martedì 25 aprile 2017

Radio Ga_Ga


… Certo è che quanto segue non sarà utile al fine di procurarmi un colloquio di lavoro con i vertici redazionali di RTL 102.5. Anzi.

E poi, visti i contenuti di quella che alle statistiche risulta essere l'emittente radio più seguita d'Italia, si dubita persino che il suo apparato organizzativo disponga di una redazione o di altra unità facentesi carico di quanto fuoriesce dalle bocche a busta-paga dei suoi conduttori e dai banchi di regia.
RTL 102.5 non è solo “la radio numero uno d'Italia”, ma anche la più vista, grazie al gemello televisivo, in conseguenza di una multimedialità imperante ed irrinunciabile che obbliga la radio tutta - la radio intesa come media, appunto - ad essere visibile e televisibile.
È infatti difficile, di questi giorni, consumare qualsivoglia alimento o libagione senza imbattersi in un televisore acceso e sintonizzato su RTL 102.5 TV (canale 36 del digitale terrestre), che svariati esercizi – bar, gelaterie, pizzerie da asporto – ed altrettante attività dotate di sala d'aspetto somministrano alle rispettive clientele con orgoglio ed assoluta noncuranza.
Proviamo, allora, a ragionare.
Chi propone un simile prodotto internamente alla propria attività commerciale, nutre la convinzione di non solo offrire un intrattenimento efficace - e questo è probabile se si considera che i più, nella nostra nevroticissima società, abbisognano di un sottofondo costante da relegare a livello inconscio -; ma anche di comunicare al cliente od occasionale visitatore un'identificazione vuoi con l'attitudine psicologica del canale – incarnata dai suoi conduttori - vuoi con le scelte musicali trasmesse. Se si ha anche solo vagamente presente il tipo di programmazione giornaliera di RTL 102.5 TV, c'è da rabbrividire. Seguire anche solo pochi minuti di trasmissione significa, in questo contesto specifico, intraprendere un viaggio attraverso un mondo dove il senso estetico risulta fortemente mutilato – quando non completamente assente. Per non parlare della chiacchiera incessante (generata dal fatto non trascurabile che spesso le coppie di conduttori si intrattengono con battute riguardanti la loro briosa – e agli effetti insondabile - vita privata), del vuoto di senso, dei video tamarri e del catenaccio in costante scorrimento di improbabili sms sentimental-fanatici.
Ma la cosa interessante è che quasi sempre, tra gli astanti, l'unico visibilmente inebetito dai videoclips di RTL 102.5 TV sono io. Lo dico a seguito di attenta osservazione: non mi sono mai trovato a seguire in video la musica che RTL 102.5 TV trasmette non-stop in compagnia di qualcuno. Non i coetanei, non i giovani, non i vecchi. Io solo. A voi l'ardua sentenza.
Personalmente trovo il successo di questa emittente semplicemente incantevole (sensazione che devono avere provato anche i suoi vertici, i quali, come neo-genitori galvanizzati – o delusi - dal primogenito, hanno pensato bene, in questi anni, di figliare, partorendo, in sequenza: Radio Zeta [l'italiana] e Radio Freccia [un omaggio al film di Luciano Ligabue]). Può permettersi l'emissione di qualsiasi proposta anche indegna di questo nome, nella certezza che, in ogni caso, essa verrà venerata dai fedelissimi - ed ignorata dai tantissimi che, nel mentre ne risultano indifferenti, non provano però fastidio ad assumerla come intrattenimento imposto (un po' come la musica, spaventosa, di supermercati e centri commerciali).
L'assenza di senso critico ha origine in tutta una serie di ragioni che vanno dal culturale in senso stretto allo psicologico in senso lato. Mancano sì i mezzi tecnici, conoscitivi, necessari alla formulazione di un giudizio, ma anche la predisposizione – l'attitudine – a sovvertire culturalmente lo stato delle cose per come sono a noi imposte. Sebastião Salgado, interrogato di recente per un consiglio; sorprendendo e forse anche deludendo molti sedicenti fotografi in trepidante attesa per un miracolo da parte del maestro brasiliano in grado di spianare loro una prosperosa carriera nella nona arte, ha risposto: “Se sei giovane ed hai tempo, vai a studiare … Studia per essere effettivamente in grado di capire cosa stai fotografando”. Inteso?
Sta di fatto che una fetta considerevole della popolazione italica accetta quotidianamente – ed acriticamente, direi – di essere intrattenuta da una simile proposta mediatica. Nulla di sorprendente: forse si tratta solo di quello stesso pubblico che Marco Morgan Castoldi, sebbene rivolto alla sua fascia tardo-adolescenziale, ha di recente definito “di Bimbimikia” (esternazione poco felice, viste le conseguenze per l'ex coach, ma sicuro molto divertente e, soprattutto, appropriata).
Avevano ragione Morrissey e i suoi The Smiths (altra manica di stronzi che, giunta ad insolvenza con i rispettivi mutui, questo luglio ci propinerà l'ennesima reunion): “Impiccate i benedetti DJ / Perché la musica che mettono senza sosta / Non dice nulla della mia vita”. (Hang the blessed DJ / Because the music that they constantly play / It tells nothing to me about my life). La canzone era Panic. L'anno il 1986.
Il prossimo caffè me lo bevo a casa.

