sabato 15 giugno 2019

ATARI TEENAGE RIOT (LIVE). Arluno (MI), 9/6/2019.

Certo: io continuo ad avere le mie idee, a riguardo dei concerti rock e pop (giusto per individuare facilmente due categorie nettamente opposte al mondo della musica classica), ed una scarsa propensione a metterle in discussione.
 
Sarà pertanto utile, vista la premessa, rifarci ad una fonte terza ed estremamente attendibile, sulla quale, si spera, le pregiudiziali concordino positivamente. Dice, il vocabolario Treccani, alla voce evento: “Avvenimento, caso, fatto che è avvenuto o che potrà avvenire.”. Ed è proprio sulla connotazione casuale dell'evento che vorrei incentrare questa breve riflessione.
Prestate attenzione: ormai da tempo immemore vengono definiti eventi concerti che di ignoto – di affidato al caso, cioè – non hanno nulla, essendone risaputo ogni dettaglio, vezzo e tempistica. Molto spesso si configurano persino come riti stagionali od annuali, similmente ad una festa nazionale o religiosa.
Non c'è quindi dubbio che, quello di Arluno, piccolo comune alle porte di Milano, sia stato un vero e proprio evento (quanto meno per i miei standards): vuoi per l'assoluta non-conformità della proposta vuoi per l'incognita meteo (la minaccia di precipitazioni forti ha tenuto il concerto in forse fino all'ultimo). Senza poi dimenticare quanto il tempo influenzi il contributo di coloro che, all'insegna del vado-non-vado, cioè della massima indecisione, si presentano con il fare di chi, scettico, assiste alla messa per mera curiosità (non dimentichiamo che la resa di un concerto, di ogni concerto che voglia dirsi tale, dipende sempre dal fattore relazionale artista-pubblico).
Introdotti – si fa per dire – da un trio di metallari scassati alla Mötorhead la cui performance ha sortito il solo effetto di raddoppiare la vendita delle salamelle allo stand gastronomico della manifestazione, i nostri si sono presentati ad un'ora nella quale, normalmente, il vostro umile estensore già sta dormendo con i vestiti di casa indosso, e quindi la reattività risulta azzerata.
A risvegliarlo ci hanno pensato i cinque minuti di rumore a volume crescente (fade-in) a introduzione del concerto, somministrati al fine di saturare l'udito prima dell'esplosione ultra-digital, protratta per l'intera serata.
Era da tempo che non assistevo ad una performance così vitale, energica, fuori dai canoni odierni e davvero a tutto volume. Atari Teenage Riot, compagine tedesca definita da Trent Reznor come una delle sue principali fonti d'ispirazione, offre, dal vivo, la messa in scena più situazionista dell'attuale panorama musicale, dove istanze politiche tendenzialmente anarcoidi, elaborazione del suono, eclettismo stilistico, attitudine rock 'n roll ed una buona dose di nevrosi confluiscono in una miscela detonante ad altissimo potenziale adrenalinico. L'equivalente di un'onda d'urto da fissione nucleare. Il suono, potentissimo e mai distorto per l'intera durata dell'esibizione, di gran lunga superiore a quello offerto dai lucrosissimi ingressi di nomi ben più noti, sposato a luci minimali e ad un impianto visivo di immagini astratte e glitch, ha non poco contribuito alla resa del concerto: un'ora e mezza abbondante di miscela techno, trance, hardcore, inserti dance e industrial a fare da sfondo agli slogans genuinamente no-global e black-block delle voci (mai termine fu più appropriato) di Alec Empire e Nic Endo, e ai missaggi folli di un DJ non meglio definito che potrebbe benissimo dare ripetizioni a David Guetta già questo pomeriggio).
Ad occupare la scaletta, quasi tutti brani tratti dagli ultimi due lavori del trio, Is This Hyperreal? e Reset, dischi che, pur non situandosi alle vette dell'ormai ventenne 60-second Wipeout (forse il capolavoro del gruppo), ugualmente danno prova di una spinta creativa ancora genuinamente energica, giovanile, cosciente dei temi di vera rilevanza di questi nostri giorni, con un fare sovente canzonatorio dove l'imminenza di una potenziale minaccia per la società tutta è resa con ritmi da discoteca delle Baleari.
Si può ben dire che, quella di Atari Teenage Riot, è canzone di protesta (sì, avete capito bene: alla Bob Dylan, per intenderci), ma con il deejay-set al posto della fottuta chitarra con armonica.
Insomma: a 49 anni (!), come un verginello, ho assistito al mio primo concerto senza, finalmente, l'ombra di una ballad, senza strumenti tradizionali e senza pagare l'ingresso (l'evento era gratutito).
Sono tornato a casa sudato e galvanizzato come nemmeno in adolescenza.
Yeah.

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