
contenzioso con Adinolfi, sembra riservare una connotazione virile
unita un certo tasso di sadico piacere – dovuto, quest'ultimo,
all'umiliazione inflitta alla vittima dalla resa pubblica
(radiofonica nello specifico) della minaccia.
Insomma,
impiegato nella pornografia cinematografica da decenni, Siffredi
sembra del tutto ignorare, quantomeno quando provocato sul piano
personale, i comportamenti sociocriminali che la diffusione
planetaria di quel materiale, da egli copiosamente prodotto,
improntato ed interpretato, ha causato: mi riferisco al sexting,
e più in generale all'odierna, concreta possibilità, da parte di
qualsivoglia soggetto, di manipolare a fini ricattatori o
squalificanti immagini di un privato dove, va da sé, ancora è
possibile fare della propria persona ciò che si vuole. Esattamente
il comportamento da egli tenuto nei confronti di Adinolfi. Ad occhi
distaccati, Siffredi sembra proprio aderire al profilo di uomo senza
inconscio teorizzato da Massimo Recalcati nel libro omonimo:
completamente slatentizzato e pertanto sprovvisto di una sede
psichica capace di accogliere gli aspetti oscuri della personalità.
In parole povere, incapace a mentire. Condannato alla verità.
Siffredi
si batte contro l'aggregato di stampo tradizionale proposto da
Adinolfi e dagli altri fenomenali sostenitori del family day,
ma ciò che in realtà sogna – e predica - è proprio una bella
famiglia stile Mulino Bianco: esaltazione del fallo paterno, orgoglio
smisurato per i figli maschi, ostentazione della consorte,
incarnazione della propria persona nel modello comportamentale e
professionale da imporre alla prole.
Vuoi
vedere che la minacciata sodomizzazione di Adinolfi è in realtà
l'ennesimo pensiero volato libero dalla testa di Siffredi?
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