sabato 8 aprile 2017

La Lingua Salmistrata


Ieri sera mia figlia ha affrontato un bis di zucchine trifolate al grido di “oh, delicious!”, frutto – spero – delle nostre tante, lunghe passeggiate con commento fuori campo in Inglese, e delle prime lezioni a scuola in questo comparto.
Nei giorni passati, invece, il Guardian ha dato notizia della lettera con la quale il Regno Unito (unito per quanto ancora?) ha comunicato a Bruxelles la propria uscita dall'Unione Europea. Per la testata di Kings Cross si tratta di un passo nel vuoto (“... the UK steps into the unknown.”). E se a dirlo è il Guardian, noi europei faremmo bene a credervi: gli inglesi a riflettere, con il senno di poi, sul voto che ha deciso la Brexit.
Ho realizzato con grande amarezza che quello che per me è stato un gesto d'amore (impossibile, difatti, apprendere decentemente la lingua di qualsivoglia popolo per il quale non si nutra rispetto ed ammirazione); se la vita non la dirotterà linguisticamente altrove, per mia figlia l'Inglese sarà un amore non corrisposto. Si troverà cioè a parlare, magari anche fluentemente, la lingua di un popolo che, sotto sotto, di avere a che fare con gente del Sud-Europa, quale lei è a tutti gli effetti, non ne vorrà sapere. Giudizio drastico? Certo. Come tutti quelli facenti seguito alla fine di un rapporto.
La Svezia, dal canto suo, ha di recente dato vita ad un programma per la diffusione capillare della lingua nazionale presso le comunità straniere ospiti sul territorio, convinta dai propri esperti del settore che, non facendo così, fra trent'anni lo Svedese è a rischio di non figurare più come lingua nazionale (!!). Con le dovute forzature, gli eventi che hanno avuto luogo nel centro di Stoccolma, ieri, venerdì 7 aprile, possono rientrare in questo discorso. Buona fortuna anche agli svedesi, quindi.
E noi?
Mi capita spesso, durante le trasferte in macchina, di cercare conforto nell'ascolto di stazioni radio, e di imbattermi così nel blaterare di conduttori alle dipendenze di emittenti con indici di ascolto di tutto rispetto su scala nazionale. Per chiedere nome e cognome ai radioascoltatori intervenuti in diretta – ad esempio – non si chiedono più le generalità o gli estremi: “Dacci le tue coordinate: ti faremo avere il premio.” (Radio Freccia). A.d.C., Ascoltatori della Cassetta (sic), non è una sigla, bensì “un aforisma” (Radio Deejay). In love with you viene tradotto nella nostra lingua in in amore con te, come un gatto (Radio Capital). Sbagliate il titolo di una canzone di Emma Marrone, e la vostra stazione radiofonica verrà tempestata di telefonate di protesta con correzione annessa. Non uno però che faccia altrettanto con strafalcioni e fandonie varie. La stragrande maggioranza dei canali radio si appoggia sul cosiddetto vocabolario basic (600 parole) e sul suo tracotante utilizzo. Una totale assenza di vergogna. È possibile assistere a monologhi di intrattenimento – da parte di persone che, si ricorda, vengono definiti 'professionisti della conduzione' – il cui contenuto – editoriale – è pari a zero. Zero assoluto. Completo svuotamento di significato e comunicazione. Un vero virtuoso in questo campo è sicuramente Nikki di Tropical Pizza. Sforzatevi, a titolo sperimentale, di parlare del nulla per dieci minuti abbondanti: vi renderete conto nell'immediato di quanto impegno richieda (ma se ciò vi viene facile, cominciate a preoccuparvi). Ribadisco: non si tratta, in questa sede, di mettere in discussione contenuti opinabili. Si tratta di denunciarne la totale assenza, ed il livello mostruoso di passività con la quale ciò viene entusiasticamente accettato dagli ascoltatori.
È sempre più frequente, inoltre, il dover fronteggiare gli sguardi stupiti, quando non disgustati o – peggio – accondiscendenti, di chi vi sente impiegare un termine che si reputa appropriato, forbito o no che sia. (A me è capitato di recente all'utilizzo di 'turpiloquio'. No comment.). È la fetta, abbondantissima, di popolazione la cui risposta ad ogni interrogativo è la frase fatta parla-come-mangi, o con-parole-tue. Vere e proprie provocazioni in grado di riaccendere l'aggressività intraspecifica in qualunque essere civilizzato.
Insomma, aveva ragione Nanni Moretti (e qui, molti tra voi lettori di questo blog mi daranno del sinistroide o del comunista, ma questo dice più su di voi che su di me): “Chi parla male, pensa male e vive male”.
I segnali provenienti dai tempi che ci tocca vivere non sono rassicuranti.
Personalmente non demorderò dal somministrare alla mia piccola creatura quanto di meglio questa nostra lingua madre è stata in grado di produrre.
Costi quel che costi.